Pagine

10 febbraio 2020

Wilson A. Bentley – Microscopiche apparizioni



«Sotto il microscopio ho scoperto che i fiocchi di neve sono miracoli di bellezza; sembrava un peccato che questa bellezza non dovesse essere vista e apprezzata dagli altri. Ogni cristallo è un capolavoro di design e nessuno è mai uguale all’altro. Quando un fiocco di neve si scioglie la bellezza è perduta per sempre». Così Wilson A. Bentley (1865-1931), pioniere della fotomicrografia in un genere davvero insolito ed estremamente effimero, quello dei cristalli di neve. Fragilissime architetture che sfuggono a occhio nudo di fronte alla cui perfezione si resta attoniti, quasi sconcertati. Indizi di una vita miracolosa che popola una realtà nascosta, preclusa allo stato normale dei sensi, e che sa di trascendenza. Figlio di contadini del Vermont, nativo di Jericho dove visse sempre, Bentley era un adolescente curioso dall’intelligenza brillante. Per quanto la sua provenienza sociale e i mezzi limitati della famiglia gli impedissero una formazione accademica, mostrò da subito un’innata passione per gli studi scientifici, in particolare i fenomeni atmosferici legati all’acqua. Quindicenne, fece tesoro del microscopio che gli regalò la madre. Dapprima tentò di riprodurre la struttura dei cristalli disegnandola, ma la resa manuale necessitava di tempi abbastanza lunghi che mal si adattavano al soggetto. Dopo svariati esperimenti fallimentari riuscì a collegare con successo una macchina fotografica a soffietto al microscopio e, appena ventenne, realizzò il primo scatto. Era il 15 gennaio 1885 e si può immaginare l’emozione di questo giovane nel vedere finalmente compensati i suoi tanti sforzi. Da allora tale genere innovativo di fotografia lo assorbì sempre di più, tanto da produrre un corpus di 5000 ritratti, di cui una metà vennero pubblicati nel catalogo Snow crystals, uscito nel 1931, pochi giorni prima della sua morte. Questo libro, al quale partecipò anche il meteorologo William J. Humphreys, fu il coronamento del lavoro di una vita, quando già il nome di Bentley era noto negli ambienti della fotografia e delle istituzioni scientifiche. Nei lunghi anni di attività diversi periodici gli richiesero infatti di scrivere articoli di divulgazione sulle sue ricerche e sulle tecniche di realizzazione delle proprie immagini, raggiungendo l’apice del riconoscimento quando il «National Geographic» gli offrì una collaborazione. I suoi lavori sono stati acquisiti da college e università di tutto il mondo – la collezione più importante si trova presso l’archivio dello Smithsonian Institution – e il volume che costituisce il testamento della sua creatività è stato festeggiato da innumerevoli ristampe.
Bentley fece dell’osservazione elementare di un mondo all’apparenza insignificante, dello studio del dettaglio, della poetica dell’effimero, un oggetto di culto, qualcosa intorno a cui annodare i fili di una meravigliosa epifania. In un’epoca che fa della frammentazione, dell’esercizio razionale esasperato, dello specialismo orfano di visioni i suoi opprimenti vessilli, l’ostinata esplorazione dell’invisibile condotta da Bentley suona come il richiamo a un istinto di sopravvivenza. Non si tratta di dedurre in modo asettico e rigoroso le sigle di una tavola periodica, piuttosto recuperare alla vista un’idea di bellezza laddove non se ne sospettava l’esistenza, fissarla in noi, mostrarne il prodigio perché possiamo riferirlo. Nel corso delle sue pazienti osservazioni, Bentley si dedicò anche ad immortalare altri elementi transitori e fuggevoli come il ghiaccio, la pioggia, le nubi e la nebbia. Fu il primo statunitense a riprendere le gocce di acqua piovana e uno dei primi fisici delle nuvole.
Se come ci ricorda Leopardi nello Zibaldone «la natura è grande e la ragione è piccola», il nostro cercatore autodidatta desidera offrirci l’intelligenza sentimentale che anima tutte le cose, la segreta intelligenza dentro ogni corpo, metterci in comunicazione con una fisiologia dell’essere secondo cui anche nel più trascurabile particolare si manifesta una grazia rivelatrice, mostrarci gli insospettabili legami che conducono all’armonia.     
  
(Di Claudia Ciardi)



Related links




 

Alcuni dei cristalli di Bentley



Il primo cristallo fotografato nel 1885



 

 

* Due ritratti di Wilson A. Bentley mentre sta fotografando





Nessun commento:

Posta un commento