August Sander im Siebengebirge um 1941
(Forse pensando a Caspar David Friedrich)
A partire dalla metà dell’Ottocento la fotografia acquista un ruolo sempre più importante, aiutando lo studio dell’uomo e delle sue abitudini. L’impiego di questo mezzo infatti, quasi per naturale predisposizione, si accompagna agli sviluppi della nascente antropologia, di cui le Società francese e tedesca erano allora le più autorevoli esponenti, dettando non a caso il metodo per la realizzazione del ritratto scientifico. All’inizio del XX secolo si assiste a un interessante mutamento della figura del fotografo antropologico che va svincolandosi dal suo compito di documentarista e inizia a coltivare in maniera autonoma alcuni aspetti più creativi insiti nel meccanismo di riproduzione delle immagini. La prima guerra mondiale è stata un banco di prova assolutamente peculiare anche per i fotografi. Non solo professionisti, incaricati di mappare il territorio o immortalare i reparti ma anche ufficiali che di loro spontanea iniziativa hanno portato con sé le apparecchiature per documentare l’esperienza in prima linea.
Nascono così, nell’affollato trentennio che unisce due guerre spaventose e le tragedie dei molti e dei singoli da esse generate, talenti come Edward Curtis, famoso per gli scatti dedicati agli indiani d’America, Roman Vishniac, russo di origini, fotografo della Germania del ’20 e dal 1935, su incarico di un ente umanitario ebraico, della vita nei ghetti, August Sander, ‘biografo’ delle diverse classi sociali tedesche a partire dalla fine dell’Ottocento e soprattutto celebre narratore delle tante ombre che assediavano i volti dei suoi connazionali nel periodo weimariano. Kodak, Brownie, Rolleiflex e Leica sono tra le prime macchine portatili che ci hanno raccontato il turbolento e drammatico passaggio dalla Belle Époque alla seconda guerra mondiale.
Roman Vishniac, People behind bars - Berlin Zoo, early 1930s ©
August Sander - Beggar (mendicante), 1926 ©
«Il mio primo incontro con la fotografia avvenne nel 1890, in un'epoca in cui il kitsch e la degradazione del gusto erano ancora al loro apogeo. Per me, come per tutti quelli che non ne avevano mai avuto, il primo apparecchio fotografico appariva come una scatola magica. […]
I primi negativi che stampai mi procurarono una gioia immensa, più stemperata per i miei familiari i quali trovarono che le rughe dei volti erano poco estetiche e creavano dei brutti effetti. Era come dire che la fotografia di un dilettante non ritoccata non poteva equivalere alle fotografie di pessimo gusto dei fotografi professionisti dell'epoca».
Queste riflessioni di August Sander (1876-1964) non solo esprimono tutto l’entusiasmo di un giovane ragazzo cresciuto nel bacino minerario di Herdorf (Siegerland), che trova proprio negli abitanti della borgata industriale i soggetti dei suoi primi scatti, ma tradiscono anche l’insoddisfazione per certe mode che rischiano di inchiodare la fotografia a vacui e inservibili clichés.
Sembra di riascoltare qui le parole che Roth affidò a un feuilleton del 1929 nel quale ragionava della maggiore empatia che si respirerebbe nelle vecchie fotografie in contrapposizione alla freddezza che assedia i ‘nuovi’ ritratti.
È dunque chiara, fin dall’inizio, in Sander la volontà di fare della fotografia una professione ma ancor più un’arte nella quale la ricerca di verità e poesia permettono di dipanare quel filo sottile di memorie che unisce le generazioni, contribuendo alla storia di un paese.
Nel tempo resterà fedele ai volti che ne avevano tenuto a battesimo gli esordi. La sua predilezione andrà alla strada, agli sguardi di accattoni, reduci, invalidi, disoccupati, girovaghi, artisti del circo, gente ai margini che volutamente ‘fa sfilare’ accanto a ordinati ritratti di borghesi e impeccabili divise. Un silenzioso dialogo, un accostamento perfino irriverente, agli occhi di molti, da cui traspare la devozione sincera di Sander per gli ultimi.
Dopo l’esperienza come fotografo militare nel reggimento di fanteria di stanza a Treviri (1897-1899), si impiega nello stabilimento fotografico Greif a Linz, dove il suo nome inizia a circolare fuori dalla ristretta cerchia della sua clientela. Questo gli permette di esporre con successo i suoi lavori, riuscendo a segnalarsi con la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Arti Decorative di Parigi. Nel 1910 si trasferisce a Colonia, da quel momento in poi sua città adottiva, inaugurandovi il proprio atelier.
Parlando della sua carriera e delle fonti di ispirazione dei soggetti via via rappresentati, come nel caso della raccolta Uomini del XX secolo, più volte Sander indugerà sull’infanzia e l’adolescenza, su quel microcosmo acerbo e arcaico che aveva contribuito alle sue prime impressioni sul mondo.
«Ma è nel mio paesetto del Westerwald che sono nati i personaggi della cartella. Queste persone delle quali io conoscevo le abitudini fin dall'infanzia mi sembravano, anche per il loro legame con la natura, designati apposta per incarnare la mia idea di archetipo. La prima pietra era così posta, e il tipo originale servì da referente per tutti quelli che ho trovato in seguito per illustrare nella loro molteplicità le qualità dell'universale umano».
La fedeltà alle origini intride tutta la sua poetica e comporta scelte non allineate col gusto estetico del tempo. I visi scavati dei suoi contadini, gli operai fiaccati da massacranti turni di lavoro, i suoi storpi e acrobati non hanno nulla a che fare con i canoni della bellezza ariana propagandati dal regime. Sander ci mostra una Germania in bilico tra arretratezza e progresso, una nazione afflitta da fragilità mascherate da prove di forza ma perciò tanto più vera e commovente, molto più disponibile a raccontare se stessa nei suoi primi piani di quanto non lo fosse sui cartelloni pubblicitari e nelle martellanti campagne d’immagine pianificate dal potere.
(Di Claudia Ciardi)
August Sander - Circus Artists, 1926 ©
August Sander photographiert Deutsche Menschen Published in 1959 which includes 46 portraits with text, from the series "project Menschen des 20. Jahrhunderts (20th-century people) including a text about August Sanders himself. All in Dutch.
The magazine DU a Swiss publication was founded in 1941 and still running today.
The name August Sander (1867-1964) is famous for the extensive series of portraits from the project Menschen des 20. Jahrhunderts (20th-century people). With this extensive collection, Sander attempted to portray all walks of life in the first half of 20th-century Germany.
Source: DU MAGAZINE 225 | November 1959
During military service, August Sander was an assistant in a photographic studio in Trier; he then spent the following two years working in various studios elsewhere. By 1904 he had opened his own studio in Linz, Austria, where he met with success. He moved to a suburb of Cologne in 1909 and soon began to photograph the rural farmers nearby. Around three years later Sander abandoned his urban studio in favor of photographing in the field, finding subjects along the roads he traveled by bicycle.
"Man of the Twentieth Century" was Sander's monumental, lifelong photographic project to document the people of his native Westerwald, near Cologne. Stating that "[w]e know that people are formed by the light and air, by their inherited traits, and their actions. We can tell from appearance the work someone does or does not do; we can read in his face whether he is happy or troubled," Sander photographed subjects from all walks of life and created a typological catalogue of more than six hundred photographs of the German people. Although the Nazis banned the portraits in the 1930s because the subjects did not adhere to the ideal Aryan type, Sander continued to make photographs. After 1934 his work turned increasingly to nature and architectural studies.
Source: Getty.edu
August Sander - Circus Artist (portrait), 1926 ©
Bibliography:
August Sander: Photographs from the J. Paul Getty Museum
August Sander
Getty Publications, 2000
The long life of German photographer August Sander (1876-1964) spanned one of the most turbulent eras in his country's history. The Great War of 1914-1918, the Weimar Republic, the reign of National Socialism, and the horrors of World War II all left an indelible imprint on both the man and his work. Sander, a conventional studio portraitist who transformed himself into an avant-gardist, exemplified the complex and sometimes contradictory nature of his time.
The Photography of Crisis: The Photo Essays of Weimar Germany
Daniel H. Magilow
Penn State Press, 2012
The Photography of Crisis examines narrative photography and creates a snapshot of where Germany was after World War I and what it would become with the rise of National Socialism. By reading Weimar photo essays within their historical and literary context, Daniel Magilow shows how German photographers intervened in modernity's key political and philosophical debates regarding the changing notions of nature, culture, personal identity, and national identity.
August Sander. Uomini del ventesimo secolo
August Sander, Alfred Döblin
Abscondita, 2012
Il volume, che contiene anche un saggio di Alfred Döblin, raccoglie sessanta ritratti in bianco e nero scattati da Sander tra il 1905 e il 1929.
Links:
Moma Collection
Extensive Sander's photo gallery on Amber online
August Sander – Portfolio
Nessun commento:
Posta un commento