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10 ottobre 2014

Piero Bigongiari – Cento anni di poesia


Il 2014 è l’anno delle grandi ricorrenze. Su tutte il centenario della prima guerra mondiale, di cui quotidianamente si commemorano episodi e protagonisti. Ma vi sono pure i cento anni della fondazione del Caffè San Marco a Trieste, i novant’anni della radio italiana, i venticinque della caduta del Muro di Berlino. La cabala è insolitamente affollata e a ben vedere s’incomoda per fatti non irrilevanti. Tra questi, non sorprenderà incrociare anche la nascita di un poeta, uno dei più grandi del Novecento, sebbene forse non altrettanto conosciuto rispetto a Montale, Ungaretti, Saba, Quasimodo, per citare quattro nomi cui si legano i nostri ricordi scolastici. Tuttavia, si sa, la fama è un capriccio umano e i percorsi che la rivelano sono il frutto di molte variabili. Piero Bigongiari, originario di Navacchio in provincia di Pisa, dove ha visto la luce il 15 ottobre 1914, è noto ai cultori della poesia e agli italianisti – sui secondi spero di aver detto il vero; un po’ meno purtroppo lo è al largo pubblico. Complice per nulla secondaria di questa lacuna, la difficoltà nel reperire i volumi dei suoi scritti: edizioni datate, ristampe inesistenti. Perdita non indolore, perché la lingua poetica di Bigongiari, levigata da straordinaria sensibilità musicale, è tra le più evocative che si siano prodotte nel panorama contemporaneo.
Traduttore dal francese e dal latino, saggista raffinato, profondo studioso di Leopardi, critico d’arte affascinato dal Seicento fiorentino, l’opera densa e non facile di questo poeta ci parla innanzitutto dell’eclettismo del suo ingegno, della versatilità con cui amava arare i campi delle discipline umanistiche. Il bisogno di inscatolare arte e saperi ha imposto alla creatività bigongiariana il frontespizio dell’ermetismo, che rischia però di tener fuori, allontanandole dalla comprensione del lettore, tante altre caratteristiche, magari non immediatamente tracciabili eppure presenti, fermamente attagliate all’impiallacciatura del suo verso. Io che mi sono avvicinata a Bigongiari, com’è mio uso, senza aver perlustrato prima certe tortuosità della critica, ne ho tratto la forza di una poesia pagana. Il sovrapporsi delle memorie crea una fuga di piani, l’evocazione innesca una fluidità temporale che esce da se stessa, annullandosi in una fissità di sapore arcaico, dove l’attimo diviene rivelazione del tutto. 
Fin dalle mie prime letture, che ho avuto la fortuna di coltivare grazie alla ‘scuola pistoiese’ – proprio a Pistoia, tra Via del Vento, la cupola della Madonna dell’Umiltà, viale Arcadia l'immaginario del poeta sviluppa alcune fra le sue più visionarie cadenze –  ne ho ricevuto una lezione di compiutezza assoluta sul modo di esercitare la sensibilità, accordandovi lo strumento della lingua. 
Vogliamo qui ricordarne il genio attraverso gli estratti di alcune lettere inviate all’amico pistoiese Mario Ciattini, figlio del tipografo Alighiero Ciattini che, prima di trasferirsi a Roma, operava in Via del Vento.

(Di Claudia Ciardi)


Giuseppe Ungaretti e Piero Bigongiari

«I monti stasera sono di cenere e, alle cime, rossi violacei. Ecco, si ghiacciano, si spengono, come un metallo stato al fuoco. Mario, qualcuno, il giorno, muore davvero.
È una cosa impressionante: fa molto freddo, come dopo una fine. Ti assicuro che così padrone di me, tremo. Il gelo è tutto fisico, addio».

Postilla alle sei di sera

«Mio caro Mario,
ecco che torno a scriverti. Fuori piove; sono tanti giorni che questa tristezza s’accumula. Finito il movimento che fa dimenticare, quando mi ritrovo a fare i conti con me solo, sento un po’ di sconforto amareggiare tutto il mio essere. Sono intermittenze del cuore, mali inevitabili dei vent’anni; c’è qualcosa di me che cammina, e qualcosa che resta indietro. Nascono i laghi di nero, le falle. L’uomo non è tutto padrone di sé. Ma chi sa quanto continuerei, che cosa mi verrebbe detto, è meglio scrivere meno – ispirati ».

Pistoia, 17 – 3 – ’34

«Caro Mario,
ti scrivo affogato in una pianura d’inerzia. In questi giorni è venuto il sole con le sue grandi fauci e comincia a divorarmi; in campagna con Cappellini pittore, ho bevuto molta luce, molti tramonti, molti strilli di bambini ammiranti in crocchio davanti ai pennelli di Alfiero, molta acqua scorrente dell’Ombrone, poi a casa mi aggiacco dove mi capita e lì mi prende la disperazione o la mediocrità: tristi cose davvero.
[…]
Io ora vorrei andare a trovare il freddo su su nell’Europa, andare a Berlino, in tutta la Germania, in Danimarca, sul mare Baltico, nella penisola svedese, etc. etc. (aggiungi tu). Vorrei una donna che mi si rivolgesse con la voce di Greta. L’ho vista ancora, in questi giorni, in Romanzo, bellissima. Mi dà una grande dolcezza, una grande forza. Se trovi una bella immagine di lei, mandamela».

Pistoia, 19 – 4 – ’34

«Caro Mario,
le tue lettere sono come gocce di una pioggia malinconica, autunnale. Bellissime, vanno in fondo al cuore, riempiendolo d’amarezza. Tu mi vuoi bene e questo mi consola e mi fa contento. Ma ora debbo fustigarti, non ti devi lasciare afferrare dal male del passato, non devi leggere le mie lettere passate, non devi pensare alle donne che più non è possibile vedere, non devi pensare che le nuvole sono le stesse, le automobili le stesse, i monti gli stessi, gli uomini gli stessi cattivi, crudeli, adorabili. Queste cose la faremo in vecchiaia quando gli occhi non vedranno più e le gambe non si muoveranno e quando il cuore dovrà essere tenuto in riposo per paura della paralisi. Ora no, assolutamente; questo si chiama il male del ricordo, un male paralizzante. Ci dobbiamo prefiggere della mete, allora la vita si riempie, riacquista sangue, colore. Sono contentissimo che tu studi. Bene. Non importa se i libri ti stancano e non li capisci. Sono fenomeni di crescita spirituale».

Pistoia, 23 – 10 – ’34

«Vecchia marmotta infarinata,
domando se questo è il modo di trattarmi. Ti s’è seccato il cuore o il calamaio? Siccome non credo al primo caso, sto per il secondo; ma allora scrivimi col lapis, col carbone, colla macchina da scrivere, con qualunque cosa. Io sono contento che tu sia diventato una persona seria, senza fisime, che tu ti sia accorto quant’è deleterio un vivere troppo emozionale e sensibile, che tu abbia sentito l’odore del vuoto e tu te ne sia ritratto e che ora tu annusi l’odore del pane invece, sono contento di tutto questo e d’altro ancora, che per es. tu legga i nostri classici (sta’ attento però che non solo nel ‘500 c’è gente grande e tutta nostra, gente stupendamente semplice), che tu non scriva (quasi) più, che tu sia più semplice; ma ciò non implica che tu faccia il morto.
Va bene: un po’ di colpa ce l’ho anch’io; ma qualche cartolina ogni tanto ti è venuta: mia, anche se c’era soltanto la firma.
Poi, ho avuto un mese d’esami, qualche linea di febbre, molta pigrizia nel prendere la penna; ma ho pensato a te, che forse stai creandoti una base più solida per quello che verrà, spesso. E tu, vecchio Mario, uomo rugoso e mercante? Avrai avuto e avrai delle distrazioni, o meglio delle occupazioni. Spero che tu non abbia perso quella baldanza del cuore che è giovinezza; fatti soci, imbroglia, fai cosa ti pare, ma soprattutto non perdere l’entusiasmo. Non quello “piro” [dialetto pistoiese per “sciocco”], ma quello più umile, interno. Io, oltre alle solite cose, sono stato a Venezia e Trieste; in questi giorni forse scapperò a Siena, visto che da Roma a Siena la strada è seminata d’ostacoli. Poi non so cosa farò, forse andrò sui monti, perché n’ho bisogno. […]».

Pistoia, 27 – 6 – ’35

Da:
Piero Bigongiari, Giovinezza a Pistoia, a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, Nuova Compagnia editrice (Comune di Pistoia), 1994

Si veda anche:
Pier Francesco Listri, Ancora fra noi. Piero Bigongiari poeta dell’ermetismo, sull'«Informatore», maggio 2014, p. 43


L'ermetismo al Caffè Giubbe Rosse di Firenze
Bibliografia:

Una città rocciosa e altri frammenti di un'autobiografia, a cura di Elena Dei, Via del Vento edizioni, 1994 (ristampa 1998)

Nel giardino di Armida e altre prose memoriali, un racconto e una poesia, a cura di Roberto Carifi, Via del Vento edizioni, 1996 (fuori catalogo)

L'azzurro, a cura di Paolo Fabrizio Iacuzzi, Via del Vento edizioni, 1991 (ristampa 1999)

Favola e altre poesie scelte, postfazione di Roberto Carifi, cenni biografici a cura di Martino Baldi, scelta della poesie e note alle stesse di Fabrizio Zollo, 2007

Visibile invisibile, Sansoni editore, 1985

Autoritratto poetico, Sansoni editore, 1985

Le mura di Pistoia, Mondadori, 1964

In questo blog:

Il cielo sopra Pistoia






Link correlati/ Related links:

Biografia sul sito di Paolo Fabrizio Iacuzzi

Piero Bigongiari nell'Enciclopedia Treccani

7 ottobre 1997 - La morte di Bigongiari su  
«Il Corriere della Sera»

Un ricordo del poeta su «Italies» - 9/ 2005

Il Comune di Lucca per Piero Bigongiari

Nel centenario della nascita - le iniziative alla Biblioteca San Giorgio di Pistoia



Piero Bigongiari in Via del Vento  
Foto di Alessandro Andreini ©

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