La
casa editrice Via del Vento raccoglie e traduce per la prima volta in Italia i
resoconti delle sedute spiritiche cui Thomas Mann assistette tra la fine del
1922 e l’inizio del ’23. In una Germania assediata dai fantasmi della sconfitta
nella prima guerra mondiale e scossa sempre più violentemente dall’incubo
dell’inflazione, l’occultismo trovò terreno fertile.
Mann decide di partecipare in veste di dotto osservatore, affascinato dall’idea
del paranormale. Scettico e perfino maldisposto sulle prime – il timore di
prendere parte a un mero esercizio di ciarlataneria gli guasta da subito
l’umore – resta invece colpito dalle abilità del giovane medium, talentuoso
praticante della telecinesi.
Al
di là dei dettagli tecnici i resoconti sono un chiaro ritratto delle
emozioni provate dallo scrittore davanti a quest’insolita esperienza. Oltre a rappresentarci
fedelmente la singolarissima atmosfera che si respirava dal barone
Schrenck, animatore delle serate. Una Monaco promiscua dal punto di vista umano
e sociale ne affollava la biblioteca in attesa che il medium si
esibisse. Pittori, psicologi, professori universitari, musicisti, attenendosi
al regolamento dettato dal padrone di casa, s’immergevano nel buio della sala e
per un paio d’ore seguivano i bizzarri prodigi che prendevano corpo sotto i
loro occhi.
Non di queste sedute ma degli esperimenti, tenuti sempre in casa del barone,
dalla sedicente Eva Carrière, alias Marthe Béraud, esiste peraltro una vasta
documentazione fotografica. L’usanza di scattare istantanee di tali eventi era
piuttosto diffusa. La Bértaud aveva precedentemente operato ad Algeri in casa
del generale Noël, dove avrebbe evocato il fantasma del sacerdote egizio
Bien-Boa, con tanto di paramenti sacri e folta barba nera, episodio anche questo documentato da foto. Il tutto si sarebbe poi rivelato una clamorosa montatura,
per ammissione della stessa autrice.
È
in un simile contesto che Mann, evidentemente trascinato da simili racconti,
decide di avvicinarsi, pur con i tanti scrupoli del caso, alle serate del
barone. Le prose qui tradotte, cui si aggiunge l’interessantissimo affresco
dedicato alla penisola di Nida, luogo incline al surrealismo, a quella stessa
liminalità occulta che si coglie nei resoconti e che infiltra le narrazioni
maggiori dello scrittore premio Nobel, hanno dunque un alto valore documentale
e testimoniano l’eclettismo della sua vena.
From the book:
«Seguirono
gli spasmi del risveglio. Si riaccese la luce bianca. Willi giacque ancora per
un po’ accovacciato sul braccio di uno dei controllori. Mi avvicinai, gli
picchiai sulla spalla e gli espressi la mia soddisfazione, al che restando muto mi
rivolse uno sguardo assonnato e un sorriso tra il bonario e il malinconico.
L’insieme rispondeva quasi a una fisionomia da imbroglione.
Nei
fatti ogni pensiero di frode nel senso consueto e furbastro della parola si
prospettava assurdo. Dietro l’atto di afferrare, scuotere e gettar via la
campana non c’era verosimilmente nessuno. Non avrebbe potuto compierlo Willi,
perché le sue estremità erano trattenute e del resto se ne stava abbandonato
nel suo sonno ipnotico a un metro e mezzo di distanza. Chi o che cosa sollevò
il fazzoletto, deformandolo dall’interno? Io non lo so, eppure l’ho visto, come
tutti, con i miei occhi al riparo da
condizionamenti, i quali allo stesso modo erano disposti a non vedere nulla,
qualora non ci fosse stato nulla da vedere».
(Di Claudia Ciardi)
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La recensione di Amedeo Anelli su «Il Cittadino», quotidiano di Lodi.
Sulla rivista «Incroci» n. 34 (dicembre 2016), i versi inediti del giovane poeta tedesco Alfred Lichtenstein morto nella Grande Guerra. Con un saggio di accompagnamento: Un poeta costretto a essere soldato (a cura di Claudia Ciardi).