La
famiglia delle tiliacee comprende in prevalenza piante legnose tropicali, alberi
di grandi dimensioni, molto longevi, che possono superare il secolo di vita,
anche se alcune leggende riferiscono di tigli millenari. Nascono spontanei nei
boschi misti di latifoglie ma vengono frequentemente coltivati e utilizzati a
scopo ornamentale, specie negli arredi urbani, a delimitare viali e parchi. Dal
momento che questa rubrica ha per tema le piante e le fioriture spontanee,
vogliamo qui celebrare i fiori di tiglio che dalla primavera inoltrata fino a luglio spargono intorno a sé la loro essenza aromatica, offrendosi all’infaticabile
opera di impollinazione delle api.
In
Europa se ne trovano due varietà (Tilia cordata e Tilia platyphyllos),
ma quella più diffusa è il tiglio comune (Tilia vulgaris), che nasce
dall’incontro di queste due. Il suo nome deriva dal greco ptilon, “penna
leggera”, per via delle brattee laterali dei peduncoli dei fiori, che volano
via come ali. Il tipo Tilia cordata (o tiglio selvatico) è noto alla
fitoterapia fin dall’antichità; a scopo terapeutico si impiegano le brattee e
le infiorescenze la cui raccolta viene effettuata nei mesi di giugno e luglio. Vengono
quindi essiccate in luoghi che una buona circolazione d’aria, al riparo dal
sole; per la conservazione vengono utilizzati contenitori in vetro sigillati,
protetti dalla luce. I costituenti della pianta sono flavonoidi, saponine,
tannini, polifenoli, polisaccaridi, mucillagini, minerali ecc. con proprietà
diaforetiche (stimolo della sudorazione), sedative, calmanti, antispasmodiche e
antireumatiche. In qualità di infuso il tiglio viene usato per trattare
insonnia e nervosismo nonché cefalea, sindrome influenzale e tosse; come
decotto, in aggiunta all’acqua del bagno, è consigliato per combattere i
disturbi del sonno e il nervosismo. Il pediluvio può dare sollievo in caso di
gonfiore o stanchezza ai piedi.
Il
miele di tiglio, molto diffuso per aromatizzare infusi e tisane, è assai pregiato.
Cristallizza più lentamente di altri tipi di miele. Quelli meno puri contengono
tracce di castagno o alianto, risultando più amari. In cucina può essere
utilizzato in abbinamento ai formaggi. L’infuso si prepara con
due cucchiai ben colmi di fiori essiccati, versandoli in acqua calda, in una
tazza da 250 millilitri.
Nella
mitologia greca il tiglio è simbolo di amore e accoglienza, i sentimenti che
unirono i due anziani Filemone e Bauci, che soli in Frigia tra mille case rimaste
sprangate aprirono la loro misera capanna a Giove e Mercurio, travestiti da
poveri viandanti. Agli dei offrirono un pasto frugale e un povero letto, ma
confortevole, dove un sacco di tenere erbe fluviali faceva da materasso. Loro soli si salvarono dalla furia delle acque che sommersero l’ingratitudine
di quella contrada, mentre la loro capanna fu mutata in un tempio di cui diventarono i sacerdoti, e ormai vecchissimi vennero trasformati in un tiglio e una
quercia [Ovidio, Metamorfosi, VIII, 618-724].
Albero
sacro a molti popoli, in particolare agli slavi, le città tedesche
avevano spesso nel loro punto centrale un piccolo gruppo di tigli ed era d’uso piantarli nei luoghi destinati agli incontri commerciali, poiché si
sapeva che la sua presenza dona calma e benessere alle persone e
favorisce la comprensione nelle relazioni. Una delle più note testimonianze di
quest’abitudine può essere rinvenuta nell’Unter den Linden a Berlino, lungo in cui
furono piantati fin dal XVI secolo – le piante originarie andarono distrutte durante
la seconda guerra mondiale.
È
curioso notare che il padre della classificazione scientifica degli organismi
viventi, Carl Linnaeus (1707-1778) divenuto Carl von Linné dopo l’attribuzione del titolo nobiliare, porti nel nome il sostantivo locale indicante il tiglio (Lind),
scelto da suo padre Nils per ricordare l’esemplare centenario che viveva nell’aia
dei nonni.
A
Macugnaga, in provincia di Novara, gli anziani solevano riunirsi sotto un
tiglio plurisecolare e secondo le leggende alpine raccolte dalla scrittrice e
antropologa Maria Savi-Lopez, per molti valligiani si trattava di un albero
fatato. «Il nano Alberico, il quale, come già dissi, rappresenta nell’antica
poesia popolare germanica un poetico elfo, visse, secondo la credenza popolare,
per tre anni in un tiglio, che divenne pure albero sacro; e questa leggenda è
nota anche nella Scandinavia». [Da Maria Savi-Lopez, Leggende delle Alpi,
Editrice il Punto – Piemonte in Bancarella, 2014, pag. 241 nel capitolo Alberi
e spiriti dei boschi].
Il
Piemonte regala tutt’oggi alcune delle migliori produzioni italiane artigianali
di miele di tiglio e le sue fioriture sono un elemento caratteristico e
suggestivo del paesaggio primaverile. Pianta alla quale sono molto legata fin
dall’infanzia – i tigli circondavano la piazza in cui giocavo da bambina e non
sono pochi i ricordi di amichevoli conversazioni davanti a calde e fumose tisane.
Non è un caso che al pari di altre piante abbia avuto la sua consacrazione nella
letteratura, come in questa poesia del russo Sergej Esenin (1895-1925), che qui
riportiamo, dove la madrepatria è simbolicamente cantata nell’intreccio di
piante, colori, odori che ne incoronano il viso.
(Di
Claudia Ciardi)
Pantani
e paludi,
azzurro
fazzoletto del cielo.
Il
dorato degli aghi di pino
il
bosco fa risuonare.
Trilla
la cincia
tra
i riccioli del bosco,
sognano
gli oscuri abeti
lo
schiamazzo dei falciatori.
Se
ne vanno i carri
scricchiolando
sul prato –
di
tiglio un po’ secco
hanno
odore le ruote.
Ascoltano
i salici
il
fischiettare del vento…
tu
mio paese dimenticato,
tu
paese mio materno!…
Sergej
Aleksandrovič Esenin
Da Russia e altre poesie, a cura di C. Ferrari,
Dalai editore, 2007
*
Fiori di tiglio – Fotografie in bianco e nero di Daniele Regis ©
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