Una gorgone - Museo Paolo Orsi - Siracusa
Parlare dell’attuale crisi greca – non poi così attuale visto che si trascina da parecchi anni – istituendo un paragone col glorioso passato dell’Atene classica, in nome del quale i cittadini dovrebbero essere dispensati dai loro ingenti debiti, è secondo me rendere un cattivo servizio alla Grecia, oltre a rendere se stessi ridicoli. È un po’ come quando l’Italia cerca di ritrovare qualche barlume di autostima nella gloria dell’impero romano, in Dante o nell’arte michelangiolesca. Se per giunta a sostenere la similitudine è chi di queste cose ha scarsa consapevolezza, causa una sensibilità deficitaria, tutto suona ancora più improbabile. Insomma, almeno questi grandi teniamoli al riparo dalle tragiche baruffe del quotidiano, che con sconcertante puntualità ci imboccano di travisamenti.
La consapevolezza di una cultura e il suo uso in una narrazione identitaria sono processi leciti, anzi essenziali a quei leganti che sorreggono e alimentano le dinamiche di convivenza in una società. Non sono certo cose da demonizzare in sé. Secondo il sociologo e antropologo Émile Durkheim il ricordo e la sua celebrazione sarebbero una fonte e una condizione del sacro: «non vi può essere società che non abbia il bisogno di intrattenere e di rinvigorire a intervalli regolari, i sentimenti collettivi e le idee collettive che restituiscono la sua idea e la sua personalità».
Ciò implica pure che il manifestarsi di tali processi avvenga all’interno di un contesto in grado di rappresentarli. Vale a dire che la citazione del passato, svincolata dalla narrazione, è inefficace. Poniamo pure che nei greci il senso dell’eredità culturale sia ancora più radicato, più vivo per certi versi.
Però, affermazioni provenienti da persone adulte, che vantano perfino qualche velleità letteraria, di questo tenore, “i greci hanno avuto Anassagora, Democrito, Socrate, Platone, sono gli inventori della democrazia, dunque non paghino nulla”, mi lasciano perplessa. Che significato ha una frase del genere? A chi esprime solidarietà, ai greci di Pericle o agli elettori di Tsipras? Diverso sarebbe intervenire, provando a fare un ragionamento sullo scenario politico ed economico greco di adesso. Ma in tal caso ci vuole troppo tempo, bisogna aver masticato un po’ di Grecia degli ultimi anni, aver letto tanta stampa italiana e straniera, magari aver seguito l’ascesa politica di Tsipras da prima che vincesse le elezioni dello scorso gennaio.
Insomma, la strada diviene assai accidentata e per chi insegue le humanae litterae nel nuovo millennio è proprio un percorso sconsigliabile. Meglio mantenersi sull’astratto, così si dice tutto senza aver detto nulla. E viepiù si evitano polemiche con il genere dello scrittore contemporaneo, poco disponibile a osservare la propria incompetenza, ma subito pronto a dire agli altri che di certe cose, siccome non se ne sa nulla, è meglio tacere. Un curioso autodafé di beata ignoranza.
Le sviolinate di solidarietà alla Grecia in nome del prestigio nell’arte e nei saperi equivalgono al pacifismo in astratto che non aiuta i dibattiti e a volte rischia di essere anche più funesto di una dichiarazione di guerra: quella almeno si può abortire, mentre a non prendere posizione si rischia quasi sempre di essere complici del disastro.
Per quanto mi riguarda, il terzo pseudo salvataggio della Grecia lo vedo come una bufala colossale. Non mi pare che Tsipras abbia tradito nessuno. Ha semplicemente preso atto della posizione scomodissima in cui è venuto a trovarsi. Troppe pressioni. Se avesse rovesciato il tavolo, i creditori sarebbero saltati addosso ai greci con tutte le loro forze; e li avrebbero conciati molto, molto male. L’accordo è pessimo, ma ora i greci non sono formalmente attaccabili. Hanno firmato, con i soldi hanno saldato subito quel che c’era da saldare – va bene, i soldi il popolo non li ha visti, ma a dirla tutta non sono neppure soldi loro, questi che sono arrivati negli ultimi giorni. Quindi per ora, i greci non hanno perso. Anzi, semmai hanno guadagnato, tempo soprattutto.
Il Movimento Cinque Stelle ha sbagliato a criticare Tsipras dopo l’accordo, dando una lettura politica a mio avviso immatura. E se il Movimento aspira a una leadership vera, bisogna che impari a ragionare con più freddezza. D’accordo metterci il cuore, appassionarsi a un argomento, ma in politica bisogna saper aspettare. Gli attacchi frontali, la storia lo dimostra, finiscono sempre piuttosto male. Anche se si dispone del più largo consenso popolare.
Tornando a Tsipras, seguo il suo percorso da molto prima che divenisse leader di Syriza. Ho avuto modo di sondare anche quali atteggiamenti gli destinasse l’opinione pubblica tedesca, e prima ancora di quale considerazione godesse Samaras presso i tedeschi. Importante per la Germania era (è) ibernare la Grecia, provare a spengere l’incendio dopo che era stato appiccato. Adesso è tutto molto più difficile, anche se in apparenza l’iter riformista avvia l’Ellade verso la calma piatta della rassegnazione. Ma come disse anni fa Seraphim Fyntanidis, «i greci sono un popolo surreale». Nel bene e nel male.
Per concludere sullo scenario attuale, né Tsipras né Varoufakis si sono improvvisati politici. Il secondo, tacciato di incompetenza, ha un curriculum zeppo di esperienze di studio e insegnamento in America e Australia. Vero che la fama curriculare può nascondere anche meccanismi poco limpidi, che vanno dalla raccomandazione spicciola al favore politico, però gli americani non ti danno incarichi se non hai del talento, se non sono in qualche misura interessati alle tue teorie.
Del resto negli States, in materia economica, si stanno affermando correnti di pensiero meno allineate con certo mal riposto rigorismo, e anche all’interno del Fondo Monetario pare esserci maretta. Su diversi siti di stampa indipendente, potrete trovare molto materiale al riguardo. E si tratta di canali piuttosto accreditati.
Invece, sul versante delle Grecia antica, per chi è affezionato alla citazione colta, al parallelo con i nostri padri culturali, prima di lanciarsi in frasi a effetto destinate quasi sempre a ricadere su se stesse, consiglio la lettura di due bei saggi sui rapporti di scontro-incontro tra penisola greca e oriente.
Uno è un contributo di Antonio Battegazzore, uscito su «Sandalion» esattamente vent’anni fa, dove si esplora la dicotomia greci-barbari, l’altro è un articolo di Carmine Catenacci, pubblicato nei «Quaderni Urbinati» dove si parla dell’oriente degli antichi e dei moderni. Si scoprono cose assai interessanti. Le culture non sono il frutto di una autoctonia. Se anche i poteri si impegnano a favorire l’isolamento di un luogo ricorrendo a diverse strategie (muri, eserciti, guerre, massacri), la contaminazione avverrà comunque.
Fatta salva l’epopea delle guerre persiane, ricordiamoci che i rapporti tra la Grecia e gli orientali furono costanti e che ciò che noi celebriamo come cultura greca è il frutto di molti confronti, assimilazioni, mescolanze. Quelli stessi che noi definiamo ingegni ‘puri’ del mondo greco, non solo vantano origini anatoliche ma hanno anche speso lungo tempo in oriente. Alcuni esempi: Talete di Mileto, che viaggiò in Egitto, Pitagora di Samo, che a quanto pare in Egitto trovò conferma e spunti per le sue teorie matematiche, Erodoto di Alicarnasso che nelle sue Storie tradisce una passione costante per le culture estranee a quella greca, e perciò soprannominato già nell’antichità “filobarbaro”.
Son cose su cui avremo modo di tornare. Invito intanto a rileggere l’altra fondamentale monografia di Mario Bussagli, di cui ci siamo occupati recentemente, sulle contaminazioni tra oriente e occidente attestate nell’arte.
Quanto alle verità del giovane scrittore insoddisfatto, concluderei con una annotazione di Nanni Cagnone tratta dalle sue “formule di cortesia”: «Molti esponenti delle ultime generazioni sembrano affetti da falsa precocità: han subitaneo accesso a molte fonti, ma – difettando di tecnica, di non insegnati metodi – non sanno cosa farne. Non sanno ricordare, non sanno pazientare, non sanno che è difficile giungere a qualcosa. Lavorano ansiosamente, come chiunque abbia fretta. In accordo con la mediocracy contemporanea, sembrano destinati a presunzione e frivolezza. Il loro motto potrebbe essere: publish or perish».
(Di Claudia Ciardi)
Bibliography:
Antonio Battegazzore, La dicotomia greci-barbari nella Grecia classica: riflessioni su cause ed effetti di una visione etnocentrica, «Sandalion», vol. 18, 1995, pp. 5-34
Carmine Catenacci, L’oriente degli antichi e dei moderni. Guerre persiane in Erodoto e Guerra del Golfo nei media occidentali, «Quaderni Urbinati», vol. 58, n.1 (1998), pp. 173-195
Mario Bussagli, La via dell’arte tra oriente e occidente, «ArteDossier», Giunti, 1986
Nanni Cagnone, Formule di cortesia (dedicato a Giuseppe Pontiggia), «Il Verri», 2011, pp. 20-26