Le fotografie qui raccolte sono il frutto di uno dei miei recenti viaggi nella metropoli, scatti letteralmente rubati alla strada che non ambiscono a essere reportage ma hanno solo la pretesa – davvero minima se messa in rapporto con l’ampiezza della materia – di salvare qualche istante di vita in uno dei luoghi forse più narrati degli ultimi due secoli. Quando ripenso alla Stimmung della Berlino dei miei ventisette anni, non posso che prendere atto di un’esperienza irripetibile; le sensazioni e la scrittura di allora erano state il frutto del mio primo sguardo sulla metropoli, il punto zero, l’attimo in cui la città con le sue tante voci e i suoi incredibili richiami, non pochi dei quali destinati a rimanere incompresi, mi era venuta incontro, configurandosi come straordinario centro di attrazione del mio immaginario. Da quel preciso momento Berlino diveniva determinante, avviava in me una nuova ricerca, il peso delle sue tante storie scorreva dai suoi incroci alle periferie della mia volontà di espressione. Avevo come il presentimento di sfidare il tempo, andavo in cerca di narrazioni e puntualmente mi sottraevo a ogni ritratto troppo preciso, respingevo le parallele della storia e aspiravo a una sorta di circolarità fantastica, al recupero – sebbene quasi del tutto inconsapevole – di una dimensione in cui il ‘dimenticato’ dell’infanzia potesse trovare una via per rappresentarsi. Più o meno lo stesso di quanto riferisce Kracauer a proposito dei cortili di Parigi – ma si sa che i suoi cortili, le sue vie sono sempre quelli di Berlino, perché qui ha imparato ad essere flâneur e qui soltanto poteva esserlo completamente; come i Passages di Benjamin provengono dagli alfabeti berlinesi, coordinate mitologiche e caratteri affettivi imparati durante l’infanzia nella metropoli.
In tal senso Berlino è anche una patria sepolta, uno specchio meraviglioso rivolto al passato o almeno a qualcosa di molto somigliante a esso, intendendo qui il vissuto come uno spazio fisico più che concettuale. E tuttavia questo dare appuntamento alla memoria – che io, peccando magari di presunzione, vedevo come la possibilità di ritrovare qualche frammento della mia in un luogo che così tante ne aveva accolte – era per quanto mi riguarda un esercizio piuttosto maldestro, portato avanti casualmente, dal quale risalivo spossata. A cosa tendevo davvero? In quale parte di me mi dirigevo?
La città ha coltivato in me questa silenziosa regressione, la città-levatrice ha provocato il corpo a riscoprire gesti e rituali delle proprie origini.
Non sono le sue strade, non sono i suoi passanti, questi volti in cui capita di scorgere infinite epoche e mondi, nessuno in particolare nell’istante in cui ci si sofferma a guardarli, eppure presenti tutti insieme in uno sconvolgente unisono; questi passages, più del pensiero che della realtà, eppure di un'intimità così organica, sono le segrete scale da cui io discendo al fondo della mia immaginazione.
(Foto e testi di Claudia Ciardi ©)
«Smanioso di pervenire al luogo in cui il dimenticato mi sarebbe finalmente sopravvenuto, non potevo rasentare il più modesto vicolo laterale senza infilarlo e senza svoltare all’angolo che si apriva alle sue spalle. […] Nello scrutare, così, da ogni parte – dal sole fino all’ombra e di nuovo, indietro, al giorno – avevo la netta sensazione di non muovermi soltanto nello spazio, ma di varcarne non di rado i limiti e di fare irruzione nel tempo. Una segreta pista di contrabbandieri conduceva nel distretto delle ore e dei decenni, il cui sistema stradale era altrettanto labirintico di quello della città medesima ».
Siegfried Kracauer, Strade di Berlino e altrove[Straßen in Berlin und anderswo - Suhrkamp Verlag, 1964]
«Credo da tempo che, se una speranza ancora esiste per il continente europeo, essa si celi nelle potenzialità, artificialmente inibite, dei paesi compresi tra la Germania e la Russia».
Czeslaw Milosz, La testimonianza della poesia
Botanischer Garten - Bahnhof
Botanischer Garten - Bahnhof (detail)
Muro nella Fabeckstraße (Dahlem)
Hochstraße nei pressi di Gesundbrunnen Bahnhof
Schöneberg (Bahnhof) - pavimento della stazione
La Marlene di Friedenau (Bahnhof)
Friedenau (Bahnhof - Gestalten)
Nikolassee (Bahnhof - passage)
Un canneto al Wannsee - Schilf am Wannsee
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