Stemma di un vagabondaggio
Wappen einer Wanderung
A coat of arms for a pilgrimage
di/von Claudia Ciardi
Tribute to Gertrud Kolmar and Walter Benjamin
Collana curatori-autori - Gattili edizioni
Stemma di un vagabondaggio
Nella stanza c’è un aleph. So stabilirne con precisione il punto. È una mattonella sbiadita ai piedi del letto. Da lì s’intravede chi ci ha abitato e molti passi ancora risuonano su questi solai, a volte me li sento vibrare fin dentro le scarpe e non so se il mio cammino prosegue quello di un altro. Una tenda sanguigna guizza dal quadro di una finestra come un aquilone spezzato o una coda di lucertola. Davanti c’è sempre il fiume, gravido, gorgogliante intorno ai piloni, col suo odore pungente di melma che stropiccia senza sosta quei fianchi troppo stretti, il corpo di una bestia che scarta da tutte le parti per disarcionare il suo padrone. Onde torniscono le sue vertebre di bragia e la testa impagliata rotola nelle pieghe della corrente. Anni fa c’era qui un luna park che riempì un pomeriggio della mia adolescenza. L’argine potato somiglia a una cresta ispida dove gli insetti vagano confusi alla ricerca di vecchi steli. Lascia affiorare scheletri. Oggetti appartenuti a una quotidianità, forse neanche troppo lontana, si fanno sorprendere indecifrabili e desueti, mentre gli alberi si sfrondano insieme ai rumori della stazione rovesciati sull’erba incanutita e rada.
Il ghiaccio mi scricchiola sotto i piedi. Esco da questa specie di ghetto in cui sono entrata mio malgrado tre anni fa. Esco, ed è come se mi partorissero veramente adesso. Lungo il corridoio ancora addormentato, non una luce, non una presenza nel mattino stagnante. Un passo dopo l’altro fuori, per scardinare l’attesa, la folle pesantezza degli anni e il ferro con cui siamo stati marchiati, lo stesso che di nuovo ci spinge fuori. Il mio corpo è un centro di gravità, un palpito sulla curva invisibile in cui si decide lo stacco del funambolo. Al mio pallido involucro l’aria avvolge la sua lingua, è gelida, mi porta un canestro di spine davanti al viso, è tutto quello che sa offrire.
Mi credono un mendicante ma è pur vero che perfino gli dèi si son vestiti di stracci per provare la benevolenza della gente. Vita, non vedi che mi son fatta mendica per attaccarti il mio orecchio alle viscere?
E attraverso di nuovo la mia regione, dal mare all’interno. Quanto mi è costata questa ennesima discesa nel grembo che mi ha messo al mondo. In questa geografia si è decisa la mia vita e il mio esserci si è nutrito di questo ventre. Ma troppi sono ancora i momenti in cui non mi sento parte nulla e il distacco pende uguale a una corda che era una volta la carrucola di un pozzo. Ne abbiam fatto lo stemma di un vagabondaggio, dalle braccia e le fiamme ammutolite, che incoronano i soffitti della nostra piaga. Mentre l’ora scende sull’umida valva delle strade, il mio velo si squarcia insieme alle barbe del tempo che l’aria smuove sopra le crepe. Ho stinto la mia biacca ai bordi di questi fossati e uno strascico d’ossa mi premeva tra nidi d’ombra, dove i ragni tessono muti il fiato ubriaco dei lampioni.
Sito ufficiale/ Official site - Gattili
Antonio Pellegrino - Gattili edizioni su Google Books
Appendix
Stemma di Berlino / Wappen Berlins
Lo stemma cittadino ha la seguente descrizione araldica: «In un campo d'argento, un orso rampante nero, armato e linguato di rosso. In alto, una corona d'oro decorata con otto fioroni dello stesso metallo, di cui cinque in vista.»
L'origine dello stemma è sconosciuta, tuttavia si suppone che esso sia stato adottato in omaggio ad Alberto I di Brandeburgo (1100-1170).
Wappen der Stadt Berlin von 1920
(Entwurf von 1934)
Beschreibung des Wappens:
In
weißem Schild ein aufrecht, nach rechts schreitender schwarzer Bär mit
roter Zunge. Der Schild ist rot umrahmt und trägt eine stark stilisierte
rote fünftürmige Mauerkrone.
Geschichte des Wappen:
Mit
der Revolution von 1918 werden die Adler im Schild "überflüssig". Seit
1920 steht der Bär allein im Wappenschild, als Symbol der neuen
Stadtgemeinde. In diesem Jahr wurde aus 8 Städten, 59 Landgemeinden und
27 Gutsbezirken die neue Stadtgemeinde Berlin geschaffen. Der Wunsch den
neuen Bezirken eigene Wappen zu vergeben, blieb aber bis 1945
unerfüllt. 1934 unterbreitet Sigmund von Weech einen Entwurf für ein
neues Berliner Wappen. Dieses zeigt den Bären in weißem Feld mit roter
Schildumrahmung und roter Mauerkrone. Dieses Wappen wurde praktisch
unverändert bis 1990 von Ost-Berlin benutzt.