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29 maggio 2020

Glicine


Dal latino Glycine che deriva dal greco γλυκύς cioè “dolce”, per la gustosità dei tuberi della pianta o anche per la dolcezza del suo aroma. Originario delle regioni asiatiche, in particolare la Cina, diffuso a scopo decorativo, predilige la coltivazione in orto, sebbene necessiti di pochissime cure per uno sviluppo rapido e rigoglioso. In tal senso si può affermare che il glicine abbia una natura piuttosto spontanea. Mostra preferenza per i terreni umidi tendenzialmente argillosi, ricchi di elementi nutritivi e, pur sopportando le basse temperature, il suo habitat ideale è caratterizzato da climi temperati ed esposizioni al sole. La sua altezza può raggiungere e superare i quindici metri.
Il nome scientifico Wisteria fu assegnato alla pianta in onore dello studioso statunitense Kaspar Wistar (1761-1818) anche se i tedeschi preferirino chiamarla Blauregen che significa “pioggia blu”, nome che molto si avvicina a quello che il glicine ha in Cina dove viene definito “zi teng”, vite blu.
Importato da un mercantile inglese nel 1816, nel giro di un paio di anni divenne uno dei rampicanti più amati e impiantati nei giardini europei. Ai Kew Gardens di Londra (i giardini botanici reali) si trova uno dei più antichi glicini al mondo, sopravvissuto dai primi esemplari giunti sul continente, di dimensioni davvero spettacolari.
Accompagnato da molte storie, soprattutto di origine orientale, si narra che gli imperatori giapponesi, durante i loro lunghi viaggi di rappresentanza in terre straniere, portassero con sé dei piccoli bonsai di glicine, affinché giungendo alla corte di altre dinastie alcuni loro rappresentanti li recassero in dono in segno di amicizia e benevolenza. La pianta quindi assume simbolicamente tali caratteri.
Appartiene alla famiglia delle fabaceae o leguminose.
Esempi affini: Glycine (soia, coltivata)
Glycyrrhiza (liquirizia, spontanea e coltivata)
Lotus (ginestrino, spontaneo)
Medicago (erba medica, spontanea e coltivata)
Mimosa (mimosa, coltivata)
Phaseolus (fagiolo, coltivato)
Vicia (veccia, spontanea)
E numerose altre.

Esistono diverse varietà ornamentali che differiscono per i seguenti aspetti: colore dei fiori (bianchi, rosa, lilla, viola e blu), altezza, evoluzione del tronco. Eccone qui alcune:

Glicine rosso (Millettia satsuma): di origine australiana, emana un profumo speziato. I fiori sbocciano dall’estate all’autunno e sono di un bel colore rosso-violaceo.
   
Glicine giapponese (Wisteria floribunda): somiglia ad un piccolo albero, ma per ottenere questa forma bisogna legare un ramo al tutore [*sostegno, ogni elemento utilizzato per sostenere le piante] e tenerlo alla larga da altri sostegni e piante. Produce fiori di colore rosaceo che si sviluppano in lunghi grappoli che possono toccare il metro di lunghezza.
   
Glicine cinese (Wisteria sinensis): cresce rapidamente ed è utile quando si ha pochissimo tempo per ricoprire mura e recinzioni. Non a caso è la specie maggiormente diffusa. Fiorisce dalla primavera all’estate producendo fiorellini a grappolo, violacei e azzurri. Le foglie hanno una forma ellittica e sono ricoperte da peluria.

Pochi sanno che è una pianta commestibile con cui si possono realizzare gustose e profumate ricette come dolci, frittate e naturalmente tisane. Ha proprietà calmanti, favorisce memoria e concentrazione.
Per una fresca tisana di fiori – le altre parti infatti non sono edibili – raccoglierne una manciata, farli bollire cinque minuti e aggiungere del succo di limone.

Una leggenda di origine piemontese narra di una giovinetta di nome Glicine, che faceva la pastorella. Questa fanciulla si sentiva molto brutta. Un giorno, presa dalla disperazione, pianse sola nel bel mezzo di un prato; ad un certo punto le sue lacrime si trasformarono in una meravigliosa pianta di Glicine da cui sbocciò una inebriante fioritura.
Oltre ad aver nutrito storie e credenze, il glicine, come molti altri rampicanti, ha ispirato l’omaggio dei letterati, come quello di Pier Paolo Pasolini che ne canta la «furia della natura, dolcissima». 

(Di Claudia Ciardi)


Il glicine

E intanto era aprile,
e il glicine era qui, a rifiorire.
Prepotente, feroce
rinasci, e di colpo, in una notte, copri
un’intera parete appena alzata, il muro
principesco di un’ocra
screpolato al nuovo sole che lo cuoce.
E basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco rampicante, a farmi puro
di storia come un verme, come un monaco:
e non lo voglio, mi rivolto – arido
nella mia nuova rabbia,
a puntellare lo scrostato intonaco
del mio nuovo edificio.
Tu che brutale ritorni,
non ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia della natura, dolcissima,
mi stronchi uomo già stroncato
da una serie di miserabili giorni,
ti sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi vergine sul mio eclissi,
antica sensualità.

Pier Paolo Pasolini, da La religione del mio tempo
Garzanti 1961


*In copertina: Hiroshige, All’interno del santuario Kameido Tenjin (1857), dalla serie Cento vedute di Edo

*Fioritura del glicine - Fotografie di Daniele Regis ©



 







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I fiori del glicine si possono mangiare – Su «La Stampa», Viaggi e Cucina, 27 aprile 2018

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