Attraverso Charlottenburg
Robert Musil
Cortili sul Kurfürstendamm
«Finora l’unico verde sospeso nelle strade ad altezza d’albero è quello dei semafori, e ha qualcosa di invecchiato, quasi spettrale, quando oscilla vivacemente sopra tre macchine ferme, come se ne giungessero altre cento a gran velocità. Molto autunnali sono pure i cartelli rossi sopra i quali sta scritto, casa per casa, che ci sono appartamenti da affittare. Ma nei cortili dei casermoni dai tetti merlati si nota la primavera dalle screpolature dei muri. A grossi frammenti l’intonaco si è scrostato, sembrava una lebbra divorante e ora il sole splende nelle ferite. Soltanto i camini, fraternamente ritti sul tetto, hanno conservato il loro colore del buon tempo andato e, quando vi splende sopra il sole, si nota dal rosso pallido dei loro mattoni com’è diventato intenso il blu del cielo nelle ultime settimane. Se poi lo sguardo da questo gioco di lontananze discende lungo le pareti, perfino le chiazze scrostate dei muri sono in grado di simulare una vita fiorente che sboccia».
Margini del Tiergarten
«Il colore degli inizi della primavera è il bruno in innumerevoli gradazioni, dal pallore sbiadito dell’erba fino al marrone sfavillante dell’acqua. Solo i nudi rami dei salici piangenti tracciano nella natura precise linee verdi, sottili come fruste. Una macchia rossa dietro radi cespugli – non è altro che l’estremità verniciata di rosso di un picchetto di legno – dà l’illusione di un arbusto in fiore, di un’aiuola di fiori appena sbocciati: il cuore ne resta sgomento e tradisce di essere pieno di un’aspettativa simile a quella del battello che sta «sotto pressione» davanti alla chiusa: la simpatica piccola caffettiera ha ridipinto il suo vecchio scafo e il fumaiolo a fresche strisce bianche e rosse; all’inizio di ogni primavera si prepara, infatti, per un grande viaggio che dura quasi un anno, benché questo viaggio, un anno dopo l’altro, si svolga su e giù soltanto tra Charlottenburg e Stralau».
Castello di Charlottenburg
«Quando gli chiediamo dove dobbiamo scendere, il giovane bigliettaio crede di riconoscere in noi dei forestieri e ci dà l’amichevole consiglio: «Non perdete l’occasione di visitare il mausoleo: il riverbero è bellissimo laggiù, è il più bel riverbero di Berlino!» Credo che in questa informazione sia racchiusa e concentrata al massimo l’essenza di ogni celebrità e curiosità. Tuttavia, non vogliamo rivedere il mausoleo bensì il parco, e dinnanzi a esso è appeso un cartello: «Causa intransitabilità dei sentieri oggi chiuso». Per settimane non c’è stato maltempo e, all’improvviso, ci si sente riportati indietro nell’epoca di un vigile governo che protegge il cittadino dai pericoli che, da qualche parte, stanno in agguato insidiosi attorno a lui, poiché anche l’occhio, fin dove giunge, vede i sentieri nel più bell’ordine. In casi simili l’uomo d’oggi compie un tentativo di aggiramento. Passa dapprima oltre il monumento dell’imperatore Federico, là dove, su panchine di pietra, stanno sedute, una accanto all’altra, persone con le gambe allungate e il viso rivolto al cielo: il tutto come se una mano in uno slancio avesse sparso sulle panchine fiori dai lunghi steli recisi. Più in là si può notare dal sentiero di Tegel che anche l’interno del parco del castello è tanto asciutto quanto pianeggiante, l’attenzione però è ora subito sviata verso l’altro lato ove, in uno stile eclettico-romanico ma pur sempre imponente, si erge minaccioso un tribunale con un motto inciso nella pietra sopra l’ingresso: Suum cuique. Il che significa: A ciascuno il suo, ed è un buon vecchio motto prussiano, quindi assai giusto, ma nel sole primaverile fa venire il dubbio se molta gente non darebbe volentieri il suo per meno, quando questo consista in diversi anni di prigione».
Versione tratta da:
Robert Musil
Romanzi brevi, novelle e aforismi
Traduzioni di Anita Rho e Roberto Olmi
Introduzione di Cesare Cases
Einaudi, 1986