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9 aprile 2015

Aesopica #2 - Animali di Esopo e Collodi


Ho già avuto modo di accennare brevemente al significato dell’asino in letteratura, prendendo spunto da Esopo per approdare a Pinocchio. La presenza per così dire scenica di questo animale va ben al di là della parodia fisiognomica che normalmente ne scaturisce. La sua longeva vitalità nei testi schiude infatti un livello assai più profondo, dove il meccanismo della metamorfosi evidenzia i tanti strati di cui questa figura è andata rivestendosi nel tempo. Si tratta di un retaggio sicuramente arcaico, la narrativa esopica col suo ampio ventaglio di caratteri e situazioni in parte lo attesta. Per quanto riguarda il capolavoro di Collodi credo si possa dire con ragionevole certezza che tutte le maschere animali che lì si danno convegno, rappresentino una summa di tali aspetti concentrati sia nella favolistica antica sia in quella moderna, come ad esempio in Perrault di cui l’autore di Pinocchio fu geniale traduttore, pochi anni prima la stesura del suo straordinario mito. Tali maschere, si diceva, introducono nel racconto gli aspetti più reconditi dei rapporti umani, i più intimi, che attengano alla violenza o alle maggiori tenerezze, del resto nelle pieghe dell’inconscio le due cose non sono per nulla disgiunte, e pare che simili nodi trovino in esse migliore e più immediata rappresentazione. Certamente la metamorfosi asinina convoglia il massimo delle energie descrittive, quasi che tutti gli sguardi precedenti si concentrino su quell’unica bestia oggetto di scherno e emarginazione. E ben si percepisce come, abbandonato il travestimento da asino, la definitiva catarsi non potrà essere più rimandata. 
Alla luce di queste considerazioni, vorrei ora stabilire un parallelo tra la fantomatica città collodiana di Acchiappacitrulli, dove Pinocchio approda accompagnato dal gatto e la volpe, nulla sospettando del loro inganno, e un paio di mythoi esopici, nei quali ritroviamo il tema dei truffatori e truffati e di chi utilizza la propria posizione di vantaggio per acquisire diritti sui più deboli.
Nel passo di Collodi è chiara l’allusione al consorzio umano: la sua città di animali è un campionario della dabbenaggine dell’uomo e della situazione abietta cui si riduce quando non prende provvedimenti seri contro i suoi simili che lo raggirano.

«Dopo aver camminato una mezza giornata arrivarono a una città che aveva nome “Acchiappacitrulli”. Appena entrato in città, Pinocchio vide le strade popolate di cani spelacchiati, che sbadigliavano dall’appetito, di pecore tosate che tremavano dal freddo, di galline rimaste senza cresta e senza bargigli, che chiedevano l’elemosina d’un chicco di granturco, di grosse farfalle, che non potevano più volare, perché avevano venduto le loro bellissime ali colorate, di pavoni tutti scodati, che si vergognavano a farsi vedere, e di fagiani che zampettavano cheti, cheti, rimpiangendo le loro scintillanti penne d’oro e d’argento, oramai perdute per sempre.
In mezzo a questa folla di accattoni e di poveri vergognosi passavano di tanto in tanto alcune carrozze signorili con dentro o qualche volpe, o qualche gazza ladra o qualche uccellaccio di rapina».

La forza allusiva di questa sezione è evidente. La attraversa un intero cosmo esopico che nelle mani di Collodi si concentra in poche frasi, rendendoci peraltro la medesima coloritura dell’antico favolista. La bellezza di Pinocchio sta tutta qui, in questa natura larvale, in cui “dentro” e “fuori” interferiscono di continuo, sovrapponendosi, nella leggerezza con la quale le cose avvengono in un vorticoso trapasso, senza che venga concesso spazio alle leggi della fisica o della logica. Tutto è come nel grembo materno: indistinto e ancora possibile. Il disagio che se ne trae è anche ciò che maggiormente ci rassicura, che le cose non andranno sempre così, come nell’essere vivente è l’impulso a venire al mondo e quindi al distacco da chi lo ha generato.
Ma Collodi, alla maniera di Esopo, sa anche spiazzarci alla perfezione. Il comportamento criminale del gatto e la volpe, e la loro meritata fine, essendo un monito per chi legge non potranno che assumere accenti di crudezza, di malvagità: chi non prova ribrezzo di fronte allo zampetto del gatto che Pinocchio, nel tentativo disperato di difendersi, stacca al suo aggressore?
Insomma, la vita si fa pur strada nella sua apparente, badiamo solo apparente, levità e la favola è soprattutto territorio di caccia per le pulsioni che in quella si agitano.
Ecco dunque come Esopo si occupa di argomenti simili attraverso una figura umana – cosa peraltro piuttosto insolita al suo modo di narrare – e in un “trittico” sui rapporti di forza tra animali, ancora una volta fatti sfilare come maschere umane, dove, guarda caso, ad avere la peggio è proprio l’asino.

(Di Claudia Ciardi)



Il truffatore

«Un uomo povero, che era ammalato, e molto gravemente, promise agli dèi che avrebbe offerto loro in sacrificio cento buoi, se l’avessero salvato. Quelli vollero metterlo alla prova e in breve lo fecero star meglio. Quando si levò dal letto, dato che buoi veri non ne possedeva, ne fece cento di sego e li bruciò su un altare dicendo: «Eccovi, o dèi, quanto vi avevo promesso». Ma gli dèi, a loro volta, vollero ricambiare la beffa dei buoi, e gli mandarono un sogno per invitarlo a recarsi sulla spiaggia: là si sarebbero trovate mille dramme attiche per lui. Tutto allegro, andò di corsa alla spiaggia: là si imbatté nei pirati, che lo portarono via; e quando fu messo in vendita, si trovarono proprio mille dramme attiche per lui».

Il leone, l’asino e la volpe

«Il leone, l’asino e la volpe fecero società tra loro e se ne andarono a caccia. Quand’ebbero fatto un buon bottino, il leone invitò l’asino a dividerlo tra di loro. L’asino fece tre parti uguali e invitò il leone a scegliere. La belva inferocita gli balzò addosso, lo divorò e poi ordinò alla volpe di far lei le parti. Lei radunò tutto in un mucchio, lasciando fuori per sé solo qualche piccolezza, e poi invitò a scegliere. Il leone allora le chiese chi le aveva insegnato a fare le parti così. «È stata la disgrazia dell’asino» rispose la volpe».


Pinocchio nella città di Acchiappacitrulli

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Once There was a War - C'era una volta una guerra


2 commenti:

  1. Traduction par Jean Luc Bouyssier.
    Un cadeau inattendu.
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    Je devais mentionner brièvement le sens de l'âne dans la littérature, inspiré par Esope pour arriver à Pinocchio. La présence pour ainsi dire l'étape de cet animal va bien au-delà physionomie parodie qui circule normalement. Sa vitalité à long terme dans les textes ouvre en fait un niveau beaucoup plus profond, où le mécanisme de la métamorphose souligne les nombreuses couches de ce chiffre qui a été d'enfiler dans le temps. Il est certainement un héritage archaïque, fiction Aesopic avec son large éventail de personnages et de situations atteste partie. Comme pour le chef-d'œuvre Collodi pense que nous pouvons dire avec une certitude raisonnable que tous les masques d'animaux qu'il ya conférence de dommages, représentent un point culminant de ces aspects est concentrée dans les fables anciennes et dans les temps modernes, comme dans Perrault dont l ' auteur de Pinocchio était Traducteur brillante, quelques années avant d'écrire son mythe extraordinaire. Ces masques ont été dites à introduire l'histoire les aspects les plus intimes des relations humaines, le plus intime, que l'information se rapporte à la violence ou plus de tendresse, le reste dans les plis de l'inconscient les deux choses ne sont pas du tout sépare, et il semble que nœuds, ils sont en meilleure et plus immédiate représentation. Certes, la coqueluche de la métamorphose transmet l'énergie maximale descriptive, presque tous les yeux se concentrer sur celui-bête objet précédent du ridicule et de la marginalisation. Il est perçu ainsi, abandonné le déguisement à dos d'âne, la catharsis finale ne peut pas être reportée.
    À la lumière de ces considérations, je voudrais maintenant faire un parallèle entre la ville imaginaire de Acchiappacitrulli Collodi, où Pinocchio arrive accompagné par le chat et le renard, se doutant de rien de leur tromperie, et un couple de mythoi esopici, où l'on retrouve le thème d'escrocs et triché et ceux qui utilisent leur position d'avantage d'acquérir des droits plus faibles.
    Dans l'étape Collodi est claire allusion à la société humaine: sa ville des animaux est un échantillonnage de la crédulité humaine et la situation abjecte qui est réduite quand il ne prend pas des mesures sérieuses contre ses semblables que la tricherie.

    (première partie - par Claudia Ciardi)

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  2. Traduction par Jean Luc Bouyssier.

    «Après avoir marché une demi-journée, ils sont venus à une ville appelée la Ville" Acchiappacitrulli ". Dès qu'ils sont entrés dans la ville, Pinocchio a remarqué que les rues peuplées par des chiens galeux, bâillements de l'appétit, de la tremblante du mouton tondu contre le froid, le poulet est resté sans crête et des barbillons pas, la mendicité pour un grain de maïs, grands papillons, qui ne pouvaient plus voler parce qu'ils avaient vendu leurs belles ailes colorées, paons tous les résidus miniers, qui avaient honte d'être vu, et faisans sabordage furtivement, si furtivement, deuil leurs stylos d'or scintillantes et d ' argent, maintenant perdue à jamais.
    Au milieu de cette foule de mendiants et pauvres honteux passé de temps en temps avec quelques voitures seigneuriales ou quelques renards, ou une pie ou un oiseau de proie».

    Le pouvoir allusif de cette section est évident. Les croix entiers un cosmos ésopiques que, dans les mains de Collodi est concentrée en quelques phrases, ce qui en fait également la coloration de fabuliste ancienne. La beauté de Pinocchio est tous ici, dans cette nature larvaire, où «l'intérieur» et «extérieur» à interférer continue, chevauchement, dans la facilité avec laquelle les choses se passent dans un passage tourbillonnant, sans aucun espace pour les lois de la physique ou logique. Tout est comme dans l'utérus: et indistincte encore possible. Le malaise qu'il attire est ce qui nous assure plus, que les choses ne se passent pas toujours ainsi, comme dans le bios est l'impulsion à naître puis le détachement de qui l'a créé.
    Mais Collodi, à la manière d'Esope, sait aussi parfaitement trompeur. Le comportement criminel du chat et le renard, et leur fin bien méritée, sont un avertissement pour le lecteur et ne peuvent donc assumer accents de la cruauté, la méchanceté, qui ne ressent aucune dégoût en face de la patte du chat que Pinocchio, désespérée pour se défendre, hors de son agresseur?
    En bref, la vie devient même dans sa route apparente, vous dérange seulement apparente légèreté et l'histoire est avant tout un terrain de chasse pour les instincts que dans l'agitation.
    Ici, alors, comme Ésope traite de sujets similaires à travers une figure humaine - ce qui est plutôt inhabituel à sa façon de raconter - et dans un "triptyque" sur l'équilibre du pouvoir entre les hommes-animaux, où, d'ailleurs, d'avoir le pire est que le 'âne.

    (deuxième partie - par Claudia Ciardi)

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