«Una
vaporosa figurina boschiva», così Alida Airaghi in un memorabile incontro con
Chandra Livia Candiani, nella primavera del 1986, in Svizzera. Le due potesse
non si sarebbero più viste per venticinque anni, ma a riunirle ci ha pensato Giovanna
Rosadini, curatrice del volume della “bianca” Nuovi poeti italiani n. 6 (2012).
Nel ritratto della curatrice si legge: «Personalità schiva e appartata… è un
talento genuino e prolifico… leggerezza è il termine che la contraddistingue.
Ci sono, nella serenità e nello spirito compassionevole e lieve della poetessa,
una profonda sapienza e saggezza, nutrite di consapevolezza psicanalitica e
ricerca religioso-filosofica». I testi presenti nell’antologia einaudiana sono
tratti dalle raccolte Versi d’asino, Il sonno della casa, Bevendo
il tè con i morti e Pianissimo per non svegliarti.
Livia
Candiani, nata a Milano nel 1952 da una famiglia di origini russe, si è
convertita al buddhismo, soggiornando per molto tempo in India. Nella casa milanese
vive traducendo testi buddhisti, alternando questa
attività ai ritiri in un monastero sulle colline del Northumberland, sul
confine scozzese. Il suo nome d’arte, “Chandra”, significa “Luna” ed è
rivelatore del suo interesse per la meditazione e la spiritualità.
Dopo
aver esordito con la pubblicazione di libri di fiabe (Fiabe vegetali,
1984 e Sogni del fiume, 2001), Chandra Livia si è concentrata
soprattutto sulla poesia, e nel
primo decennio del duemila sono stati pubblicati quattro piccoli volumi, lasciando in gran parte
inedita quasi tutta la sua produzione.
La
raccolta Bevendo il tè con i morti risale al 2005, e sarebbe stato
impossibile trovarne ora una sola copia se Interlinea non l’avesse
ridata alle stampe nell’autunno del 2015, perché, come si legge nella
prefazione di Vivian Lamarque, «è passato quasi un decennio da allora e quel tè
è più vivo che mai». Si tratta del tè che la poetessa divideva con i vivi, fino
a quando non si è resa conto che nelle vuote parole dei viventi non c’era vera
linfa, né la loro presenza faceva sentire meno soli. Per questo ha
deciso di fare spazio ai morti, nella sua esistenza e nella sua poesia. Con Einaudi
ha recentemente pubblicato tre raccolte La bambina pugile ovvero la
precisione dell’amore (2014), Fatti vivo (2017), che contiene i
versi composti dal 2006 al 2016, Il silenzio è cosa viva (2018).
Rita
Bompadre recensisce per «Margini in/versi» Vista dalla luna (Salani,
2019), che comprende l’omonima raccolta e un’altra, La porta, canto di
«un’infanzia sterminata», come dice la poetessa, che fa appello alla capacità
visionaria, all’essere «profeti della realtà».
(Di Claudia Ciardi)
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Vista dalla luna
di Chandra Livia Candiani (Salani Editore) è un’invisibile ed impalpabile
itinerario intorno alla consapevolezza del mondo rappresentato con la
luminosità sotterranea dell’accorata dignità dell’infanzia. La poetessa
diffonde la luce attraversando la coscienza dell’intenso vedere oltre e
trasportando il bagaglio sentimentale nella materia spirituale e reale, nella
trasposizione simbolica di oggetti e di immagini, nell’astrazione di un sentire
profondo e vicino ai bambini, percepito con i loro occhi, nel vivo conflitto
emotivo. Gli impulsi e le incessanti aritmie del cuore irradiano la
sensitività, orientano nell’altrove le sensazioni di ogni vulnerabilità e
contro le minacce l’autrice pone empaticamente il suo accento poetico come
sostegno e libera la rabbia dell’ignoranza ricambiandola con la saggezza. Lo
stile ancorato alle sofferenze e alle speranze esprime la nobile consistenza di
chi, esente da colpe ed incapace di concepire il male si affida all’istintiva
familiarità dei luoghi e delle persone amate. I bambini con la loro evocativa
presenza sono consumati dalla pura discrezione che non trova giustificazione al
dichiarato dolore ma che macera ineluttabilmente l’indiscriminata e fredda
crudeltà nelle parole, accordate alla scarna attualità. La poetessa intraprende
una ricostruzione letteraria decostruita e disarmante, deteriorata dalle
alterazioni umane ed il lato oscuro delle cose così come delle persone
attanaglia e avvince la verità più crudele. L’unica protezione in funzione di
difesa è il sogno, rifugio nella parte migliore di ogni privata conquista dell’anima.
L’invito ad intraprendere la via della comprensione è un’esortazione all’indulgenza
astratta dalla realtà degli eventi che conduce ad un’esigenza interiore di
desiderio di riscatto e di bene. Le sentenze affettive confermano una forza
linguistica universale, nell’ingannevole metafora di ogni fiaba apocrifa i
bambini sono i profeti dall’autentico significato e, capaci di decifrare gli
enigmi degli adulti, interpretano una significazione intima elevando l’incisività
dello spirito riflesso contro gli ancestrali richiami dagli abissi di ogni
negazione alla sensibilità.
(Di Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”)
* Selezione di testi a cura di Rita Bompadre
Dorme
ai piedi del tuo letto Io
come
col padrone il cane
che
non gli importa se sia buono
o
malvagio ma inflessibile lo vuole
duro
agli occhi degli altri,
per
sé regale.
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Signora
del Suono
concedimi
un tempo inutile
per
imbandire una tavola
vuota
e servire ai convitati
Questo
silenzio, non un altro
attimo,
ma la fragorosa apertura
proprio
di Questo.
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La
bambina è blu.
Come
le ombre sulla neve.
Conserva
le parole in un sacco
buio
apre
le parole al vento.
Come
una scolara, non vista,
in
cortile
parla
con l'aria.
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La
bambina.
Ogni
anno una nuova cicatrice.
Le
parole
nel
forno
diventavano
piume.
Nel
forno
entrava
un destino
e
usciva uno spartito
musicale.
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Non
c’è
nel
bambino
parola.
Un
silenzio
gli
dà la mano.
La
stringe.
La
sboccia.