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10 agosto 2015

Aneddoto di Giovanni B. Ramusio sul ritorno dei Polo a Venezia



La grande onda di Kanagawa e monte Fuji sullo sfondo (lett. Sotto un’onda al largo di Kanagawa

xilografia di Hokusai 
pubblicata tra il 1830 e il 1831


«Giunti i Polo a Venezia, intravvenne loro quel medesimo che avvenne ad Ulisse, che, dapoi venti anni tornato da Troia in Itaca sua patria, non fu conosciuto da alcuno. Così questi tre gentiluomini dapoi tanti anni ch’erano stati lontani dalla patria, non furono conosciuti da alcuno de suoi parenti; i quali sicuramente pensavano che fussero già molti anni morti, perché così anche la fama era venuta. Si trovavan questi gentiluomini per la lunghezza e sconci del viaggio, e per le molte fatiche e travagli dell’animo, tutti tramutati nella effigie, che rappresentava un non so che del Tartaro nel volto, e nel parlare, avendosi quasi dimenticata la lingua veneziana. Li vestimenti loro erano tristi e fatti di panni grossi, al modo de Tartari. Andarono alla casa loro, la qual era in questa città nella contrada di S. Gio. Crisostomo, come ancora oggidì [1553] si può vedere, che a quel tempo era un bellissimo e molto alto palagio. E trovarono che in quella erano entrati alcuni suoi parenti, alli quali ebbero grandissima fatica di dar ad intendere che fussero quelli che erano: perché, vedendoli così trasfigurati nella faccia, e mal in ordine di abiti, non potevano mai credere che fussero quei da Cà Polo, che aveano tenuti tanti e tanti anni per morti. Or questi tre gentiluomini s’immaginarono di far un tratto, col qual in un istesso tempo ricuperassero e la conoscenza de suoi e l’onor di tutta la città, che fu in questo modo. Che, invitati molti suoi parenti ad un convito, qual volsero che fusse preparato onoratissimo, e con molta magnificenza nella detta sua casa e, venuta l'ora del sedere a tavola, uscirono fuori di camera, tutti tre vestiti di raso cremosino in veste lunghe, come s’usava in quei tempi, fino in terra. E data l'acqua alle mani, e fatti seder gli altri, spogliatesi le dette vesti, se ne misero altre di damasco cremosino, e le prime di suo ordine furono tagliate a pezzi e divise fra li servitori. Dapoi, mangiate alcune vivande, tornarono di nuovo a vestirsi di velluto cremosino, e posti di nuovo a tavola, le veste seconde furono divise fra li servitori. E in fine del convito il simil fecero di quelle di velluto. Questa cosa fece maravigliare, anzi restar come attoniti tutti gl’invitati. Ma, tolti via li mantili, e fatti andar fuori dalla sala tutti i servitori, messer Marco, come il più giovane, levato dalla tavola, andò in una delle camere, e portò fuori le tre veste di panno grosso tristo, con le quali erano venuti a casa. E quivi, con alcuni coltelli taglienti, cominciarono a discucir alcuni orli e cuciture doppie e cavar fuori gioie preciosissime in gran quantità, cioè rubini, safiri, carboni [gemme], diamanti, smeraldi che in cadauna di dette vesti erano stati cuciti con molto artificio, e in maniera che alcuno non si avaria potuto immaginare che ivi fussero state. Perché, al partir dal gran Cane, tutte le ricchezze che egli aveva loro donate cambiarono in tanti rubini, smeraldi e altre gioie, sapendo certo che, se altrimenti avessero fatto, per sì lungo, difficile ed estremo cammino non saria mai stato possibile che seco avessero potuto portar tanto oro. Or questa dimostrazione di così grande ed infinito tesoro di gioie e pietre preciose, che furono poste sopra la tavola, riempié di nuovo gli astanti di una così fatta maraviglia che restarono come stupidi, e fuori di se stessi. E conobbero veramente ch’erano quegli onorati e valorosi gentiluomini da Cà Polo, di che prima dubitavano, e fecero loro grandissimo onore e riverenzia».



*Colgo l’occasione della pausa estiva per avvisare i lettori che le interviste riprenderanno dopo settembre e non cadranno più mensilmente. Saranno divulgate con maggiore o minore frequenza in base alla disponibilità degli interlocutori. Chiunque desideri intervenire su argomenti che riguardano la società, la comunicazione, la cultura non ai fini di presentare se stesso e la propria opera ma per creare un punto di riflessione di pubblica utilità, è pregato di utilizzare il modulo di contatto. I tempi di risposta non sono molto veloci da parte mia ma ho cercato finora di soddisfare tutte le richieste.
Inoltre, a causa di crescenti impegni sul fronte dello studio e del lavoro, che mi tengono lontana dal computer e non mi permettono di seguire il web con l’intensità che richiederebbe, sono costretta a ridurre la pianificazione dei post. Lo spazio resta aperto ma in alcuni periodi avrà meno aggiornamenti. Ricordo infine che è sempre a disposizione il cospicuo archivio di questo blog che siete invitati a visitare.  

(Di Claudia Ciardi)


Segnalazioni:

 Sulla rivista «Incroci», numero 31, Adda editore, diretta da Lino Angiuli, una prosa autobiografica inedita in Italia della poetessa ebrea tedesca Else Lasker-Schüler. La accompagna un breve saggio che introduce alcuni paralleli tra la poetica schüleriana e quella più o meno coeva del grande svizzero eremita, Robert Walser. 






Su «La Nazione» di Pistoia del 4 luglio 2015 la recensione a cura di Enzo Cabella del racconto inedito di Lou Andreas Salomé, Una notte, pubblicato per la prima volta in Italia da Via del Vento edizioni.