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19 settembre 2012

Jene Spaziergänge am Grunewald

Quelle passeggiate nel Grunewald


Walter Leistikow - Solitary woods

October 19, 1900
    Max Planck, in his house at Grunewald, on the outskirts of Berlin, discovers the law of black body emission (Planck’s law).

In:

Understanding the Present:
An Alternative History of Science
,
Bryan Appleyard
Tauris Parke Paperbacks, 2004

pages 151-153

«In definitiva, l’energia assorbita o emessa dagli oscillatori è elettromagnetica, ovvero luce. Quindi, l’ipotesi di Planck, se presa alla lettera, implicava che la luce stessa fosse quantizzata, cioè esistesse solo in unità discrete. Inizialmente Planck pensò che questa sua ipotesi fosse un artificio puramente matematico che facilitava i calcoli, destinata a essere abbandonata successivamente. Il fisico inglese James Jeans era dello stesso avviso e suggerì che h dovesse tendere a zero in qualche punto del calcolo, ristabilendo quindi un pieno accordo con la fisica classica. Ma non si riuscì a eliminare la costante di Planck. Il vaso di Pandora della meccanica quantistica era stato aperto, e non fu possibile ricacciare dentro l’ordinato recinto della fisica del XIX secolo tutto ciò che di ‘spiacevole’ seguiva dall’analisi di Planck. La ‘scatola piena di luce’ di Herschel era in evidente disordine. Da questo dilemma nacque il nuovo quanto di luce. Le enormi implicazioni della semplice ipotesi di Planck furono immediatamente evidenti solo a pochi fisici suoi contemporanei. Da quel momento, il particolare tipo di energia chiamato luce sarebbe stato quantizzato.
Con questa sola ipotesi, Planck fu in grado di ottenere una formula matematica che si adattava piuttosto bene ai dati che aveva sotto mano. Inoltre, per verificare la sua teoria, invitò Rubens a prendere il tè a casa sua, fuori Berlino. Egli portò con sé i risultati delle sue recenti misurazioni e Planck ricambiò con la sua nuova formula per la distribuzione della radiazione del corpo nero. Per la prima volta la teoria era in pieno accordo con l’esperimento. Tutto il successo derivava dalla sua bizzarra ipotesi sul moto discreto di un pendolo.
Planck deve aver intuito il profondo significato di questo momento, perché nell’impeto del successo portò il suo adorato figlio Erwin a fare una lunga e memorabile camminata nella foresta di Grunewald, fuori Berlino. Erwin, che allora aveva solo sette anni, sapeva del prolungato impegno di suo padre per l’analisi della luce. Mentre camminavano, lui si confidò dicendo al bambino di avere la sensazione che la sua fosse una scoperta rivoluzionaria, destinata ad avere la stessa importanza di quelle di Copernico e Newton. Queste erano parole coraggiose, profetiche, dette da un uomo onesto e prudente, un’eresia pronunciata a nessun altro che a suo figlio, e tuttavia essi avevano parlato apertamente. Le domande paradossali che la teoria di Planck sulla luce aveva insinuato nell’immaginazione umana continuano a riecheggiare un secolo dopo, nella forma della dualità onda-particella.»

[…]


«Berlino, all’inizio del secolo, era un luogo entusiasmante. Mentre Max Planck era impegnato presso l’Università nella elaborazione della teoria quantistica, non molto lontano, al vecchio Café des Westens, importanti scrittori, artisti e intellettuali si radunavano ogni sera per discutere su van Gogh, Nietzsche, Freud e per spargere i semi della rivoluzione. Il poeta Ernst Blass sentì la vita, in quegli anni, come «una coraggiosa lotta contro la crudeltà, l’inattività, la pigrizia e la meschinità del mondo incolto». Il materialismo del XIX secolo era attaccato da ogni parte. La teoria quantistica e la relatività stavano indebolendo le spiegazioni meccanicistiche, gli artisti erano scontenti per le limitazioni dell’arte accademica, e gli intellettuali stavano annunciando una rivoluzione contro culturale nel campo delle idee.
I nuovi atteggiamenti rifiutavano gli aridi meccanismi dell’era precedente, e desideravano sostituirli con una più vitale Lebensphilosophie, o filosofia della vita. La fisica, che non si sviluppò mai nell’isolamento culturale, condivideva lo spirito del tempo. Gustav Mie, professore di fisica, disse in un discorso del 1925: “È interessante osservare che anche la fisica, una disciplina rigorosamente limitata ai risultati degli esperimenti, si sta muovendo lungo sentieri che corrono perfettamente paralleli a quelli dei movimenti intellettuali in altre aree della vita moderna”.
Insieme con le rivoluzioni nella fisica si verificò una rivoluzione nelle consapevolezze, ma i venti del cambiamento non ebbero su tutti lo stesso effetto. Nel primo quarto del XX secolo si verificarono spesso lunghe dispute tra le voci della tradizione e quelle di una nuova vita, che si riflettono nella nostra cronistoria della luce. Planck, Einstein e Bohr lottarono per proteggere le basi tradizionali della scienza, mentre contemporaneamente favorivano le conoscenze rivoluzionarie sulla luce. Gli artisti e i pensatori spirituali del periodo, da un lato apprezzavano gli ottimi risultati della scienza, dall’altro criticavano la sua unilateralità e aspiravano a incarnare il sogno di Emerson, ovvero l’unione della scienza rigorosa con una visione poetica e spirituale.
A Parigi, Robert Delaunay traeva la sua pittura direttamente dal colore e dalla luce, giustapponendo forme di colore con solo un pizzico di realismo. Nel 1912, Klee tradusse un saggio di Delaunay, Sulla luce, per la rivista di arte e poesia espressionista «Der Sturm». Le parole di Delaunay in quel saggio avrebbero potuto essere di Klee o Kandinskij: “Finché l’arte è troppo servile verso gli oggetti, rimane descrizione, letteratura…” Piuttosto la luce stessa dovrebbe essere “considerata come un mezzo indipendente di rappresentazione”. »


[…]


«Il 15 febbraio 1944, durante il massiccio bombardamento aereo degli alleati su Berlino, fu rasa al suolo anche la città di Grunewald e con essa la casa di Planck. Tutte le sue lettere e i documenti conservati meticolosamente vennero distrutti nell’esplosione. Infine, più tardi, in quello stesso anno, il suo amato figlio Erwin, con il quale aveva fatto la solitaria passeggiata nella foresta di Grunewald nel primo momento entusiasmante della sua scoperta, venne arrestato dalla Gestapo per il ruolo avuto nel fallito attentato a Hitler. Suo padre mosse cielo e terra per salvargli la vita ma invano. Il dolore per la sua perdita fu tanto grande che quasi ne morì. Ma forse, come pensava von Baader, fuori dal buio l’energia può uscire di nuovo improvvisa e intensa come un fulmine».
Arthur Zajonc, Dalla candela ai quanti. La storia della luce nella filosofia, nell’arte, nella scienza, Red edizioni, 1999

pp. 238, 239, 251, 252, 254



Walter Leistikow - Grunewaldsee

Berlin-Grunewald
Geschichte

In den 1880er Jahren verkaufte der Preußische Staat nach persönlicher Intervention von Reichskanzler Otto von Bismarck 234 Hektar des Forstes Grunewald an ein Bankenkonsortium, das sich zum Ziel gesetzt hatte, nach dem Muster der überaus erfolgreichen Villenkolonien Alsen und Lichterfelde ein noch aufwändiger angelegtes Wohnviertel zu errichten. Es entstand die spätere “Millionärskolonie Grunewald”. In diesem Zusammenhang wurde auch der Kurfürstendamm ausgebaut und so entstand seit 1889 an seinem westlichen Ende ein neues nobles Wohnviertel, die Villenkolonie Grunewald.

Aufgrund baulicher Vorgaben waren große Grundstücke erforderlich, die nur zu einem geringen Teil bebaut sein durften. So entwickelte sich Grunewald zu einer der wohlhabendsten Wohngegenden Berlins, obwohl die Villen stilistisch sehr heterogen sind. Um 1870 wurden die künstlichen Seen innerhalb der zur Glazialen Rinne der Grunewaldseenkette Seen Hubertussee (vorher Torffenn), Herthasee (Rundes Fenn), Koenigssee (Langes Fenn) und Dianasee (Diebsloch) ausgehoben und über artesische Brunnen mit Wasser gefüllt. Sie wurden entlang des ehemals sumpfigen Geländes angelegt. Man erreichte damit gleichzeitig zwei Dinge: Zum einen beseitigte man damit Moorgebiete (Fenns), die man als Infektionsherde fürchtete, zum anderen legte man gleichzeitig Attraktionen für die potenziellen Bewohner an, da sich die Villen um die Seen gruppierten und die Seeufer sowie die Hangbereiche frei von jeder Bebauung blieben und zu privaten Garten- und Parkanlagen wurden. In großer Zahl wählten Unternehmer, Bankiers, Akademiker und Künstler, oft jüdischer Religion, das inzwischen attraktive Gelände zum Wohngebiet.

Bei der Eingemeindung nach Groß-Berlin 1920 wurden 6449 Einwohner in Berlin-Grunewald Landgemeinde und 507 Einwohner in Berlin-Grunewald Forstgutsbezirk gezählt.

Durch Bomben im Zweiten Weltkrieg gerissene Lücken wurden teilweise mit Nachkriegsvillen oder größeren Einfamilienhäusern gefüllt, teilweise aber auch mit profaner Mietarchitektur. Berlin-Grunewald ist bis heute das teuerste Viertel des Berliner Villenbogens, der sich im Südwesten der Stadt von Lichterfelde-West im Süden, über Dahlem und Grunewald bis nach Westend erstreckt.

Über den Bahnhof Grunewald besteht ein direkter Anschluss zur S-Bahn-Linie S7; von dort geht es in die Berliner Innenstadt bzw. stadtauswärts nach Potsdam.

Von diesem Bahnhof aus erfolgte während des Zweiten Weltkriegs seit Oktober 1941 die Deportation der Berliner Juden vorwiegend in östlich gelegene Konzentrations- und Vernichtungslager. Hieran erinnert seit 1998 das “Mahnmal Gleis 17”.
http://de.wikipedia.org/wiki/Berlin-Grunewald
La Foresta di Grunewald (o semplicemente Grunewald, "foresta verde") è, con i suoi 3.000 ettari di estensione, la maggiore foresta cittadina di Berlino.
Il Grunewald (appartenente per la maggior parte al quartiere omonimo) si estende lungo la riva orientale dell'Havel, nella zona occidentale di Berlino.
Lambisce, verso nord, la Fiera di Berlino (Messe Berlin) e la torre della radio (Berliner Funkturm).

L'ambiente naturale del Grunewald presenta un'estesa foresta, principalmente di conifere e betulacee. Varie aree sono protette (Naturschutzgebiet) ed interdette agli avventori, ospitando una variegata fauna, principalmente di anfibi ed uccelli).

Oltre al fiume Havel, che per i berlinesi rappresenta una vera e propria zona balneare, il Grunewald è contornato da vari laghi e stagni. Lungo il confine occidentale della foresta, collegati dal corso del torrente Fenngraben, vi sono lo Schlachtensee, il Krumme Lanke, il Grunewaldsee, e gli stagni di Riemeisterfenn e Hundekehlesee. Altri piccoli stagni interni alla foresta sono il Teufelsee, il Pechsee ed il Barssee.
Il Grunewald conta 2 isole sul fiume Havel: Schwanenwerder (unita tramite strada) e Lindwerder.

13 aprile 2012

Georg Heym - Ci invitarono i cortili


Georg Heym - Ci invitarono i cortili/ Die Höfe luden uns ein
Via del Vento edizioni (dicembre 2011)

Scheda/ card
Pagina facebook – Georg Heym, Ci invitarono i cortili




Una selezione di poesie del poeta tedesco Georg Heym, curata da Claudia Ciardi per Via del Vento edizioni

Descrizione/ About:
Plaquette di 36 pagine. Volume numero 45, pubblicato nella collana «Acquamarina»
ISBN 978-88-6226-056-5
4,00 €
Catalogo completo «Acquamarina»/ Full catalogue


Un assaggio / Vorgeschmack / Sample:


[Dopo la battaglia]

Nei campi fittamente stanno i corpi,
sul verde pendio, sui fiori, i loro giacigli.
Disperse le armi, le ruote di raggi prive
e ribaltati i ferrei affusti.

Da pozze fumigano fiati di sangue,
in nere e rosse coltri confondono il sentiero.
E schiuma il ventre dei cavalli morti
che all’alba le loro zampe stirano.

Nel gelo della brezza il lamento ancora agghiaccia
dei morenti, quando alle porte orientali
un bagliore smorto appare, un lume acerbo,
il lieve nastro dell’inattingibile aurora.

                                *  *  *
           
[I silenti]

A Ernst Balcke


Una vecchia barca, nel porto spento
a sera sulla catena oscilla.
Gli amanti sopiti dopo i baci.
Una pietra che a verdi sorgenti nel fondo riposa.

Lo smarrimento di Pizia simile al sonno
che gl’implacabili dèi dopo il banchetto prende.
La pallida candela che sfuma il morto.
Creste di nubi su una valle.

Di uno stolto il riso fatto pietra.
Le coppe impolverate dove ancor vaga l’aroma.
Violini spezzati nell’abbandono dei solai.
L’aria fiacca prima del temporale.

Una vela che all’orizzonte balena.
La fragranza della macchia che le api attira.
L’oro dell’autunno e le foglie incoronate e il tronco.
Il poeta, che sente la follia di chi non l’ama.

                                 *  *  *

[Col capo appuntito viene]

Col capo appuntito viene alto sopra i tetti
e i suoi chiari capelli trascina,
l’incantatore, quieto nelle stanze del cielo si leva
d’innumeri astri sui sentieri dai fiori intrecciati.

Giù tutti gli animali nella selva e tra gli sterpi
giaccion con le frange ben pettinate,
un coro lunare intonando. Ma i bambini
nei lettucci dentro le bianche camicette si fan gomitoli.

L’anima mia mare senza sponda
piano fluisce in lieve corrente.
Verde son io dentro di me e fuori mi sperdo
come un palloncino di vetro.

                                 *  *  *

[Ci invitarono i cortili]

Ci invitarono i cortili con le scarne braccia,
delle nostre animucce l’orlo sdrucito ghermirono.
E per notturni usci noi sgusciammo
verso il tempo stregato di morti giardini.

Dalle grondaie un’acqua scese di piombo,
nubi perenni livide volavano.
E sul rigore di laghi ghiacciati
in secchi germogli pendevan le rose.

Dell’autunno sui trascurati sentieri ci mettemmo
il nostro sguardo incrinarono biglie di vetro
che qualcuno ci offriva sulle dita appuntite
e i nostri pianti ci alzarono di splendore un fuoco.

Lievi svanimmo: nelle vitree stanze
riecheggiò la tristezza e il delicato vetro franse;
or su opalescenti nuvole sediamo senza tempo,
sogno crepuscolare di un fatuo volo di farfalle.

                             *  *  *

[I folli]

Pura è la luce sui nostri giorni,
pallido riverbero del sole.
Come fiori schiusi e nel lieto raggio
che s’inazzurra ci leviamo.

Sedevamo nel fondo di cupe stanze,
e sopra scorreva con le sue nuvolette la vita,
e noi dei tetri cieli sempre in ascolto
dintorno ai nostri sepolcri nell’assonnata landa.

Qualcuno ci ha chiamato, aspettar non potevamo,
le nostre piste a lungo eran state opache.
E i giorni erranti, quelli brevi e quelli duri,
ineffabile il nostro andare avevan reso.

Dietro di noi ancora un suono va e un fragor sordo
come un mondo in acque ferme annegato.
Talvolta le spalle giriamo, intenti,
se un grido come una pietra nella nostra quiete cade.
Ché allegri siamo e di bei panni avvolti,
nella selva campestre cantando sediamo.
Per le nostre contrade avanzar non può
chi ancor con le mani lo steccato arpiona.

Non mancherà molto che alberi saremo,
quali nel mattino del tempo eravamo,
calmi come sogni dormienti nella terra scura,
e nessuno che le nostre vene tocchi.

traduzione / Übersetzung: Claudia Ciardi


Altri link/ other thematic links:
Sito della casa editrice - Via del Vento official site

Wikipedia

Corriere della Sera/ 17-02-2012

Sololibri.net/ card

Sagarana - Dopo la battaglia/ Nach der Schlacht

Musicaos.it di Luciano Pagano 

Andrea Brancolini per Via del Vento/ Lankelot.eu, aprile 2012
E su Words Social Forum 

Su Lazionauta/ Piccoli comuni e piccola editoria

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