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18 dicembre 2012

Robert Musil - Narra un soldato/ Ein Soldat erzählt


Robert Musil
Narra un soldato e altre prose,
a cura di Claudia Ciardi
traduzione di Claudia Ciardi e Elisabeth Krammer,
Via del Vento edizioni,
novembre 2012
ISBN 978-88-6226-066-4
Euro 4,00

Scheda del libro/ Book snippet


«Di Robert Musil, autore del grande romanzo incompiuto L’uomo senza qualità, proponiamo, nel settantesimo anno dalla morte, cinque prose inedite in Italia, scritte negli anni Dieci e Venti, dove affiorano alcuni dei nuclei narrativi che attraverseranno tutta la sua opera: il ricordo iniziatico dei primi tentativi letterari, l’esperienza dolorosa e mistica della guerra, la pungente critica alle ingessature della società asburgica, l’intima complicità umana e letteraria con l’amata moglie Martha Heimann».






From the Book
«Questo struggimento è, lo sentiva, come il circo mezzo illuminato, quando si arriva troppo presto per la rappresentazione. Blanche comparirà, Blanche sorriderà, Blanche accetterà l’invito del signor prefetto. Di notte sarà riposta da lui nel grande circo vuoto, dove brucia soltanto una lanterna a gas e, quando si aprirà il tendone, il suo odore sarà mutato come quello dei vestiti nella cassapanca della mamma. E ancora a casa, mentre osservava allo specchio la stanza in cui sedeva e la trovava un poco irreale, disse tra sé: si dovrebbe andar più a fondo alla faccenda…»

Cinque frammenti che ci consegnano uno spaccato di vita di un grande interprete della Mitteleuropa. Un flâneur che con passo originale ha esplorato luoghi e ossessioni della propria epoca, a partire da una deflagrazione drammatica occorsa lungo il suo cammino: l’esperienza del primo conflitto mondiale.Tornare all’ambiente della metropoli dal fango della trincea è una prova durissima. Da quel momento ogni fenomeno viene filtrato attraverso la memoria annientante della guerra.


Se Walter Benjamin aveva riconosciuto nella guerra la fine di ogni narrazione, Musil pur cosciente dell’insufficienza della parola, che mai potrà restituire pienamente la verità neppure di un singolo istante passato dai soldati tra la polvere e le tragedie del fronte, è animato dalla volontà profonda del racconto: appunti, annotazioni diaristiche, abbozzi. È un laboratorio di scrittura più che mai vivo, nel quale si cerca anche di organizzare un’analisi, di gettare un ponte sul caos in vista di una lettura dello scenario storico e culturale che necessariamente andrà tentata per riempire lo squarcio aperto dal passaggio degli eserciti.
Scrive la curatrice Claudia Ciardi: «L’io biografico musiliano si alimenta alla stessa latitudine della sua condizione scissa e apolide di mitteleuropeo. […] L’uomo occidentale, similmente al mito di Osiride, cui Musil dedicò un’importante poesia nel 1923, procede al recupero delle parti disperse della propria cultura, ed è nel viaggio intrapreso per ritrovarle e restituirle a una totalità viva, a un insieme organico, che si avvia un radicale ripensamento interiore, alla base della creazione di una identità nuova. In quest’ottica l’opera di Musil è anche una grande ipotesi di lavoro che ci stimola a considerare un diverso progetto di Europa».
In tutto questo s’intuisce dunque la costituzione di un limes parallelo, all’interno del quale viene a insediarsi un rinnovato progetto letterario, che ha i germi di una diversa ‘possibilità’ storica e politica.




La Nazione - Enzo Cabella, 
9 dicembre 2012 


Contiene/ Table of content:
P. A. e la danzatrice
Narra un soldato
Il canto della morte
Archivista
Foglio di diario

Collection/ collana Ocra gialla

Cima Vezzena

Si veda anche:

Robert Musil,
La guerra parallela,
a cura di Fernando Orlandi
traduzione di Claudio Groff
con un saggio di Alessandro Fontanari e Massimo Libardi
Silvy edizioni,
2011
ISBN  978-88-97634-25-6
Euro 16,00


Un estratto:


“Dalla storia di un reggimento”
“Aus der Geschichte eines Regiments”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 194-196, 26 luglio 1916, pp. 2-3; ripubblicato in Karl Corino, “Robert Musil. Aus der Geschichte eines Regiments”, Studi Germanici, nuova serie, a. 11, n. 1-2, 1973, pp. 109-111

«Dopo la conquista del Passo V. e della Cima T. subentrò una breve tregua, di cui si approfittò per inviare forze consistenti all’inseguimento del nemico in ritirata e per agganciarlo nuovamente. Qualche pattuglia s’imbatté ben presto in vedette nemiche appostate numerose sulle alture e fra piccole macchie, snidandole dopo brevi combattimenti. Alla sera, un battaglione avanzato del reggimento era già dentro e attorno a T.
Quella notte il buio si poteva tagliare col coltello; gli occhi di chi procedeva a tastoni fra le case urtavano contro l’oscurità che pareva fatta di legno. Fuori, là dove il terreno si elevava, brillavano piccole stelle giallo-scure che non emanavano luce, ma andava un po’ meglio; dalla vastità dello spazio fluiva un chiarore opaco, incerto, che diluiva la notte. Di quando in quando, negli avvallamenti e fra i solchi passavano lentamente o sostavano in ordine sparso arbusti neri: le pattuglie. Nel villaggio partivano o arrivavano foglietti annunciati dal trillo del telefono da campo, malinconico come il fischio notturno di navi che entrano in porto. Lì si componeva il mosaico di piccoli messaggi spesso contraddittori, e uscendo dalla notte, alla luce delle candele, il nemico si moltiplicava disponendosi lungo la grande strada a nord della montagna, appostato con le ali sulle alture fortificate e intento alla sistemazione febbrile delle proprie posizioni.
L’attacco venne fissato per il giorno seguente. Ma nella notte le pattuglie segnalarono formazione di nebbia. E poi pioggia. Il vento spazzò trincee e avvallamenti come fosse fatto di cenci bagnati; poi, seguite dalla pioggia, le folate s’insinuarono fra le case, e là, tra le case, il vento cadde.
Quando arrivò, il mattino si distese come un pazzo sottile e inzuppato; davanti ai cannocchiali da campo a quaranta ingrandimenti dell’artiglieria, puntati in direzione del nemico, lo sguardo incontrava, invece del mondo, una beffarda parete di vetro opaco, grande e impenetrabile. Qualsiasi tiro sarebbe sprecato; i cannoni se ne stanno lì goffi sotto la pioggia come ciclopi privati dell’occhio: l’attacco è sospeso».

11 dicembre 2012

Elias Canetti



Titolo: Il frutto del fuoco
Titolo originale: Die Fackel im Ohr. Lebensgeschichte 1921-1931
Curatori: Andrea Casalegno e Renata Colorni
Casa editrice: Adelphi
Anno di pubblicazione: 1994






I fiumi di un decennio di vita si accompagnano allo scorrere di un tempo abbagliante che, tra il 1921 e il ’31, inizia a scuotere e confondere gli argini millenari della Mitteleuropa, febbrilmente mischiando le voci di coloro che si sentono trascinati dalla concitata corrente della storia. Mentre la crisi economica avanza, esigendo posture e adattamenti meccanici alle sue aritmie, uno scrittore vive con intima intensità le stagioni e gli spazi battuti da un’umanità chimerica, sedotta dal mascheramento della massa, che anni dopo occuperà il suo memoriale.


La sensazione che qualcosa di irreparabile stia per consumarsi spinge la gente per strada, e un giovanissimo Canetti è lì a osservare quel fremito di corpi spezzati e urlanti, mossi dal feroce e oscuro abbandono di se stessi, nell’istante in cui prendono parte al rito collettivo che li trasforma in folla. Quel magnetismo che investe uomini e donne come un flusso inarrestabile, frangendo e portando con sé gesti, espressioni, umori, si manifesta nella storia raccontata dallo scrittore, accendendo i fuochi di un’epoca che si intreccia alla sua adolescenza; Wahrheit ist Feuer, recitava l’avanguardia klimtiana, e anche qui il fuoco officia una nascita doppia, come elemento di devastante ékpirosis dalle cui ceneri si mostra finalmente l’autenticità della forma. Dalle frasi scagliate di notte per strada nei comizi improvvisati durante gli scioperi di Francoforte, al 15 luglio di Vienna, dai corrosivi j’accuse di Karl Kraus, dal clamore stridente dei caffè letterari di Berlino, ai padiglioni dello Steinhof, la casa dei pazzi nelle quiete vicinanze della Wien, è sempre un’onda che scorre e un incendio che scoppia, rilasciando con foga l’energia che tiene in contraddittoria e ambigua tensione gli uomini e le loro azioni.


Scrivere cura le ferite ricevute dal corpo a seguito del duro passare degli anni. E nel resoconto di Canetti comporta anche la risoluta contrapposizione delle ragioni dell’arte a quelle di idee e azioni che per andare avanti hanno continuamente bisogno di giustificare se stesse. Auto da fé, il grande libro frutto dei sei anni passati davanti allo Steinhof, cova in questa Fackel, ravvivata trent’anni dopo, tra le braci di una vita ‘rimessa a fuoco’ da un grande interprete dei caratteri umani, il quale, al rumoroso affrettato atto di fede di una folla che si aggira estatica tra i baracconi del mondo, oppone un’estrema autodifesa per esorcizzare il dramma del secolo.

(di Claudia Ciardi)

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Beschreibung zu: Die Fackel im Ohr


Mit der "Fackel im Ohr" setzt Elias Canetti seine autobiographischen Erinnerungen fort, die er mit der Geschichte einer Jugend, "Die gerettete Zunge" (1977), begonnen hatte. Diesmal geht es um die Jahre 1921-1931, die Jahre zwischen sechzehn und sechsundzwanzig im Leben Canettis, in denen sich der Autor "die Welt mit dem Kopf aneignet". Canetti erlebt die Inflationszeit in Frankfurt am Main, die Studienjahre in Wien (mit dem Brand des dortigen Justizpalastes) und Berlin auf dem Höhepunkt der Zwanziger Jahre. Über die innere Entwicklung des Autors gibt dieses Buch Auskunft und wie er zu seinen späteren Themen findet - Masse, Tod, die Würde des Individuums. In den "Fackel"-Jahren liegen die ersten Ansätze zu Canettis späteren Hauptwerken, dem Roman "Die Blendung" und "Masse und Macht", der großen Studie, an der er noch dreißig Jahre gearbeitet hat. Mit sensiblen Augen und Ohren fängt Canetti in diesen Entwicklungsjahren seine Beobachtungen ein, genug für die folgenden fünfzig Schriftstellerjahre. "Man ist wacher nach der Lektüre."


Klappentext zu: Die Fackel im Ohr


"Die Fackel im Ohr" ist der zweite Teil von Canettis Lebenserinnerungen. Über individuelle Memoiren hinausgehend ist seine Erzählung der zehn Jahre von 1921 bis 1931 ein spannender Entwicklungsroman aus der ersten Hälfte des zwanzigsten Jahrhunderts. Der junge Canetti hat das umhegte Paradies seiner Kindheit verlassen und begibt sich nun auf einen vielfältig verschlungenen Lebensweg, dessen Erfahrungen und Erkenntnisse ihm zur Grundlage für sein literarisches Lebenswerk werden. Mit der "Fackel im Ohr" setzt Elias Canetti seine autobiographischen Erinnerungen fort, die er mit der Geschichte einer Jugend, "Die gerettete Zunge" (1977), begonnen hatte. Diesmal geht es um die Jahre 1921-1931, die Jahre zwischen sechzehn und sechsundzwanzig im Leben Canettis, in denen sich der Autor "die Welt mit dem Kopf aneignet". Canetti erlebt die Inflationszeit in Frankfurt am Main, die Studienjahre in Wien (mit dem Brand des dortigen Justizpalastes) und Berlin auf dem Höhepunkt der Zwanziger Jahre. Über die innere Entwicklung des Autors gibt dieses Buch Auskunft und wie er zu seinen späteren Themen findet - Masse, Tod, die Würde des Individuums. In den "Fackel"-Jahren liegen die ersten Ansätze zu Canettis späteren Hauptwerken, dem Roman "Die Blendung" und "Masse und Macht", der großen Studie, an der er noch dreißig Jahre gearbeitet hat. Mit sensiblen Augen und Ohren fängt Canetti in diesen Entwicklungsjahren seine Beobachtungen ein, genug für die folgenden fünfzig Schriftstellerjahre.


Autoren-Porträt von Elias Canetti


Elias Canetti wurde 1905 in Rustschuk (Bulgarien) geboren. 1911 zog seine Familie nach England und 1913, nach dem Tod des Vaters, nach Wien. Hier studierte Canetti bis 1929 Naturwissenschaften und promovierte in Philosophie. Er lebte bis zu seinem Tod im Jahre 1994 als freier Schriftsteller in Zürich. Sein Werk wurde mit zahlreichen internationalen Preisen bedacht. 1981 wurde ihm der Nobelpreis für Literatur verliehen. Zu seinen herausragenden Werken zählen neben dem Roman Die Blendung" seine Autobiographie, die in den Bänden Die gerettete Zunge", Die Fackel im Ohr" und Das Augenspiel" erschienen, sowie seine gesammelten Aufzeichnungen aus den Jahren 1942 bis 1993, die in den Bänden Die Provinz des Menschen", Das Geheimherz der Uhr", Die Fliegenpein", Nachträge aus Hampstead" und Aufzeichnungen 1992-1993" vorliegen. Zu seinen herausragenden Werken zählen neben dem Roman Die Blendung" seine Autobiographie, die in den Bänden Die gerettete Zunge", Die Fackel im Ohr" und Das Augenspiel" erschienen, sowie seine gesammelten Aufzeichnungen aus den Jahren 1942 bis 1993, die in den Bänden Die Provinz des Menschen", Das Geheimherz der Uhr", Die Fliegenpein", Nachträge aus Hampstead" und Aufzeichnungen 1992-1993" vorliegen.


Portrait of Elias Canetti

Links:

Teca libri - Il frutto del fuoco

Elias Canetti - Der Spiegel

Si veda anche Europa nel labirinto 
di Claudia Ciardi


Cover ©

Leggendaria -
n. 96 - November 2012
grazie a Anna Maria Crispino

Woolf, Yourcenar, Arendt: tre pensatrici del Novecento dialogano con la cultura antica

Abstract:

«Parola e gesto, pensiero e azione operano in simbiosi e necessariamente concorrono al pieno realizzarsi dell’essere umano. Segnato dalla frattura delle due guerre mondiali, il contributo alla cultura occidentale nasce per tutte e tre da una condizione di sradicamento che intacca profondamente anche il piano privato. Il recupero del sé avviene così attraverso il dialogo con le personae mitiche. Il mito suscita sguardi molteplici sulla realtà, e questo interrogarsi sulle sue figure stimola la comprensione e la riunione delle trame, perché il labirinto che le genera, pur continuando ad attrarle nelle sue stanze, non è solo «la patria dell’esitazione, la via di chi teme di arrivare alla meta», come ha giustamente osservato Walter Benjamin, ma anche un percorso che, tornando su se stesso, collega tra loro le parti del racconto. Sollecitati dalla lettura, ci sarà infine concessa un’ultima osservazione in rapporto al preoccupante esercitarsi di dittature economiche che zavorrano il dialogo tra i popoli europei, le cui sconcertanti conseguenze sono esplose sotto i nostri occhi in occasione della triste vicenda greca. È urgente formulare una risposta alternativa. Le nostre tre amiche ce l’hanno in parte suggerita e avrebbero seguitato a impegnarsi in questa direzione. Non è soltanto il rispetto per l’eredità del mondo antico a chiedercelo ma il nostro stesso diritto, che di questo lascito è il figlio più prezioso, ad essere cittadini di un’Europa di pace e integrazione».

(di Claudia Ciardi)



Sololibri.net recensione:

Donne, mito e politica
introduzione di Barbara Lanati, a cura di Andrea Pellizzari,
Iacobelli editore, collana workshop diretta da Anna Maria Crispino, euro 12, 90

4 dicembre 2012

Il grande dittatore - L'ascesa di Hitler / Der Aufstieg des Diktators

Il Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale e la Biblioteca Austriaca organizzano a Trento, mercoledì 5 dicembre, alle ore 17,30, nella Sala degli affreschi della Biblioteca comunale (Via Roma 55), l’incontro-dibattito Il grande dittatore. L'ascesa di Hitler. Interviene Antonella Gargano. Introduce Massimo Libardi.
11. Mai 1933: Die öffentliche Verbrennung undeutscher Schriften und Bücher auf dem Opernplatz Unter den Linden in Berlin durch Studenten der Berliner Universitäten.
Bildquelle: Bundesarchiv, Bild 102-14597/ unbekannt/ CC-BY-SA 

Con l’incontro-dibattito Il grande dittatore. L'ascesa di Hitler prosegue il ciclo di incontri “Narrare la storia. Il Novecento nella letteratura tedesca”, organizzato dal Centro Studi sulla Storia dell’Europa Orientale con la collaborazione della Biblioteca Austriaca.

Con questa iniziativa si intende ripercorrere attraverso alcuni romanzi particolarmente significativi la storia del mondo germanofono nel corso del Novecento. Ogni incontro avrà al centro alcuni romanzi che fungeranno da stimolo per raccontare uno o più decenni di storia.

In questo quinto incontro interviene Antonella Gargano, professore ordinario di Letteratura tedesca all’Università “La Sapienza” di Roma.

Ancora prima dell’ascesa di Hitler al potere il processo di nazistificazione della Germania è evidente già negli ultimi anni della Repubblica di Weimar, coinvolgendo in modo particolare i diversi strati sociali che concorrono a formare il ceto medio. Assediato fra depressione economica, inflazione e razionalizzazione, quell’universo di pover’uomini, in tutto simili al protagonista del romanzo di Hans Fallada E adesso, pover’uomo? del 1932 e all’americano Babbitt di Sinclair Lewis (1922), si trasforma in un aggregato instabile e facilmente manovrabile. Il terrore della proletarizzazione e la crisi di identità innescano una comune reazione di ostilità nei confronti della democrazia e della società industriale, creando una serie di convergenze tra i vari strati del ceto medio che finisce per offrire una vasta base di consenso all’ideologia nazionalsocialista.
La resistibile ascesa di Arturo Ui (1941) è per Bertolt Brecht “un tentativo di spiegare al mondo capitalistico l’ascesa di Hitler situandola in un ambiente ad esso familiare”: sia pure nella forma della parabola e nei toni del grottesco, Brecht mette in guardia contro il gangsterismo politico del nazionalsocialismo, mentre l’epilogo ricorda drammaticamente che “il grembo da cui è nato è ancora fecondo”. E se è un mondo di commercianti quello che circonda il protagonista, è la loro disponibilità al compromesso a consentire l’ascesa – in realtà ‘resistibile’ – del dittatore.

Dieci anni prima, nel 1931, l’austriaco Ödön von Horváth nei suoi ‘drammi popolari’ aveva presentato una società e una realtà richiuse in se stesse (Storie del bosco viennese), apparentemente tagliate fuori dagli avvenimenti storici e incapaci di ipotizzare la catastrofe imminente. La ‘stupidità’ che caratterizza gli ambienti in cui si muovono i personaggi del teatro di Horváth (da Notte all’italiana a Kasimir e Karoline fino a Fede Speranza Carità) è determinata da un atrofizzarsi della consapevolezza degli eventi storici, le cui conseguenze sul piano economico sono invece concretamente tangibili, e dall’illusione di potersi salvare seguendo vie individuali e ignorando le dinamiche politiche complessive. “Tutto vacilla. Non c’è più niente di sicuro. Siamo maturi per il diluvio”, questa l’amara considerazione di uno dei personaggi delle Storie del bosco viennese.

Nel Tamburo di latta (1959) di Günter Grass è di nuovo il mondo dei commercianti e dei piccoli borghesi ad essere colto in tutta la sua falsità e in tutta la sua vigliaccheria e a cedere al potere suggestivo esercitato dal grande dittatore, mentre chi non si adegua al sistema è il deforme Oskar Matzerath, segnato anche fisicamente dalla sua diversità. Anche in questo caso la macrostoria tedesca è ripercorsa in tutta la sua drammaticità attraverso la prospettiva della microstoria, attraverso i comportamenti e i cedimenti dei piccoli borghesi.

La letteratura – e il romanzo di Grass lo fa attribuendo una decisa centralità a questo tema e a queste figure – registra così – a volte anticipando le catastrofiche conseguenze, come nel caso di Horváth – il ruolo del ceto medio nell’ascesa al potere del nazionalsocialismo.
(di Massimo Libardi)