24 novembre 2020

Due vite per la poesia


Chelidonismo, sconosciuta, inusitata parola. Dal greco χελιδονισμός «canto delle rondini», derivante da χελιδών -όνος «rondine». Canzone trasmessa dall’erudito greco Ateneo che i ragazzi di Rodi intonavano in primavera, recandosi di casa in casa ad annunciare il ritorno delle rondini e raccogliendo doni. L’usanza si dice tuttora viva presso i Greci, che chiamano questi canti χελιδονίσματα.

Poesia di un tempo più vicino alla natura, più propenso alle suggestioni della metamorfosi. Nel mito Procne, figlia del re ateniese Pandione, sposa di Tereo, re di Tracia, subisce la trasformazione in rondine. Ovidio ne ripercorre le tracce nel VI libro (vv. 421-674) delle sue “forme mutate” (mutatae formae), come ama definire la propria opera. Uccello operoso, gentile, la rondine è l’essenza del ritorno, del ricordo, della fedeltà. Memorizza il lungo tragitto della sua migrazione ma senza smarrire le origini, perché in lei, sempre, vivono l’inizio e la meta. Come due rondini al nido, Attilio e Ninetta Bertolucci intrecciano il canto della loro vita, un’unione spirituale fatta di cure, di tenace comprensione. Al centro, ovunque, il potere terapeutico della parola, che assolve, lenisce, salva. L’epistolario che presiede alla nascita dei versi è la testimonianza di questa reciproca intesa oltre l’attimo, di là dalle necessità momentanee. Il costante pensiero di Ninetta si lega al tempo meteorologico e al paesaggio, epifania sentimentale che il poeta cerca in ogni piega del mondo. Qualcosa che ricorda certi delicatissimi trapassi nei componimenti di Tonino Guerra, quando tra i casoni dell’Appennino romagnolo in cui si aggira cercando di recuperare istantanee dell’infanzia, disegna una costellazione di persone, oggetti, colori quasi affiorassero da un incantesimo. E su quelli rinviene i frammenti di se stesso.   

Poeta incline alla descrizione e al racconto, Attilio Bertolucci ha coltivato nei suoi scritti e anche in poesia una forma “pacatamente narrativa” dove le lettere fluiscono come una corrente sorgiva, per l’intimità della confessione e la limpidezza del racconto umano. Rita Bompadre ci guida attraverso questa raccolta, molti dicono la più bertolucciana, elegia di due anime predestinate.

(Di Claudia Ciardi)

 



“Il nostro desiderio di diventare rondini” – Poesie e lettere di Attilio e Ninetta Bertolucci, a cura di Gabriella Palli Baroni (Garzanti Editore, 2020) racconta l’incanto intimista della dimensione sentimentale senza confini, in ogni gentile e tenue sfumatura, attraverso la rappresentazione lirica di luoghi, ambienti e ricordi abituali e la descrizione spontanea di un’elegia degli interni intorno a domestiche e familiari rivisitazioni romantiche. I testi, composti dalle poesie e dalle lettere che hanno congiunto costantemente l’alleanza emotiva dei protagonisti nel miracolo dell’amore e nella solennità della poesia, manifestano la partecipazione appassionata alla bellezza, leggera e sensuale delle dichiarazioni d’amore. La consapevole riconoscenza di un’infinita confidenza di complicità, celebra la lealtà della memoria nell’esperienza sensibile della tenerezza. Le parole, patrimonio dell’anima, concedono la percezione di un tempo ulteriore nell’esistenza, evocano  l’idea di una vita prolungata, nella compiacenza felice di narrarsi il mondo interiore con l’intento comune di divulgare l’eternità. Il libro promuove gelosamente il consenso a custodire la sorgente degli affetti e a proteggere la relazione con la realtà. Le poesie di Attilio Bertolucci dischiudono i periferici collegamenti degli orizzonti e sconfinano nell’armonia medianica della voce interpretativa e dello sguardo narrativo. Il riassunto artistico, dolce e temerario della vita si intreccia al vincolo del possesso biografico accompagnando la fiduciosa empatia del filo di continuità, la somma amplificata di ogni eloquente promessa sostenuta da impronte invisibili nelle emozioni d’amore, nella generosità del desiderio. L’affabilità amorosa che unisce Attilio e Ninetta Bertolucci nelle lettere, congiunge l’elemento distintivo della stabilità, scrivendo e fermando su carta la sintonia emotiva, con un accordo d’intesa verso un tragitto privato di crescita umana e spirituale, un’unione solida e resistente in cui la conoscenza reciproca del rispetto sostiene sempre la pienezza esistenziale e mantiene la sensibile espressione dell’accoglienza e della presenza benevola della quotidianità. Il libro è un ideale tangibile di donazione alla soave amorevolezza, nella virtù necessaria ad esaltare la dedizione di chi amiamo e a riconoscere la solidarietà. La speranza nutre la grazie reciproca di ogni comunicazione leggendo, nella prospettiva dei sogni e nella gioia di vivere, la tendenza della volontà ad aggiungere forza comprensiva nella storia e a raggiungere il privilegio naturale di condividere il tempo, sostenendolo a vicenda. La disponibilità alla progettualità  nell’unione è l’esortazione principale del libro ed  invita ad un impegno verso l’essenziale, dolce e magica percezione del mondo affettivo. Il titolo del libro “Il nostro desiderio di diventare rondini”,  preso da una lettera scritta da Attilio a Ninetta, è metafora e simbolo dell’amore coniugale, un aspetto segreto della semplicità e della saggezza, strettamente legato alla predilezione per un atteggiamento capace di riconoscere la purezza del corteggiamento. Il rinnovamento dello spirito libero che incrocia l’anima incoraggiando l’impulso al viaggio da compiere insieme abbracciando l’unicità di volersi bene.

(Di Rita Bompadre per il Centro di Lettura “Arturo Piatti”)


*Testi scelti da Rita Bompadre


Amore a me...

Amore a me vicino
di tua crudeltà mi consola,
fuori è notte e cade
una dolce pioggia improvvisa.

La famigliare lampada rivela
le intime e care cose,
amore parla e parla di te
sommesso, come acqua fra erbe alte.



Madrigale

Sì: ho colto i garofani alteri
delle tue guance,
e avevano corolle sì rance
con sì bizzarri screzi neri...

Ma sotto i tuoi occhi
son cresciute viole,
come di marzo al primo sole,
sulle rive dei fossi.


La rosa bianca

Coglierò per te
l’ultima rosa del giardino,
la rosa bianca che fiorisce
nelle prime nebbie.
Le avide api l’hanno visitata
sino a ieri,
ma è ancora così dolce
che fa tremare.
È un ritratto di te a trent’anni,
un po’ smemorata, come tu sarai allora.


Questa sera il sole...

Questa sera il sole tramonta nei tuoi occhi
l’inverno vi si spegne, lenta brace tranquilla.
Così la gente indugia per le strade che l’ombra
non ha toccato ancora, ma il fumo appena
da umili camini intimamente annuvola.
Tu lascia che ristagni sulle case ed offuschi
i lontani del cielo che scolora.
Finché un’altra pena
porti la notte, vigilia della primavera.



L’amore coniugale

Ma se la pioggia cade
la camera s’oscura...
L’amore ancora dura
che le gocce più rade
la finestra più chiara
i tuoi occhi più neri
e oggi come ieri
come domani. Amara
sui tetti umidi brilla
la giornata nel sole
che si volge sulle viole
risorte stilla a stilla.

 

Non

Non mi lasciare solo se io
ti lascio sola
e intorno a te la luce
è quella che fa piangere
dei giorni ordinari,

non allontanarti con passo
fiducioso in direzione
dell’estate e non
considerare rassegnata
la fatalità delle averse e del sole,

non acquistare viole in prossimità della casa.

 

I nostri corpi

I nostri corpi, cara, in questo letto
famigliare nell’aria ferma dell’amore
mentre al di là delle finestre chiuse
le stagioni piangendo se ne vanno.

Ma il ritorno dei cieli nuvolosi
e fioriti della tarda primavera
ombrerà i muri la luna errando.


*Libro:

Attilio e Ninetta Bertolucci, Il nostro desiderio di diventare rondini,
a cura di Gabriella Palli Baroni, Garzanti editore, 2020

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