Un
librino che si lascia leggere in un soffio e che è stato capace di mobilitare
le piazze occidentali appena uscì alla fine del 2010. La crisi economica era
iniziata da due anni, ufficialmente si disse con la bufera dei mutui subprime
sottoscritti in America e il collasso di Lehman Brothers – lì imparammo che
anche le banche possono fallire. Tuttavia segnali di stallo, accompagnati da altri
sintomi più o meno manifesti, si erano cominciati a scorgere già qualche anno
prima. L’estendersi della disoccupazione giovanile, crescente in
Italia ed Europa, ha disegnato una curva progressiva e inarrestabile
nell’ultimo decennio. Già ai suoi inizi era inevitabile pensare che ciò avrebbe avuto un impatto serio sugli equilibri interni dei paesi occidentali.
Tra attesa e disincanto la pancia dei
popoli ha iniziato a smuoversi; la Grecia continua a faticare nella spirale di
un debito che bisognerebbe avere il coraggio di discutere una volta per tutte,
la Gran Bretagna ha fatto “ciao” all’Europa – anche se è tutto da verificare
cosa significherà in pratica “uscita” – e Trump sarà il prossimo inquilino alla
Casa Bianca. Un’idea diversa di politica ha iniziato a scardinare certi dogmi su
cui il potere si è autoalimentato fino ad oggi: forze antisistema o partiti
che hanno voluto mettere in discussione il crisma dell’austerità, l’erosione
imposta, e prescritta come necessaria, delle tutele sociali, in una parola la
resa passiva di fronte alla compromissione dei diritti di ognuno, in quanto
essere umano e cittadino di uno Stato. La posta in gioco, dunque, per i nuovi
schieramenti non è più solo la scalata al vertice ma l’intento destinato a maggior durata di ridisegnare la sostanza dell’arte politica e della partecipazione,
estesa e realmente rappresentativa, alle decisioni che riguardano la
collettività.
A
novantatré anni Stéphane Hessel ha voluto rivolgersi ai più giovani perché sentissero
sulle loro spalle l’eredità della resistenza e, dunque, la missione di difendere
quei valori conquistati col sacrificio di tante donne e uomini generosi, oltre
che coraggiosi. L’essenza del discorso è la stessa che Tina Anselmi ha evidenziato
in uno dei suoi ultimi interventi: c’è una lotta per la libertà ma c’è anche la
lotta necessaria perché questa libertà venga preservata a beneficio delle
future generazioni.
Stéphane,
nato a Berlino nel 1917 da Franz Hessel, il famoso scrittore e giornalista amico
di Walter Benjamin con cui tradusse in tedesco l’opera di Proust, quando descrive
la sua vicenda nella resistenza parla di “vita restituita”, intendendo non solo
l’essere scampato alla morte, in modo fortunoso e quasi miracoloso a un istante dall’esecuzione per mano del plotone tedesco, ma anche il ritorno a una vita ancora
più piena e consapevole, perché passata attraverso scelte radicali che avevano
messo in discussione tutto, e dunque appunto anche la cosa più preziosa. Quella fase di lotta e impegno nella causa di liberazione ha orientato
l’esistenza di chi vi ha preso parte nel segno di un attivismo irrequieto e
propositivo. Hessel sprona quindi i giovani a guardarsi intorno; sebbene
infatti non vi sia in apparenza un nemico da battere al fronte, molte sono le
minacce che rischiano di assottigliare, se non cancellare, i progressi del
secondo dopoguerra. Tali minacce vanno arginate al più presto, affinché il
danno non divenga irreparabile, e perciò l’anziano ma energico “resistente” scuote
ogni cittadino responsabile a essere vigile, a porre le proprie capacità e
sforzi al servizio degli altri e della loro tutela. Insistere in un cammino che
tenda a liberare l’essere umano dal timore e dal bisogno, risolvere gli
squilibri, non trascurare né tantomeno accrescere il divario, garantire
istruzione e un reddito che possa dare opportunità effettive e durevoli di
inserimento nella società. L’emarginazione è ciò che deve più di tutto
spaventarci, in quanto anticamera di conflitto, rancore, odio, guerra. Dove vi
è emarginazione, il diritto arretra, la democrazia cede.
A
volte al cambiamento – un cambiamento insidioso se generico, non declinato, non
meditato né condiviso – è preferibile la conservazione. Questa, troppo
affrettatamente liquidata come lentezza o inadeguatezza ai tempi, è invece un
bastione sicuro da cui difendere la nostra identità e, dunque, i valori
libertari che questa identità affermano.
(Di
Claudia Ciardi)
Stéphane Hessel,
Indignatevi!,
Add editore, 2011
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