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13 giugno 2022

Wunderkammer

 



Fate di un museo un reame somigliante a una Wunderkammer e io me ne innamorerò perdutamente. Alla fin fine l’idea di collezionare e conservare è nata in questi luoghi eccentrici, quindi il fatto di riportare qualcosa dalle stanze della meraviglia alle nostre ordinate sale non sarebbe poi così illogico. La passata attitudine a riunire oggetti secondo simbologie estetiche, richiami misterici, puro desiderio di ricerca, in un dialogo serrato fra suggestione magica e inclinazione scientifica, è peraltro di un’attualità stupefacente.
Nel riflettere una caratteristica innata dell’essere umano, vale a dire la curiosità e la voglia di compenetrare ogni ambito del sapere, di cui l’accumulazione degli oggetti è un segno tangibile proprio perché non si esaurisce né soddisfa mai completamente se stessa, la Wunderkammer sembrerebbe oggi riportare in auge il suo messaggio. Tanto più che di uno sguardo meravigliato sulle cose abbiamo davvero un bisogno vitale.
Tessere trame fra culture e immaginari diversi può consegnarci chiavi di lettura inedite. E ancora, può liberarci da una mentalità selettiva e iper specialistica che non raramente ci ha relegati in meccanismi autoreferenziali, dai quali finiamo per guardare con sospetto ogni avvicinamento tra zone del sapere considerate discontinue in modo aprioristico.
Il documentario di Francesco Invernizzi ricostruisce il sentimento della meraviglia nello spazio e nel tempo, e ci offre un filmato che appare come una dimora fatata dove si snodano percorsi quasi impossibili fra antico e moderno. E in una storia ai limiti del possibile (e del pensabile), come avviene ad ogni ingresso che ci si appresta a varcare, non poteva non aspettarci un’epigrafe: «Tutto ciò che è ignoto si immagina pieno di meraviglie» (Tacito). Che bello, la voce di uno storico romano – e non uno a caso, perché Tacito in quanto autore della Germania si era soffermato proprio su quel mondo nordico le cui immaginazioni sono alla base delle meravigliose stanze qui aperte. Una storia che mischia fantasia e visione politica e che irradia dal centro Europa fra XVI e XVII secolo.
Moda, ricerca, fasto, affermazione di potenza; ricordiamo che le Wunderkammern più opulente erano appannaggio dei ceti più che aristocratici, dei reali addirittura. In Italia fra le maggiormente sfarzose si ricordano quelle realizzate dai Medici, collezionisti che non è esagerato definire compulsivi. Poi, sempre in zona podio per estensione e ricchezza, ci sono le collezioni di Alberto di Baviera, di Rodolfo e Ferdinando d’Asburgo, quest
ultima ancora oggi visitabile a Vienna.
Un luogo di piacere che prepara la mente a incontri surreali, con le proprie ombre e le scene d’inconfessabili sogni, quindi anche sede di malintesi e contraddizioni. La mescolanza come vera ratio, come chiave di lettura adattabile, soggetta a continua metamorfosi. L’accostamento fra oggetti di vario tipo, naturali, archeologici, esotici, inventati dà origine a narrazioni del tutto fuori dai canoni, che permette di gettare lo sguardo su mondi altri e lontani, superando il filone unico e limitato del collezionismo di reliquie predominante nel Medioevo. Si tratta anche di un lungo racconto affidato a una fitta selva di cataloghi, perché in moltissimi casi le stanze originali sono andate perdute e l’unico modo per recuperarne una presenza storica è tuffarsi in queste mirabolanti pubblicazioni, fatte di tavole minuziose, disegni raffinati, evocazioni di atmosfere fuggevoli ed effimere presenze.
In questo affascinante resoconto le voci di eccentrici appassionati, moderni realizzatori di Wunderkammern, si alternano a quelle dei curatori museali (dal Mudec al Poldi Pezzoli di Milano, alla Tate Modern di Londra). In aggiunta, mi piace menzionare anche la GAM di Torino, la cui nuova direzione ha rivoluzionato tutto e cambiato gli allestimenti, valorizzando gli splendidi depositi relegati nei magazzini. Il frutto è una sala di mostre temporanee, battezzata in modo emblematico Wunderkammer, che dà spazio a ciò che altrimenti resterebbe confinato nelle segrete. Un
idea espositiva che attinge a un preciso concetto darte: fare largo alla bellezza senza porsi limiti, osare, creare nessi fra cose dimenticate alla vista.
Spunti, temi, diramazioni, deviazioni che scaturiscono da un elemento congenito all’umano, qual è il desiderio di conoscere. Dunque, musei dell’insolito. O non è forse l’insolito a costituire la vera ossatura di un museo? In effetti, non vi è ordine che prima non sia passato per un magnifico disordine, non c’è bellezza che non sia il frutto di un’affollata ricerca tra armonie dissonanti. Le Wunderkammern rovesciano continuamente il gioco dell’arte, spingono le regole fino a farle stridere… ma alla fantasia nulla è proibito.
Meraviglia, performatività, collasso, incredulità e contraddizione, sono questi i punti cardinali in cui nei secoli si sono creati tali ambienti
così nella sintesi di Andrea Lissoni, curatore alla Tate Gallery di Londra. E non sono forse le nostre stesse collezioni digitali, costruite sull’assemblaggio di immagini, una sorta di Wunderkammer ispirata dai cortocircuiti che ci mette davanti la navigazione in rete? Un gioco inesauribile, a quanto sembra, perché sta tutto dentro la mente umana e lì si rigenera, traendo nuova linfa, in base ai tempi e alle mode.   


(Di Claudia Ciardi)

 


Francesco Invernizzi, Wunderkammer - Le stanze della meraviglia
Magnitudo film, 2017
Durata 83 minuti









La stanza delle meraviglie - Palermo




Arte sommersa - Dalla mia bacheca
«Vissi darte»
 
 

21 novembre 2019

Le nubi nei taccuini di Turner


Nel panorama della pittura romantica incline a catturare bufere, nuvole e luci, fra quelli che più si son contesi la scena troviamo John Constable, sublime invasato dei cieli, e William Turner, ritrattista altrettanto compulsivo di atmosfere e contrasti accesi dai grandi fenomeni naturali. Affascinati dalla mutevolezza cromatica dei paesaggi – per Turner è soprattutto un confronto tra mare e cielo – entrambi inseguono letteralmente ogni scarica e cambio tonale, graffiando con ansia febbrile i loro taccuini, pagina su pagina per fermare l’impressione, singolare arte divinatoria che precorre di mezzo secolo, forse più, le sorti della pittura.     
Sfidare la tempesta non era cosa eccezionale per gli artisti e i poeti romantici, rischiare la vita e arrivare anche a perderla pur di osservare da vicino la sconcertante potenza degli elementi naturali. Si direbbe il bisogno fisico di calarsi in qualcosa di grandioso, sentire su di sé il soffio dei Titani, immergersi per vedere oltre il limite umanamente consentito, accettando l’incognita di non riemergere. Son finiti così Giovanni Carnovali, morto annegato nel Po mentre cercava luoghi nascosti da dipingere, Ippolito Caffi, che voleva documentare il mare sconvolto dalla guerra durante la battaglia di Lissa, anime romantiche sebbene anagraficamente già tardo ottocentesche, e Shelley, che fece naufragio a largo della Versilia.
I taccuini di Turner, custoditi sopra le sale della collezione esposta alla Tate, testimoniano la sua attività dal 1790 – qui si tratta di schizzi più scolastici – al 1840, via via che il suo estro fa spazio alle pure visioni luminose poi fissate compiutamente su tela. È impressa su questi fogli la volontà di imbrigliare l’attimo, cogliere la transitorietà del mondo sospeso sull’orlo di un’ardua rivelazione. Ombre foscoliane, vibrazioni attinte al “nevoso aere”, miraggi di tregua nella burrasca, luce in rivolta, pulsazione sismica dei cieli. Tutto si concentra e si affila sul pennino, l’inedito flusso di forme e colori crea vortici immensi e rapidissimi. Sfogliare i suoi sketchbook significa fare esperienza di questo invasamento d’artista verso ciò che non si può interamente contenere né fissare. Lo studio dei cieli getta un influsso visionario pure sulle architetture come si vede nella resa di un arco gotico, bianco su bianco, pietra dilavata dalla luce.   
Le nubi in quanto soggetto, l’immateriale che diviene materia creativa, si raccolgono intorno a un pendolo dotato di moto perpetuo nella storia dell’arte, caleidoscopio del pensiero, specchio di visioni. Al centro di numerose mostre pittoriche e fotografiche – non è da ignorare che alcuni grandi nomi della fotografia si siano cimentati proprio nel ritratto delle nubi – ricordiamo la grande esposizione al Museo Leopold di Vienna nel 2013, “Wolken. Welt des Flüchtigen” (Nuvole. Mondi fluttuanti), celebrativa di duecento anni di poesia atmosferica, e “La teoria della nuvola”, rassegna di scatti d’autore promossa nel 2016 dalla galleria Marcolini di Forlì, luogo di estetiche raffinate.
Dai nembi statuari del Mantegna alle vaporose e serafiche nuvole settecentesche alla Tiepolo, il romanticismo sconvolge stili e certezze cromatiche, suonando altri tamburi di guerra. Le nubi riempiono gli orizzonti dell’arte come nuove dee cui guardare, simbolo di una devozione assoluta per la natura, sfidata in quanto venerata dall’uomo. Necessità di recuperare una dimensione spirituale da opporre alla deriva materialista configurata dalle conseguenze dell’illuminismo ma anche presentita nella nascente industrializzazione. A questi stessi semi divini guardarono l’impressionismo e il naturalismo sbocciato alla Scuola di Barbizon. Da simbolo biblico – la nube dimora di Dio, avvolto in un insondabile mistero – a centro radiante di un’altra metafisica, una religione dell’umano, diversa eppure complementare. Nei taccuini di Turner e negli schizzi per certi versi gemelli di Constable si scorge l’iniziazione moderna alla sacralità della nuvola, appendice spirituale, organo di una più acuta percezione attraverso cui l’essere umano tenta di scandire la sua assonanza con l’universo.



* Immagini nel corpo del post tratte dai taccuini di Turner:

1. Onda che si infrange sulla spiaggia, 1830
2. Interno di una cattedrale, 1819
 


Turner - Taccuini - Nuvole I 
  


Turner - Taccuini - Nuvole II



Turner - Taccuini - Nuvole III



Turner - Taccuini - Nuvole di tempesta sul mare


Constable - Quaderno di studi sulle nuvole

















 


 Luigi Ghirri - Nuvole ©



Foto di Claudia Ciardi 
© 
Cieli di novembre alla Turner
(serie) 












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