«Sotto
il microscopio ho scoperto che i fiocchi di neve sono miracoli di bellezza;
sembrava un peccato che questa bellezza non dovesse essere vista e apprezzata
dagli altri. Ogni cristallo è un capolavoro di design e nessuno è mai uguale
all’altro. Quando un fiocco di neve si scioglie la bellezza è perduta per
sempre». Così Wilson A. Bentley (1865-1931), pioniere della fotomicrografia in
un genere davvero insolito ed estremamente effimero, quello dei cristalli di
neve. Fragilissime architetture che sfuggono a occhio nudo di fronte alla cui
perfezione si resta attoniti, quasi sconcertati. Indizi di una vita miracolosa che
popola una realtà nascosta, preclusa allo stato normale dei sensi, e che sa di
trascendenza. Figlio di contadini del Vermont, nativo di Jericho dove visse
sempre, Bentley era un adolescente curioso dall’intelligenza brillante. Per quanto
la sua provenienza sociale e i mezzi limitati della famiglia gli impedissero una
formazione accademica, mostrò da subito un’innata passione per gli studi
scientifici, in particolare i fenomeni atmosferici legati all’acqua. Quindicenne, fece tesoro del microscopio che gli regalò la madre. Dapprima tentò di riprodurre la struttura dei cristalli
disegnandola, ma la resa manuale necessitava di tempi abbastanza lunghi che mal
si adattavano al soggetto. Dopo svariati esperimenti fallimentari riuscì a
collegare con successo una macchina fotografica a soffietto al microscopio e,
appena ventenne, realizzò il primo scatto. Era il 15 gennaio 1885 e si può immaginare
l’emozione di questo giovane nel vedere finalmente compensati i suoi tanti
sforzi. Da allora tale genere innovativo di fotografia lo assorbì sempre di
più, tanto da produrre un corpus di 5000 ritratti, di cui una metà vennero
pubblicati nel catalogo Snow crystals, uscito nel 1931, pochi giorni prima della
sua morte. Questo libro, al quale partecipò anche il meteorologo William J.
Humphreys, fu il coronamento del lavoro di una vita, quando già il nome di
Bentley era noto negli ambienti della fotografia e delle istituzioni
scientifiche. Nei lunghi anni di attività diversi periodici gli richiesero infatti
di scrivere articoli di divulgazione sulle sue ricerche e sulle tecniche di
realizzazione delle proprie immagini, raggiungendo l’apice del riconoscimento quando
il «National Geographic» gli offrì una collaborazione. I suoi lavori sono stati
acquisiti da college e università di tutto il mondo – la collezione più importante
si trova presso l’archivio dello Smithsonian Institution – e il volume che
costituisce il testamento della sua creatività è stato festeggiato da
innumerevoli ristampe.
Bentley
fece dell’osservazione elementare di un mondo all’apparenza insignificante, dello
studio del dettaglio, della poetica dell’effimero, un oggetto di culto,
qualcosa intorno a cui annodare i fili di una meravigliosa epifania. In
un’epoca che fa della frammentazione, dell’esercizio razionale esasperato,
dello specialismo orfano di visioni i suoi opprimenti vessilli, l’ostinata
esplorazione dell’invisibile condotta da Bentley suona come il richiamo a un
istinto di sopravvivenza. Non si tratta di dedurre in modo asettico e rigoroso le
sigle di una tavola periodica, piuttosto recuperare alla vista un’idea di
bellezza laddove non se ne sospettava l’esistenza, fissarla in noi, mostrarne
il prodigio perché possiamo riferirlo. Nel corso delle sue pazienti
osservazioni, Bentley si dedicò anche ad immortalare altri elementi transitori
e fuggevoli come il ghiaccio, la pioggia, le nubi e la nebbia. Fu il primo
statunitense a riprendere le gocce di acqua piovana e uno dei primi fisici
delle nuvole.
Se
come ci ricorda Leopardi nello Zibaldone «la natura è grande e la
ragione è piccola», il nostro cercatore autodidatta desidera offrirci l’intelligenza
sentimentale che anima tutte le cose, la segreta intelligenza dentro ogni corpo,
metterci in comunicazione con una fisiologia dell’essere secondo cui anche nel
più trascurabile particolare si manifesta una grazia rivelatrice, mostrarci gli
insospettabili legami che conducono all’armonia.
(Di
Claudia Ciardi)
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Alcuni dei cristalli di Bentley
Il primo cristallo fotografato nel 1885
* Due ritratti di Wilson A. Bentley mentre sta fotografando
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