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6 novembre 2020

I fiori delle Alpi Marittime


Una collana dedicata alle donne e agli uomini che non si sono arresi, ma hanno fronteggiato le avversità della storia prendendo in mano il proprio destino, una rivista, “Camminare”, elogio dell’andar lenti, e poi le narrazioni, i saperi, le vocazioni che contribuiscono a salvare memorie e fisionomia dei luoghi. Fusta, casa editrice con base a Saluzzo, fra le altre sue creazioni ci offre un manuale dedicato alle fioriture delle Alpi Marittime, una miniera di curiosità botaniche, oltre che un atto d’amore verso il territorio, principalmente le valli del Monviso, cui il progetto editoriale si indirizza. Un’idea che mette al centro le persone, i bei caratteri resilienti di questi montanari, la gentilezza caparbia che muove i loro cuori.

I due autori, Iolanda Armand Ugon e Giovanni Manavella, hanno battuto metro per metro da nord a sud il settore occidentale delle Alpi, regalandoci più di duecentocinquanta ritratti floreali, non pochi dei quali di assoluta rarità. Ognuno è inquadrato in una scheda che ne riassume le principali caratteristiche: habitat, sviluppo, diffusione, eventuali utilizzi. Sì, perché se normalmente pensiamo che i fiori non siano edibili, in realtà ci sono diverse specie dalle molteplici risorse. Ad esempio, il lampone, apprezzato per i suoi gustosi frutti, offre foglie e fiori da essiccare per la preparazione di decotti. Con le foglie dell’arbusto è possibile fare una tisana per alleviare mal di gola o diarrea, o realizzare degli impacchi per lenire gli occhi infiammati. Le foglie si raccolgono tra maggio e giugno e si fanno seccare in un luogo areato ed asciutto.L’infuso di foglie di lamponi si prepara con le foglie secche della pianta messe a bagno in una tazza di acqua bollente per 10 minuti. Trascorso questo tempo si può filtrare e consumare il liquido così ottenuto.

Il rabarbaro alpino ha foglie commestibili, che si possono aggiungere all’insalata o bollire, come verdura di accompagnamento – è bene tuttavia non esagerare perché un consumo prolungato ed eccessivo potrebbe risultare tossico. E poi ancora, la lavanda, la viola, il fiore di sambuco, conoscono impieghi alimentari.
I nostri narratori hanno fotografato con estrema cura ogni pianta, dedicandole diversi ritagli e ingrandimenti che ne mostrano nel modo più chiaro possibile l’aspetto di fusto, fogliame, infiorescenza. Un punto di forza non trascurabile per questo libro, dato che di frequente manuali e opere divulgative a tema botanico non prestano la dovuta attenzione alla qualità dell’immagine, spesso rendendo assai ostico per chi legge ed ha poca dimestichezza con la materia memorizzare peculiarità e differenze. Qui l’osservazione in natura è riportata sulla pagina stampata in modo più che soddisfacente.
Esperti di ecosistemi montani, con una pluriennale specializzazione in materia di funghi e mixomiceti, Ugon e Manavella ci accompagnano in una lunga passeggiata sull’arco alpino, iniziandoci alla varietà e ai fragili equilibri di questi ambienti. I mixomiceti studiati dai due ricercatori sono microrganismi originati dalla biomassa di vegetali smossi e marcescenti sotto lo strato nevoso in quelle che convenzionalmente vengono chiamate “vallette nivali”, le aree in quota con maggiore biodiversità. Il termine, coniato  dal  naturalista  svizzero  Oswald Heer (Uzwil, 31 agosto 1809 – Losanna, 27 settembre 1883) ed entrato nella letteratura naturalistica nel XIX secolo, indica gli ambienti d’altitudine in cui scarsa pendenza, andamento dolcemente concavo del terreno ed esposizione a nord o comunque poco soleggiata concorrono  a  favorire  una  lunga  permanenza  della  neve  al  suolo.

Approfondire  le forme di vita vegetali e faunistiche, significa godere di un osservatorio privilegiato per quanto riguarda inquinamento e altre minacce. Dalle più comuni, l’arnica, la genziana, il mirtillo nero, la valeriana di montagna, il timo, l’erba cipollina, alle più rappresentative e, verrebbe da dire, monumentali, ritenute simbolo del Piemonte. Su tutte la poligala, dal gr. πολύγαλον, comp. di πολυ- «poli-» e γάλα «latte», perché si riteneva che stimolasse la secrezione del latte nei bovini e nelle gestanti, secondo l’antica testimonianza di Dioscoride, impiegata soprattutto per le sue proprietà sedative ed espettoranti contro tosse e bronchite, e la sassifraga (spinulosa, brioide, verdazzurra, dei graniti, dell’Argentera), ricca di vitamina C e utilizzabile in quasi ogni sua parte (radice, fiori, foglie fresche).

Opera meritoria, da riscoprire soprattutto in questi tempi che necessariamente sono e saranno segnati da un ritorno ai territori, a modelli sostenibili, improntati alla vicinanza, conoscenza e maggiore osmosi con la natura. I libri di Fusta editore sono disponibili anche presso la Libreria La Montagna di Torino. A dare di tanto in tanto un’occhiata al catalogo, non si sbaglia; valga più di un’esortazione.

(Di Claudia Ciardi)






* Il muscari azzurro fiorisce in pianura, sui lungofiumi, fino a 2000 metri. Adattabile e versatile, nelle zone pianeggianti la sua presenza è più precoce; lo si può infatti osservare già dalla metà di febbraio.

Foto di Claudia Ciardi ©

Libro:

Iolanda Armand Ugon, Giovanni Manavella, Fiori di montagna delle Alpi sud occidentali, Fusta Editore, 2014


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4 maggio 2020

Sassifraga


La sassifraga cresce lungo i fossi ed è ricoperta da peli vischiosi. Vi sono specie che vengono adoperate come erbe medicinali, è il caso della Saxifraga tridactylites L., pianta annuale con fiori bianchi che si sviluppa sui vecchi muri e nei terreni sabbiosi, o della Bergenia cordifolia Haworth, detta sassifraga siberiana, reperibile allo stato spontaneo sulle nostre Alpi e coltivata come pianta ornamentale per i giardini. Quest’ultima è una piccola pianta perenne, con fiori rosa; l’infuso preparato con le grandi foglie è antidiarroico e viene chiamato tè dei Mongoli. Sostituisce l’edera nelle medicazioni antisettiche.

La Sassifraga dell’Argentera è stata recentemente nominata pianta simbolo del Piemonte. Un tempo vi era l’usanza di offrirla in omaggio alle regine di casa Savoia. Cresce su pareti rocciose verticali inaccessibili ed è oggi una specie a rischio estinzione – protetta dalla legge regionale n. 32 del 1982. Oltre alla sua bellezza quasi geometrica, le caratteristiche della pianta sembrano rispecchiare la tenacia e la risolutezza delle genti piemontesi.  
Così ce la descrive il professor Lorenzo Peruzzi dell’Orto botanico di Pisa, ideatore insieme a Fabio Garbari, presidente della SBI (Società botanica italiana), del concorso che ha eletto venti piante simbolo per ciascuna delle nostre regioni. L’iniziativa ha inteso sensibilizzare partecipanti e appassionati sulla necessità di conoscere e valorizzare l’immenso patrimonio della flora spontanea italiana, considerando che in Italia si contano 8195 specie e sottospecie native. Salvaguardare la biodiversità vegetale è una della tante battaglie necessarie se vogliamo preservare l’ambiente.

Etimologia:  Dal lat. saxifrăga (herba), dall’agg. saxifrăgus ‘che rompe i sassi’, comp. di saxum ‘sasso’ e del tema di frangĕre ‘rompere’, in quanto si attribuiva a questa pianta la proprietà di frantumare i calcoli renali  •sec. XIV
Nomi comuni della Sassifraga: Sassifraga bianca, Sassifragia, Spezzapètri
Nome scientifico: Saxifraga granulata L.
Botanici che l’hanno classificata e studiata: Linneo e Adrian Hardy Haworth
Parti utilizzate della Sassifraga: radice, fiori, foglie fresche
Elementi estratti dalla pianta: vitamina C
Altre piante nella famiglia delle Sassifragacee: Ribes rosso, Uva spina

A proposito di erbe e oli essenziali. In Italia si realizzano diversi prodotti di alta qualità. Segnalo due oli balsamici senza oli minerali né coloranti. Quello di Bottega Verde, a maggiore densità, realizzato dalla distillazione di 99 erbe alpine, e l’altro di Naturetica, con 31 essenze. Non sanificano – termine che in queste settimane abbiamo purtroppo imparato a frequentare (vaporizzare essenze non equivale a una sanificazione) – ma igienizzano e migliorano in modo naturale la qualità dell’aria nell’ambiente in cui soggiorniamo. Sono ottimi per dare immediato sollievo alle vie respiratorie e per trattamenti tonificanti, ad esempio se aggiunti all’acqua calda del bagno.  


Con le parole di Mario Rigoni Stern, dalla raccolta Amore di confine, quarantaquattro racconti. Nel racconto Il vino della vita narra di un libraio trentino dal quale comprò diverse edizioni tascabili che portò con sé nello zaino durante la spedizione in Russia. In questo passo vi è l’omaggio a Cima Portule, una delle montagne preferite dallo scrittore.


 
Citato in Sergio Frigo, I luoghi di Mario Rigoni Stern, Mazzanti Libri, 2015, pp. 75-76





* Di Claudia Ciardi per la rubrica «Arboreto salvatico»

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