Un’opera
che ci accompagna in un viaggio insolito attraverso la Val di Susa, con
incursioni per nulla marginali ai fini del quadro storico complessivo nella
valle del Tanaro, in Liguria e Lunigiana. Un racconto affascinante che coniuga
la divulgazione scientifica, sorretta dai tanti dati archeologici che si
susseguono in queste pagine, censiti con meticolosa pazienza dai due autori,
con uno sguardo che potremmo definire poetico e insieme tenace. Perché la
Val di Susa è stata nell’ultimo ventennio un territorio conteso, con scontri
anche recenti tra i suoi abitanti e chi si è ostinato nel taglio delle
montagne, per un’infrastruttura di dubbia utilità, ormai considerata tale anche
da alcuni sostenitori della prima ora. Territorio di lotta e resistenza, situazione
che ha esposto l’enorme patrimonio culturale che possiede a pericoli e
danneggiamenti, oltre a fare i conti con la consueta dose di incuria di cui
purtroppo già soffrono i beni nazionali. Dunque, luogo costretto a vivere negli
ultimi tempi una condizione di fragilità, ma non fragile, anzi, capace semmai
di raccogliere la sfida e rialzarsi con ostinazione.
Giacomo
Pignone e Pier Paolo Strona compilano un manuale che attira il lettore in una
dimensione lontana nello spazio e nel tempo, fatta di culti della terra,
celebrazione rituale del passaggio dall’inverno alla primavera, libagioni e
sacrifici – nel mondo antico andava così –
in siti il cui raggiungimento era tutt’altro che facile, per non dire
che si trattava di posizioni in molti casi decisamente impervie; la sommità di
una montagna, la roccia che bordeggiava un dirupo.
Segni
di un’umanità, e della sua religiosità, che è difficile cogliere ancora e men
che meno ricostruire nel dettaglio. Lo ripetono più volte le nostre due guide,
che non si sbilanciano di fronte a dubbie interpretazioni e attribuzioni. Ci si
aggira infatti tra il neolitico e la prima età del ferro, un lasso temporale
esteso per il quale non abbiamo fonti scritte e dove quel che osserviamo, nel
tentativo di decifrarlo, ha risentito di molti passaggi. Colpisce in questa
narrazione il continuum di un sentimento del sacro che è venuto depositandosi e
sovrapponendosi su queste terre, anche nei suoi risvolti più violenti, quando
il cristianesimo volle epurare le ultime tracce cultuali pagane, difese come
fattore identitario – ancora resistenza! –
ed etnico dai valligiani.
Paesaggio
e storia qui hanno dialogato sempre, come altrove del resto. Ma queste
montagne, con il loro arcaismo magico, parlano forse ancor più che altrove una
straordinaria lingua spirituale, che non lascia indifferente chi le attraversa.
Non è un caso che i due autori inizino il loro percorso sotto gli auspici di
Giuditta Dembech, scrittrice e giornalista, che con il suo Musinè magico ha firmato un importante resoconto storico e
letterario in Val di Susa, prima poetica ricognizione dei reperti di un luogo
oggetto di tante leggende e fantasiose stranezze. Il libro della Dembech,
pubblicato da Piemonte in Bancarella, un’altra piccola editrice piemontese
raffinata e di qualità, scorre di continuo tra le righe di questo volume. E
anche in ciò si percepisce l’attaccamento dei due studiosi nei confronti del
territorio e di tutti coloro che con umile ostinazione hanno contribuito a
salvarne una memoria.
Aggirandoci
così tra i reperti meno noti di cui è disseminata la Val di Susa, dal neolitico
al dominio dei re liguri, dai romani all’arrivo di franchi e longobardi, grazie
anche al denso apparato fotografico a colori e in bianco e nero, si tocca
dunque, lo abbiamo detto, una stratificazione culturale millenaria, nutrita di
una sacralità che trovava nel paesaggio e nel rapporto con i cicli della natura
la sua principale fonte d’ispirazione.
Si
accenna anche alle straordinarie statue stele della Lunigiana (custodite al
castello di Pontremoli, luogo già di per sé incantato), espressione di una
cultura arcaica ligure similare, in questo caso apuana e celtica, a seguito
della penetrazione di questo elemento, che da qui, passando per le Alpi
marittime, Cozie e Graie, si estendeva fino alla Valle d’Aosta. Una narrazione
che onora degnamente l’origine del nome Piemonte (ai piedi del monte), avvicinandoci
a una ritualità in cui le montagne vegliano e benedicono il gesto umano.
L’esplorazione di dolmen, menhir, altari, coppelle, totem, macine diviene una
fitta trama di rimandi incrociati che ci racconta con voce sommessa di quella
lunga, e per certi versi ancora misteriosa, stagione culturale che fu il
megalitismo, dall’Europa al nord Africa. Si pensi agli ottomila nuraghi della
Sardegna, e a quanto la caratteristica isolana di una tale singolarissima
manifestazione bussi al nostro immaginario con fascino mai tramontato. Da
simili agglomerati, sorti fra il 2000 e il 1000 a.C., si giunge alla
dominazione romana, nel tentativo di decifrare, col passare del tempo,
adattamenti e modifiche circa la loro funzione. Emblematico il caso delle
macine: utensili legati solo alla produzione locale oppure in qualche caso
anche elementi rituali? Dei tanti usi e riusi delle macine si ha peraltro
testimonianza in posti assai lontani e diversi. Ad esempio, sull’isola di
Capraia la penuria di materiali ha fatto in modo che le macine servissero da
copertura stradale – e sebbene manchi uno studio organico al riguardo, sembra
che alcuni resti litici dell’entroterra siano riconducibili proprio alla
fioritura megalitica; dalla montagna alle isole il filo di una civiltà longeva
e tenace pare dunque dipanarsi attraverso i secoli.
Scorrono
qui sotto i nostri occhi tanti centri radiali che hanno composto la storia
umana e, se vogliamo, l’orizzonte sentimentale della Val di Susa. Vaie,
Chiomonte, Avigliana, Colle Braida, Vernetta, Monte Ciabergia, Caprie, fino
alla Sacra di San Michele. Il ritratto dedicato al menhir del Musinè che
dialoga in lontananza col Monviso è una sintesi poetica di rara bellezza, quasi
due pietre sacre intente a parlarsi. E lo si può forse leggere come un’immagine
simbolica che in tutto riassume questo viaggio.
(Di
Claudia Ciardi)
Edizione recensita:
Giacomo
A. Pignone, Pier Paolo Strona,
Pietre sacre in Val di
Susa. Dolmen, coppelle, altari e menhir,
Neos
edizioni, 2016
Il menhir del Musinè
Parete di macine - Vaie - Stazione Rumiano
Via delle macine - Rione Saràcino - Isola di Capraia
Pietre sacre e graffiti in Valle d'Aosta - Forte di Bard (foto di Claudia Ciardi ©)
Statue stele della Lunigiana - Pontremoli - Castello del Piagnaro
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