8 giugno 2016

Referendum sociali


Sono felice di rendere disponibile questo spazio per divulgare l’intervento che mi è stato girato nelle ultime ore dagli attivisti impegnati nella raccolta firme dei referendum sociali
In apparente divergenza rispetto a ciò di cui sono solita occuparmi, credo che mai come adesso urga un dibattito serio, non strumentale, su argomenti di portata tanto vasta, dalle immediate ricadute sulle vite di ognuno. 
Credo che l’impegno nella tutela ambientale sia uno dei grandi temi attorno a cui ricostruire un nuovo confronto democratico, autenticamente partecipativo. Durante la campagna referendaria contro le trivellazioni e per lo smantellamento delle piattaforme petrolifere giunte alla fine del proprio ciclo vitale, ho ritenuto di dover dare voce a chi si occupa di tutela del territorio. Liquidare l’ambientalismo come un qualcosa di astratto da mettere in ridicolo, significa mancare di lungimiranza politica. In una fase in cui i popoli sperimentano una precarietà diffusa, mentre la percezione del benessere arretra ipotecata com’è da un graduale peggioramento delle condizioni materiali, la solidarietà dei comitati sorti sul territorio costituisce un’ampia quanto variegata frontiera entro cui indirizzare dissenso e disgregazione verso esiti positivi. Si tratta di un capitale umano di grande valore, che non può e non deve essere disperso nella bieca disputa orchestrata dalla partitocrazia.
Compito di un letterato, o intellettuale o studioso che dir si voglia, non è trastullarsi nelle sue compiaciute e tronfie conquiste totalmente disincarnate dagli eventi – elitarismo e autoreferenzialità sono le madri egoiste dei nostri malanni. L’esercizio di un’arte che si leghi ai toni effimeri di un’amministrazione o di un vento di partito, tanto da buttar lì qualcosa per riempire un cartellone di quartiere, troverà certo intorno a sé una presa assai scarsa. Non se ne abbia a male il poeta se predicherà parole che nessuno potrà raccogliere. Questo voler essere accettato a tutti i costi, alla fine annoierà anche i suoi. Cosa importa del consenso esteriore, la forma affrettata del riconoscimento che ciascuno può confezionarsi seguendo certe grossolane istruzioni a buon mercato, al paragone di quello che la gente, che in buona parte sprovveduta non è, al contrario di come la si descrive, coltiva dentro se stessa, di quella propensione al rispetto più duraturo che la voce di qualcuno è in grado di conquistarsi nell’intimo di molti.
Anteporre all’egoismo dell’esibizione la chiarezza, alla natura transitoria del colore di un potere una visione che possa dirsi valida al di là di esso, è ciò che deve assumere chi nella diversità dei propri mezzi espressivi tenti di rendersi utile ai propri simili.
In tal senso, non si irrida l’umanista che prende parte ai fatti del suo tempo, leggendovi una stortura con la quale si contaminarebbe la sua fede da apologeta. Piuttosto se ne consideri la genuinità d’azione. Facilmente si distinguerà chi bara al gioco, chi affretta e svilisce il suo pensiero per cogliere opportunità momentanee, e chi invece nell’affondo della realtà, e perfino nell’errore, conserva intatta la forza delle proprie idee e l’umiltà che sempre le solleva dai limiti del quotidiano. 

(Di Claudia Ciardi)


Referendum sociali – Firma day

I referenti: Movimento Legge Rifiuti Zero per l’economia circolare, Comitato Sì Blocca Inceneritori!, Associazione Comuni Virtuosi, Marco Fantozzi, Patrizia Gentilini 

Apello ai movimenti e ai militanti

La raccolta firme per l’abrogazione dell’art. 35 dell’ex decreto Sblocca-Italia rischia di non poter raggiungere il quorum previsto di oltre 500mila firme necessarie alla sua validazione.

Non è per ora sufficiente l’impegno profuso dal nostro comitato promotore e quello di una parte militanti dei sindacati e movimenti per i  quesiti abrogativi della Buona Scuola, di Trivelle Zero e del Forum acqua bene comune con cui abbiamo dato vita ai Referendum Sociali.

La scelta della FLC-CGIL decisa dopo l’avvio della raccolta firme di non aderire  ai referendum sociali e quindi di
escludere dalla raccolta firme i due quesiti ambientali No Inceneritori e Trivelle Zero, salvo poche eccezioni regionali, ha prodotto un grave squilibrio di oltre centomila firme ma che è ancora sanabile.

Facciamo quindi appello ad una grande mobilitazione straordinaria generale per recuperare questo squilibrio a partire dal FIRMA DAY NAZIONALE dell’11 e 12 giugno e sino alla chiusura a fine giugno in cui chiediamo alla rete dei Comitati, alle Associazioni ambientaliste, ai Medici per l’ambiente, ai Movimenti politici ed ai Partiti che hanno contrastato lo Sblocca-Italia in parlamento di mobilitarsi insieme per salvare il quesito per l’abrogazione parziale dell’art. 35 della Legge 133/2014 ed organizzare una raccolta di firme specifica che impedisca la costruzione di 15 nuovi inceneritori al centro-sud, come impianti strategici nazionali sottratti alle pianificazioni regionali, e la riconversione dei quaranta inceneritori del nord come impianti non più legati ai soli bacini regionali.

La nostra salute non è in vendita!

Il coordinatore nazionale,
Massimo Piras


Related links:

Le interviste ai coordinatori di «Ecomagazine» e «Legambiente»





30 maggio 2016

Lou Andreas Salomé - Lungo il cammino




In occasione dei venticinque anni della casa editrice Via del Vento (1991-2016), siamo lieti di offrire ai lettori un nuovo racconto inedito in Italia di Lou Andreas Salomé. Lo spessore di questa prosa, ambientata nei maestosi scenari alpini del Tirolo e del Salzkammergut, illumina con un’intensità forse finora sconosciuta al pubblico italiano l’attitudine letteraria di un’intellettuale più nota per la produzione saggistica e i suoi scritti memoriali.

Sulla scia del lavoro di studio iniziato lo scorso anno, con la pubblicazione del racconto breve Una notte, si è qui proseguito lo scavo di quell’universo narrativo in cui è possibile cogliere molti nuclei simbolici che denotano un precoce interesse della Salomé per la psicoanalisi, assai antecedente al suo incontro con Freud.
Qui il tedesco dell’autrice cambia passo, liberando accenti poetici di straordinaria intensità. Si ha l’impressione di poggiare i piedi su un mosaico fluttuante e mutevole dove tuttavia paesaggi e persone parlano con una voce sola. Uno stato d’animo che trascende i protagonisti, immanente alla trama, perfino presago dei suoi esiti. In questo racconto di montagna è chiaro il senso iniziatico che ambientazione e caratteri assecondano. L’indecifrabile magnetismo dell’Attersee, punto d’approdo della vicenda, è anche uno snodo tra due mondi sospesi. Da una parte il tempo faticoso ma pure autentico della montagna dall’altro quello seducente quanto irrisolto della pianura. 
La stessa atmosfera che a Gustav Klimt, legatissimo a tali località, ispirò innumerevoli vedute che hanno segnato la storia dell’arte.

(Di Claudia Ciardi)


Di Lou Andreas Salomé, amica e compagna di numerosi intellettuali, quali Nietzsche, Rilke, Freud, moglie del noto orientalista Carl Andreas, studiosa eclettica e grande viaggiatrice, fra le pioniere della psicoterapia, queste edizioni presentano un racconto inedito in Italia.




Lou Andreas Salomé, Lungo il cammino,
cura e traduzione di Claudia Ciardi,
Via del Vento edizioni, aprile 2016
ISBN 978-88-6226-090-9

Scheda del libro - Book snippet





From the book:


«I due giovani stesi sul muschio tacquero a lungo. Il sole spandeva il suo tepore primaverile tutt’intorno, gialle farfalle svolazzavano vicino alla genziana che stagliava il suo blu davanti a loro sull’impervio alpeggio, e sopra lo Schwarzensee si ergevano i picchi innevati nella luce dorata del mattino».

[…]

«Da lì fuori l’interno della malga somigliava a un buco nero e anche più scuro, e la preghiera meccanicamente recitata prima del pranzo attorno al focolare risuonava all’esterno come se provenisse dalla cupa cavità di un tempio. E dopo che anche l’ultima parola della preghiera si era spenta, ciascuno dei tre, stretti uno accanto all’altro sulla panca, immerse il suo cucchiaio di stagno nella scodella comune con così solenne lentezza che era come se proprio allora cominciasse la funzione sacra».

[…]

«Stavano giusto uscendo dall’atmosfera crepuscolare della gola montana, quando d’un tratto a una brusca curva del sentiero si schiuse davanti a loro, irradiato dal sole e in un bagliore beato, uguale a un dipinto del nord Italia, l’Attersee splendente d’azzurro immerso nella neve di maggio della corona dei suoi monti».


Related links:

Lou Andreas Salomé - Una notte.
Ritratto dell’orientalista Carl Andreas, marito della scrittrice, e cenni sul lavoro di traduzione per Via del Vento.

«Mantua me genuit» - Mantova capitale italiana della cultura 2016
Ringraziamenti al comitato organizzatore del premio letterario Terra di Virgilio, nellambito del Festival Internazionale di poesia, per limportante riconoscimento che mi è stato conferito.  




24 maggio 2016

«Mantua me genuit»



Con questo breve intervento, pur certa di non poter rendere giustizia alla densità emotiva che lo ispira, desidero ringraziare gli organizzatori del Premio Terra di Virgilio nell’ambito del Festival letterario internazionale che ha animato la città di Mantova, capitale italiana della cultura per il 2016.
Ringrazio il poeta Beppe Costa che ha voluto conferirmi un riconoscimento da cui mi sento particolarmente onorata, perché viene da una città di antiche nobili e solide tradizioni d’arte. La mia gratitudine va inoltre a Enrico Ratti, autore di un bellissimo commento che valorizza e lega la mia opera a coordinate simboliche tra le quali mi scopro a mio agio. A Enrico, alla sua cordialità e gentilezza, ripeto qui il mio grazie, di cuore. A Gilgamesh Edizioni, nella persona di Dario Bellini, il plauso per aver dato ulteriore lustro alle opere vincitrici e segnalate, attraverso l’antologia coordinata dai presidenti delle giurie e introdotta da una nota del sindaco di Mantova, fortemente impegnato nella valorizzazione del patrimonio artistico del capoluogo lombardo, tra passato e fermenti contemporanei. Rileggere le tante voci che si sono alternate nel pomeriggio trascorso alla Loggia del Grano è un dono che prolunga nel tempo un’esperienza altrimenti destinata solo alla memoria di chi vi ha partecipato. Come si dice “scripta manent”.
Ci tengo anche a sottolineare che la formula del premio, ma sarebbe forse più giusto definirlo un incontro di ingegni, orientato fra le altre cose alla valorizzazione dei talenti di persone affette da disabilità o con percorsi cosiddetti difficili, rappresenta uno scrigno di umanità davvero prezioso. Infine, la presenza di Eughèny Solonovich, italianista russo, da molti anni mantovano di adozione e grande traduttore di poesia italiana per il suo paese d’origine, mi è sembrata simile a quella di un nume tutelare che tutto ascolta e su tutto veglia, assicurandosi che ogni parola assolva il proprio compito. 
Non avrei saputo immaginarmi tra le vie di Mantova in un’occasione migliore e coglierne così la straniante atmosfera di città-sogno, caratteristica unica di fronte a cui si resta quasi sconcertati. Questa dimensione fiabesca di un tempo che continuamente sconfessa le sue cadenze, ha a che fare non poco coi miei versi, e direi in generale con la mia sensibilità. Ed è stato bello scoprirsi tanto affini. Sostengo da sempre che l’incontro con un luogo non è diverso da un incontro fra persone, perché di quelle parti spirituali diffuse in epoche e pensieri lontani il luogo è per l’appunto la somma. Quando poi una città ti accoglie indossando l’abito della festa – sole pieno, aria estiva, entusiasmo della gente – allora ci si sente ancora più vicini a quegli incantesimi che fanno della vita la meravigliosa avventura che è.

(Di Claudia Ciardi)


Mantova - Capitale italiana della cultura 2016

Antologia. Premio nazionale di poesia “Terra di Virgilio”, seconda edizione. Autori vari.
Gilgamesh Edizioni, maggio 2016
ISBN 978-88-6867-152-5



 La locandina dell'evento letterario

 Il giorno della premiazione alla Loggia del Grano di Mantova (21 maggio 2016)

 Il pubblico presente alla manifestazione

L'italianista russo Eughèny Solonovich invitato dalla giuria a prendere la parola

14 maggio 2016

Metropole Berlin (II)



La copertina del bel volume dell’editrice Schacht, che Walter mi ha venduto a prezzo irrisorio, e il mio taccuino dei disegni made in Via del Vento. 



La commistione etnica, se da una parte è il carattere principale delle metropoli, negli ultimi anni ha assunto a Berlino, porta di molti orienti, nuove cadenze, e in alcune rughe della città rivela ora il vero volto di quell’esotismo tedesco vagheggiato da poeti e studiosi all’inizio del Novecento.
Tra le strade di Gesundbrunnen, nel contrasto delle sue geometrie irregolari livellate dai grandi boulevard liberty, tra la nota fisionomia dei chioschi e l’indolente trascuratezza delle pollerie arabe, cresce questo doppio sogno, riflesso di due personalità parallele. Una collisione che va saturando rapidamente ogni zona franca del luogo, o che si illude di essere stata tale. Perché a Berlino, più di altrove, pochissimo, quasi nulla è rimasto fermo, e anche la memoria si è dovuta adattare alla continua metamorfosi. 
Da un po’ di tempo tutto sembra sotto assedio, le periferie si espandono ma spingono anche sul cuore della città, ognuno sembra impegnato a difendere la propria idea di spazio percorrendo un’estrema quanto improbabile via di riscatto. Del resto, questa convivenza di uomini e cose sbattuti in mezzo al traffico e al cemento, le più volte esita in conflitto ma può anche spiazzare per le sue insospettabili alleanze. L’aggirarsi di una simile tensione forgia i caratteri e raddoppia gli orizzonti del fare quotidiano. Forse, anzi,  è l’attrattiva maggiore dei contesti metropolitani, che sono in prima battuta degli enormi accumulatori di energia, e perciò possono permettersi di dissiparla con altrettanta, se non più disinvolta leggerezza.
C’è dunque da un lato il dinamismo berlinese e dall’altro la sua fatiscenza da ghetto. Di tanto in tanto si notano portoni sistemati alla buona, catene che hanno fatto la ruggine, fil di ferro, chiodi piantati su tavolacci sconnessi, baluardi che con le loro cicatrici si sono battuti per difendere il diritto di un passato, incline ancora a raccontarsi. Qui si impara che la vera incuria, talvolta, non è l’abbandono ma un accanimento, assai più selvaggio, a regolare e uniformare lo spazio.
Capita di scendere nelle braccia di Caronte come nella pace dei boschi. E anche l’umanità che vi si aggira riflette questa stessa condizione indecifrabile e sospesa. S’incontrano tipi bardati di fez, signorine che alle otto di mattina salgono in treno e lì finiscono di truccarsi, sbandati, vecchiette che masticano acciacchi e bestemmie. Anche quando ci si crede al sicuro per aver scelto un cammino che senza devianze ci porti al lavoro, non è mai detta l’ultima parola. L’imprevisto è sempre dietro l’angolo, questione di attimi.  
È su simili scivolosi tracciati che la libreria di Walter mi apparve anni fa come un’insenatura gentile, un occhio sonnolento che di tanto in tanto si apriva nel ritmo vorticante di Schöneberg. Da allora, ogni volta che mi si è presentata l’occasione, non ho smesso di fargli visita. Ecco, se siete stanchi del lungo girovagare in metropoli, il mio invito è a entrare in una di queste oasi della carta stampata e riprendere fiato. Non resterete delusi, in quanto il libraio a Berlino è un’istituzione, al pari degli autisti dei treni o dei panettieri. Come in un romanzo, si tratta di quei personaggi chiave che accompagnano la trama e fanno sentire meno soli i protagonisti, non di rado finendo per rubare loro la scena. 
Un carrettino dipinto di bianco, parcheggiato sul marciapiede, un’insegna all’antica, una vetrina dimessa da cui si invitano i passanti a gettare uno sguardo sulle rarità. Walter è un uomo mingherlino sulla cinquantina, dai modi educati ma senza affettazione. Sta sempre seduto dietro il suo bancone-scrivania a leggere o catalogare i nuovi arrivi. Ha una spiccata passione per la fotografia in bianco e nero, motivo delle mie assidue peregrinazioni; ritengo infatti possa vantare alcuni degli album più belli dedicati alla città prima della distruzione nella seconda guerra mondiale. 
Quando ci si chiude alle spalle la porta a vetri, il caos scompare e s’infrange nell’ambiente ovattato delle scaffalature, immerso in una semioscurità rotta soltanto dalla lampada da tavolo del proprietario. Che fuori ci sia il sole o piova a dirotto, lì dentro la luce non cambia mai. È un tempo fisso quello che Walter offre a chi lo cerca. Il suo stesso modo di parlare ne è una prova tangibile. Una soccorrevole sorpresa per il visitatore che intenda affacciarsi su un’altra città, distanziandosi per qualche momento da quel martellare seducente della superficie che tanto ha da narrare ma dove non è escluso che ci si smarrisca. 

(Di Claudia Ciardi)
  
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