Robert Musil
Narra un soldato e altre prose,
a cura di Claudia Ciardi
traduzione di Claudia Ciardi e Elisabeth Krammer,
Via del Vento edizioni,
novembre 2012
ISBN 978-88-6226-066-4
Euro 4,00
Scheda del libro/ Book snippet
«Di Robert Musil, autore del grande romanzo incompiuto L’uomo senza qualità, proponiamo, nel settantesimo anno dalla morte, cinque prose inedite in Italia, scritte negli anni Dieci e Venti, dove affiorano alcuni dei nuclei narrativi che attraverseranno tutta la sua opera: il ricordo iniziatico dei primi tentativi letterari, l’esperienza dolorosa e mistica della guerra, la pungente critica alle ingessature della società asburgica, l’intima complicità umana e letteraria con l’amata moglie Martha Heimann».
From the Book
«Questo struggimento è, lo sentiva, come il circo mezzo illuminato, quando si arriva troppo presto per la rappresentazione. Blanche comparirà, Blanche sorriderà, Blanche accetterà l’invito del signor prefetto. Di notte sarà riposta da lui nel grande circo vuoto, dove brucia soltanto una lanterna a gas e, quando si aprirà il tendone, il suo odore sarà mutato come quello dei vestiti nella cassapanca della mamma. E ancora a casa, mentre osservava allo specchio la stanza in cui sedeva e la trovava un poco irreale, disse tra sé: si dovrebbe andar più a fondo alla faccenda…»
Cinque frammenti che ci consegnano uno spaccato di vita di un grande
interprete della Mitteleuropa. Un flâneur che con passo originale ha esplorato luoghi e ossessioni della propria epoca, a
partire da una deflagrazione drammatica occorsa lungo il suo cammino:
l’esperienza del primo conflitto mondiale.Tornare all’ambiente della metropoli dal fango della trincea è una prova
durissima. Da quel momento ogni fenomeno viene filtrato attraverso la
memoria annientante della guerra.
Se Walter Benjamin aveva riconosciuto nella guerra la fine di ogni narrazione, Musil pur cosciente dell’insufficienza della parola, che mai potrà restituire pienamente la verità neppure di un singolo istante passato dai soldati tra la polvere e le tragedie del fronte, è animato dalla volontà profonda del racconto: appunti, annotazioni diaristiche, abbozzi. È un laboratorio di scrittura più che mai vivo, nel quale si cerca anche di organizzare un’analisi, di gettare un ponte sul caos in vista di una lettura dello scenario storico e culturale che necessariamente andrà tentata per riempire lo squarcio aperto dal passaggio degli eserciti.Scrive la curatrice Claudia Ciardi: «L’io biografico musiliano si alimenta alla stessa latitudine della sua condizione scissa e apolide di mitteleuropeo. […] L’uomo occidentale, similmente al mito di Osiride, cui Musil dedicò un’importante poesia nel 1923, procede al recupero delle parti disperse della propria cultura, ed è nel viaggio intrapreso per ritrovarle e restituirle a una totalità viva, a un insieme organico, che si avvia un radicale ripensamento interiore, alla base della creazione di una identità nuova. In quest’ottica l’opera di Musil è anche una grande ipotesi di lavoro che ci stimola a considerare un diverso progetto di Europa».In tutto questo s’intuisce dunque la costituzione di un limes parallelo, all’interno del quale viene a insediarsi un rinnovato progetto letterario, che ha i germi di una diversa ‘possibilità’ storica e politica.
La Nazione - Enzo Cabella,
9 dicembre 2012
Contiene/ Table of content:
P. A. e la danzatrice
Narra un soldato
Il canto della morte
Archivista
Foglio di diario
Collection/ collana Ocra gialla
Cima Vezzena
Si veda anche:
Robert Musil,
La guerra parallela,
a cura di Fernando Orlandi
traduzione di Claudio Groff
con un saggio di Alessandro Fontanari e Massimo Libardi
Silvy edizioni,
2011
ISBN 978-88-97634-25-6
Euro 16,00
Un estratto:
“Dalla storia di un reggimento”
“Aus der Geschichte eines Regiments”, Tiroler Soldaten-Zeitung, n. 194-196, 26 luglio 1916, pp. 2-3; ripubblicato in Karl Corino, “Robert Musil. Aus der Geschichte eines Regiments”, Studi Germanici, nuova serie, a. 11, n. 1-2, 1973, pp. 109-111
«Dopo la conquista del Passo V. e della Cima T. subentrò una breve tregua, di cui si approfittò per inviare forze consistenti all’inseguimento del nemico in ritirata e per agganciarlo nuovamente. Qualche pattuglia s’imbatté ben presto in vedette nemiche appostate numerose sulle alture e fra piccole macchie, snidandole dopo brevi combattimenti. Alla sera, un battaglione avanzato del reggimento era già dentro e attorno a T.
Quella notte il buio si poteva tagliare col coltello; gli occhi di chi procedeva a tastoni fra le case urtavano contro l’oscurità che pareva fatta di legno. Fuori, là dove il terreno si elevava, brillavano piccole stelle giallo-scure che non emanavano luce, ma andava un po’ meglio; dalla vastità dello spazio fluiva un chiarore opaco, incerto, che diluiva la notte. Di quando in quando, negli avvallamenti e fra i solchi passavano lentamente o sostavano in ordine sparso arbusti neri: le pattuglie. Nel villaggio partivano o arrivavano foglietti annunciati dal trillo del telefono da campo, malinconico come il fischio notturno di navi che entrano in porto. Lì si componeva il mosaico di piccoli messaggi spesso contraddittori, e uscendo dalla notte, alla luce delle candele, il nemico si moltiplicava disponendosi lungo la grande strada a nord della montagna, appostato con le ali sulle alture fortificate e intento alla sistemazione febbrile delle proprie posizioni.
L’attacco venne fissato per il giorno seguente. Ma nella notte le pattuglie segnalarono formazione di nebbia. E poi pioggia. Il vento spazzò trincee e avvallamenti come fosse fatto di cenci bagnati; poi, seguite dalla pioggia, le folate s’insinuarono fra le case, e là, tra le case, il vento cadde.
Quando arrivò, il mattino si distese come un pazzo sottile e inzuppato; davanti ai cannocchiali da campo a quaranta ingrandimenti dell’artiglieria, puntati in direzione del nemico, lo sguardo incontrava, invece del mondo, una beffarda parete di vetro opaco, grande e impenetrabile. Qualsiasi tiro sarebbe sprecato; i cannoni se ne stanno lì goffi sotto la pioggia come ciclopi privati dell’occhio: l’attacco è sospeso».
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