La seguente riflessione nasce attorno a una frase di paternità ignota che, va detto, non è proprio un esempio di chiarezza anzi, posto che si venga in qualche modo rassicurati sul senso, non è del tutto condivisibile, ma invitante comunque a sviluppare un ragionamento sul camminare.
«Sulle montagne si possono trovare centinaia di sentieri che portano tutti nella stessa direzione, non importa quale decidiate di prendere. L'unica perdita di tempo è quella di colui che cammina in lungo e in largo, dicendo a quelli che incontra che il suo sentiero è sbagliato».
«Sulle montagne si possono trovare centinaia di sentieri che portano tutti nella stessa direzione, non importa quale decidiate di prendere. L'unica perdita di tempo è quella di colui che cammina in lungo e in largo, dicendo a quelli che incontra che il suo sentiero è sbagliato».
Riporto le voci dei tre commentatori sotto forma di variabili.
x: Perplesso.
y: A che proposito?
x: Riguardo la temerarietà delle affermazioni.
z: Che si imbocchi il sentiero "giusto" o quello "sbagliato", il passaggio delle nubi sulle montagne non delude mai.
x: L’errore grave di questo scritto è che nella natura le parole giusto e sbagliato sono senza virgolette.
y: Sbagliato senza virgolette, la parola "giusto" non c'è. Ho cercato questo scritto un po' dappertutto ma non ho trovato una vera e propria fonte.
z: Le virgolette stanno a indicare la relatività di due concetti che, come dici tu, non sono per l'appunto dati in natura e neanche nella vita dell'essere umano. Cosa sia giusto o sbagliato nessuno lo sa, il bello è mettersi in cammino.
x: Veramente ho scritto proprio il contrario. Ma va bene.
In natura se si prende il sentiero giusto si torna a casa. Se si piglia lo sbagliato è meglio, se c’è nebbia, avere il sacco a pelo. In Italia escono ogni anno 13000 titoli nuovi circa.
[L'incauta “z” aveva avuto l’ardire di presentarsi poco prima come soggetto in forze all’editoria]
z: Lo dirò senz’altro al mio editore. Quanto ai sentieri, mi è capitato più di una volta di imboccare quelli sbagliati, ma quando ormai pensavo di essermi persa, ogni volta mi sono ritrovata in un luogo assai migliore.
Al di là del tono di fondo piuttosto pugnace, e la materia non mi pare cosa su cui accalorarsi, questo breve confronto mi ha stimolata a scriverne. È evidente che “z” gioca sul filo della metafora. Assurdo sarebbe infatti prendere alla lettera la frase citata all’inizio. I sentieri in montagna non vanno affatto nella stessa direzione, alcuni si perdono nel nulla, altri sono semplicemente impraticabili per le ragioni più diverse. Invece, postulando che alla base dell’affermazione vi sia l’idea che il viaggio è bello per sé, e dunque vale la pena affrontarlo, anche se questo comporta incertezza e forse perfino incoscienza, allora l’insieme del discorso diviene più congruente. Nell’identico procedere dei sentieri verso la meta, bisogna leggere, credo, quel pungolo a mettersi in strada che l’essere umano, qualsiasi sia l’epoca o la latitudine di provenienza, possiede come uno dei suoi istinti.
È curioso che nel dialogo riportato, la necessità di accogliere sotto forma di metafora quanto si dice non venga presa in considerazione. Ma vi è pure un ulteriore aspetto che sollecita a soffermarsi sulle parole. “Giusto” e “sbagliato”, virgolettati per introdurre alla via metaforica, sono certamente due concetti basati sull’esperienza umana. Quindi, anche fuor di metafora, dire che in natura le virgolette non ci sono equivale a sostenere che il cielo è azzurro; sì, azzurro al nostro occhio. La natura, dal suo punto di vista, non contempla affatto questi due concetti. L’uomo con il fraintendimento che ne deriva, glieli affibbia in totale disinvoltura. Del resto è l’unico modo che ha per immaginarla. Considerarla anche solo parte del suo ragionare, per quanto polo opposto e incomprensibile e depositario di forze minacciose, implica da parte sua l’inserimento in un sistema di pensiero che da se stesso volge all’esterno.
L’uomo traccia le sue strade, interiori e reali, ovunque ritenga opportuno, a volte non senza forzature o aggressioni; anzi proprio da questo atteggiamento spesso manchevole della ricerca di una complicità con la natura, ossia di far arretrare se stesso, vengono nefaste conseguenze. Dunque, socraticamente parlando, cosa sono il giusto e lo sbagliato in assoluto l’uomo non è in grado di saperlo. Cosa siano per la natura è domanda priva di fondamento, perché presuppone vestire la natura di panni che non può indossare.
E siccome, benché s’illuda, la riflessione umana è necessariamente limitata, sarà pure il caso di non interrogarsi troppo su quelle vie che, almeno in apparenza, non ci portano a nessuna meta. Ce le ha descritte magnificamente Martin Heidegger, battezzandole Holzwege, alla lettera “sentieri del legno”, in quanto servono ai boscaioli a portare la legna fuori dal bosco e quindi si interrompono dove gli alberi sono stati tagliati. Con tale metafora Heidegger voleva affermare che non esiste un’unica via per pensare, ma che tutte hanno una loro utilità e legittimità.
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