Inaugurata
poco prima del disastroso incendio che ha colpito la cattedrale francese, la
mostra di Palazzo Madama ha commosso e avvicinato molti visitatori. Le lunghe
code, soprattutto in quei primi giorni, quando più viva era l’impressione del
dramma che si è portato via un pezzo di Notre-Dame, della sua storia e della
storia delle generazioni che nei secoli si sono avvicendate all’ombra di quelle
pietre, testimoniava il bisogno di stringersi intorno ai resti del naufragio,
quasi a voler toccare con mano, per recuperarli e proteggerli, i frammenti di
una memoria da tener viva a tutti i costi.
Notre-Dame
è infatti divenuta il simbolo per eccellenza di quell’epoca delle cattedrali
cui guardiamo con ammirazione e perfino in preda a un certo disagio, per un
ideale di bellezza che pare irrecuperabile all’architettura contemporanea. Ed
ha anche ricoperto un ruolo centrale nell’immaginario ottocentesco grazie al
romanzo di Victor Hugo (1831) e agli interventi dell’architetto restauratore
Viollet-le-Duc, autore di due corposi dizionari ragionati sull’architettura e
gli arredi gotici (1867-1873), personalità evocate nell’allestimento torinese
attraverso un’ampia rassegna di documenti. L’Ottocento è il secolo che più ha
sentito l’esigenza di tornare sulle tracce del gotico, scorgendovi la via d’uscita
alle ingessature neoclassiche, un’aspirazione alla rottura dei canoni, uno
stile più consono a interpretare nell’arte il latente fermento politico che
segnerà il secolo, sempre oscillante fra rivoluzioni e restaurazioni. La forma
gotica nella sua eclettica rigenerazione moderna rappresentata dalle
architetture neogotiche, ha mostrato di serbare nel tempo il suo magnetismo, la
capacità di calamitare a sé quelle spore creative disperse, rimaste ai margini
dell’espressività, facendone il nuovo centro di un linguaggio trasversale dell’arte,
più adattabile e in maggiore sintonia coi rapidi cambiamenti allora in atto,
dalla politica all’economia, segnata dal rafforzarsi dell’industrializzazione.
Come scrive uno dei più profondi studiosi dell’arte medievale, Otto von Simson,
è stupefacente pensare a quanta distanza vi sia tra noi e i primi secoli del
millennio appena passato. La modernità scaturisce da una presa di distanza e
quindi da un sovvertimento profondo dei valori della società medievale. Eppure
«la cattedrale gotica, espressione di quell’ordine, esiste e svolge la sua
funzione; non è la rovina romantica di un passato ormai irrecuperabile, ma il
centro di quasi tutte le città europee, e persino, in imitazioni di dubbio
gusto, di molte città americane».
La
mostra di Palazzo Madama, dov’è presente una ricca e raffinata sezione del
gotico piemontese, insieme ad alcune collezioni coeve acquisite dai nobili locali,
è nata da uno scambio col museo di Cluny che conserva quattro teste di sculture
provenienti dai portali di Notre-Dame. Statue integre fino alla rivoluzione
francese, quindi mutilate a seguito dell’infuriare delle battaglie cittadine e
gettate in uno scantinato come materiale di scarto. Il loro
rinvenimento fortuito negli anni Settanta durante lavori di consolidamento delle fondazioni all’hotel Moreau ha dato il via all’attuale processo di recupero e
conservazione, temi verso cui si è perlatro registrata una crescente sensibilizzazione
dal dopoguerra in poi, in contrasto alle immagini di rovina e morte da tutto il
mondo. Tenere viva la memoria è una delle principali missioni dell’arte e dei
suoi fruitori. Ai fotogrammi di un filmato, suggestiva installazione
multimediale all’interno della rassegna, è affidata la lunga, avventurosa e
contrastata storia della cattedrale. A tre mesi esatti dall’incendio, riandando
con la mente a quella notte concitata in cui abbiamo visto arrendersi alle
fiamme la grande caratteristica guglia e il monumentale tetto millenario, sul
quale gli occhi di così tanti si sono posati, visitare questa mostra è un modo
per tenere viva l’attenzione, per condividere le sorti di questo incredibile
edificio ed essere vigili sulle scelte e i modi di ricostruirlo. Bisogna capire
origini e ragioni del gotico se vogliamo rivedere la cattedrale com’era.
Cominciare
da questa bella iniziativa di Palazzo Madama è un primo passo per avvicinarci a
quell’arte meravigliosa e all’idea di società da cui emerse. Alle sale gotiche
e rinascimentali si aggiunge la presenza di un fiabesco lapidario medievale con
gli antichi mosaici di Acqui ed esemplari ottimamente preservati di colonne
romaniche. Un’immersione totale nei caratteri mutevoli di un’epoca che
superandosi produsse una delle correnti artistiche più durevoli della storia.
(Di
Claudia Ciardi)
*Prese autorizzate dal personale della mostra
Martino
e il povero. Statua lignea. Scultore della Svevia (cerchia di Niklaus
Weckmann, 1500 circa).
*Si
narra che Martino, vescovo di Tours, nel 337 di stanza ad Amiens, si imbatté in
un mendicante e senza esitare tagliò il suo mantello con la spada, donandone
metà al povero.
(Sezione
del Gotico e Rinascimento di Palazzo Madama a Torino).
La danza dei folli - Pittore piemontese, metà del XV secolo
Una delle teste superstiti di Notre-Dame