Dal
latino Glycine che deriva dal greco γλυκύς cioè “dolce”, per la gustosità dei
tuberi della pianta o anche per la dolcezza del suo aroma. Originario delle
regioni asiatiche, in particolare la Cina, diffuso a scopo decorativo, predilige
la coltivazione in orto, sebbene necessiti di pochissime cure per uno sviluppo rapido
e rigoglioso. In tal senso si può affermare che il glicine abbia una natura
piuttosto spontanea. Mostra preferenza per i terreni
umidi tendenzialmente argillosi, ricchi di elementi nutritivi e, pur sopportando le basse temperature, il suo habitat ideale è caratterizzato da climi temperati ed esposizioni al sole. La sua altezza
può raggiungere e superare i quindici metri.
Il
nome scientifico Wisteria fu assegnato alla pianta in onore dello
studioso statunitense Kaspar Wistar (1761-1818) anche se i tedeschi preferirino chiamarla Blauregen che significa “pioggia blu”, nome che molto si avvicina a
quello che il glicine ha in Cina dove viene definito “zi teng”, vite blu.
Importato
da un mercantile inglese nel 1816, nel giro di un paio di anni divenne uno dei
rampicanti più amati e impiantati nei giardini europei. Ai Kew Gardens di
Londra (i giardini botanici reali) si trova uno dei più antichi glicini al
mondo, sopravvissuto dai primi esemplari giunti sul continente, di dimensioni davvero
spettacolari.
Accompagnato da molte storie, soprattutto di origine orientale, si narra che gli imperatori giapponesi, durante i loro lunghi viaggi di rappresentanza in terre straniere, portassero con sé dei piccoli bonsai di glicine, affinché giungendo alla corte di altre dinastie alcuni loro rappresentanti li recassero in dono in segno di amicizia e benevolenza. La pianta quindi assume simbolicamente tali caratteri.
Accompagnato da molte storie, soprattutto di origine orientale, si narra che gli imperatori giapponesi, durante i loro lunghi viaggi di rappresentanza in terre straniere, portassero con sé dei piccoli bonsai di glicine, affinché giungendo alla corte di altre dinastie alcuni loro rappresentanti li recassero in dono in segno di amicizia e benevolenza. La pianta quindi assume simbolicamente tali caratteri.
Appartiene
alla famiglia delle fabaceae o leguminose.
Esempi
affini: Glycine (soia, coltivata)
Glycyrrhiza
(liquirizia, spontanea e coltivata)
Lotus
(ginestrino, spontaneo)
Medicago
(erba medica, spontanea e coltivata)
Mimosa
(mimosa, coltivata)
Phaseolus
(fagiolo, coltivato)
Vicia
(veccia, spontanea)
E
numerose altre.
Esistono
diverse varietà ornamentali che differiscono per i seguenti aspetti: colore dei
fiori (bianchi, rosa, lilla, viola e blu), altezza, evoluzione del tronco.
Eccone qui alcune:
Glicine
rosso (Millettia satsuma): di origine australiana, emana un profumo speziato. I
fiori sbocciano dall’estate all’autunno e sono di un bel colore rosso-violaceo.
Glicine
giapponese (Wisteria floribunda): somiglia ad un piccolo albero, ma per
ottenere questa forma bisogna legare un ramo al tutore [*sostegno, ogni elemento utilizzato per sostenere le piante] e tenerlo alla larga
da altri sostegni e piante. Produce fiori di colore rosaceo che si sviluppano
in lunghi grappoli che possono toccare il metro di lunghezza.
Glicine
cinese (Wisteria sinensis): cresce rapidamente ed è utile quando si ha
pochissimo tempo per ricoprire mura e recinzioni. Non a caso è la specie
maggiormente diffusa. Fiorisce dalla primavera all’estate producendo fiorellini
a grappolo, violacei e azzurri. Le foglie hanno una forma ellittica e sono
ricoperte da peluria.
Pochi
sanno che è una pianta commestibile con cui si possono realizzare gustose e
profumate ricette come dolci, frittate e naturalmente tisane. Ha proprietà
calmanti, favorisce memoria e concentrazione.
Per
una fresca tisana di fiori – le altre parti infatti non sono edibili – raccoglierne una manciata, farli bollire cinque minuti e
aggiungere del succo di limone.
Una
leggenda di origine piemontese narra di una giovinetta di nome Glicine, che
faceva la pastorella. Questa fanciulla si sentiva molto brutta. Un giorno, presa
dalla disperazione, pianse sola nel bel mezzo di un prato; ad un certo punto le
sue lacrime si trasformarono in una meravigliosa pianta di Glicine da cui
sbocciò una inebriante fioritura.
Oltre
ad aver nutrito storie e credenze, il glicine, come molti altri rampicanti, ha ispirato
l’omaggio dei letterati, come quello di Pier Paolo Pasolini che ne canta la «furia
della natura, dolcissima».
(Di Claudia Ciardi)
(Di Claudia Ciardi)
Il
glicine
E
intanto era aprile,
e
il glicine era qui, a rifiorire.
Prepotente,
feroce
rinasci,
e di colpo, in una notte, copri
un’intera
parete appena alzata, il muro
principesco
di un’ocra
screpolato
al nuovo sole che lo cuoce.
E
basti tu, col tuo profumo, oscuro,
caduco
rampicante, a farmi puro
di
storia come un verme, come un monaco:
e
non lo voglio, mi rivolto – arido
nella
mia nuova rabbia,
a
puntellare lo scrostato intonaco
del
mio nuovo edificio.
Tu
che brutale ritorni,
non
ringiovanito, ma addirittura rinato,
furia
della natura, dolcissima,
mi
stronchi uomo già stroncato
da
una serie di miserabili giorni,
ti
sporgi sopra i miei riaperti abissi,
profumi
vergine sul mio eclissi,
antica
sensualità.
Pier
Paolo Pasolini, da La religione del mio tempo
Garzanti
1961
*In
copertina: Hiroshige, All’interno del santuario Kameido Tenjin (1857), dalla
serie Cento vedute di Edo
*Fioritura
del glicine - Fotografie di Daniele Regis ©
Related links:
I fiori del glicine si possono mangiare – Su «La Stampa», Viaggi e Cucina, 27
aprile 2018
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