In
questo numero di aprile non poteva non essere presente una sezione fotografica
dedicata al risveglio della primavera in montagna. Gli scatti di Fabio
Beconcini, di professione infermiere caposala e iscritto alla sezione Cai di
Pontedera, ci guidano con poesia alla scoperta di una natura appartata e di
magnetica bellezza. Dalla rara orchidea dei Monti Pisani agli asfodeli del
Monte Croce, ai crochi del Matanna sulle Alpi Apuane entriamo in un paesaggio
incantato, di certo meno noto rispetto ad altri itinerari più facili da vendere
e pubblicizzare, ma perciò ancor più capace di sprigionare un fascino arcaico.
Ampio
spazio è quindi dedicato alla letteratura di montagna a partire dall’aggiornamento
sullo stato del patrimonio documentario della Biblioteca Nazionale del Cai
(Torino). Incontriamo poi nell’intervista a firma di Lorenza Giuliani il
percorso narrativo di Antonio Bortoluzzi, scrittore originario del bellunese,
il cui ultimo romanzo Paesi alti, ha
ottenuto un ampio consenso, vincendo il Premio Gambrinus per la sezione
montagna, cultura e civiltà. La scrittura di Bortoluzzi vanta ormai numerosi
riconoscimenti in alcune tra le più importanti rassegne italiane – finalista al
Premio Cortina d’Ampezzo 2016, vincitore del Dolomiti Awards 2016, finalista
per due edizioni al Premio Italo Calvino – è attualmente membro accademico del
Gism (Gruppo italiano scrittori di montagna).
Prosegue
l’omaggio a Bianca di Beaco, voce femminile dell’alpinismo, scrittrice,
geologa, donna animata da moltissimi interessi culturali e soprattutto da
un’umanità che ha saputo trasfondere nelle sue numerose attività legate alla
montagna. Se ne ricorda il messaggio in queste sue parole: «Alpinista sì, ma
nel senso che vado a farmi abbracciare dai monti, vado ad abbracciare gli
alberi, vado per i prati… È un alpinismo strano: quando mi domandano “che
attività hai fatto?”, io in genere non lo so; o meglio lo so per ricordi,
sensazioni, emozioni, più che per le salite, tant’è vero che queste non le ho
mai segnate: non ho mai avuto uno spirito dell’attività, ancor meno della
ricerca di primati».
Di
questi “sentimenti verticali” ci parla anche la collana “Passi”, frutto della
collaborazione del Cai con l’editore Ponte alle Grazie, ora al terzo volume in
uscita, che con la Montagna vivente
divulga in Italia il diario intimista della scozzese Nan Shepherd (1893-1981).
Non
mancano infine gli approfondimenti legati alla storia della montagna, al clima
e alle imprese che si sono avvicendate sulla lunghissima e avventurosa via alle
cime. Nel dare notizia di una ripresa intensiva dell’attività vulcanica lungo
tutta la cintura di fuoco a partire dallo scorso inverno, si ipotizza un
possibile nuovo raffreddamento delle temperature sulla terra. Cosa tutta da
verificare e di cui solo il tempo potrà dare conferma. Che una piccola
immediata conseguenza sia da registrarsi nelle abbondanti nevicate sulle Alpi
marittime, condizione durata fino a questa primavera? Proprio di recente una
contadina del cuneese commentando il fenomeno dell’innevamento eccezionale mi
ha detto: «È cambiato qualcosa». Sesto senso dei montanari? È un fatto che le
eruzioni influiscano su dinamiche e composizione dell’atmosfera. Nel 1815
l’eruzione del vulcano Tambora provocò il cosiddetto “anno senza estate” al
quale seguì un calo delle temperature e una vera e propria piccola glaciazione.
In precedenza qualcosa di simile, e con effetti ancor più estesi, avvenne tra
il XVI e il XVII secolo. L’irrigidimento del clima a partire dal 1570 è al
centro di un libro molto dibattuto fin dalla sua comparsa nel 2017, Il primo inverno del giornalista e
saggista tedesco Philipp Blom, ora edito da Marsilio. Contestato da diversi
storici del clima che vi hanno ravvisato inesattezze nella descrizione degli eventi atmosferici e cronologie imprecise, è
la testimonianza di quanto l’argomento sia al centro di una vivace discussione
tra gli addetti ai lavori.
Chiudo
segnalando la bella rassegna dedicata alle primitive attrezzature di montagna,
all’avventurosa vicenda della loro messa a punto, una storia fatta di artigiani e
gente che aveva voglia di osare. Con le suggestive foto d’epoca del Museo
Nazionale della Montagna di Torino si va all’indietro, risalendo alla
testimonianza di storici e geografi antichi, da Strabone, passando per Teofane di Mitilene, che a proposito delle guerre contro Mitridate ci descrivono i
montanari del Caucaso attrezzati con le prime scarpe chiodate di cui si abbia
notizia.
C’è
infine da porre l’attenzione su un’importante iniziativa che riguarda lo
sviluppo sostenibile. Tracciata nelle sue direttive dall’Onu, in ballo c’è
l’attuazione degli obiettivi messi in agenda da questo organismo entro il 2030,
chiedendo un impegno sostanziale alle forze politiche e l’orientamento deciso,
in Italia e nei paesi aderenti, delle future strategie di governo. Il Cai è
membro attivo dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (Asvis) che
attualmente raccoglie centottanta aderenti, costituendo la più grande rete di
organizzazioni della Società civile mai creata nel nostro paese.
Desidero
divulgare anche qui i dieci punti dell’appello rivolto dall’Asvis alle forze
politiche. Si tratta di un impegno che il prossimo governo, al di là delle
singole appartenenze di partito, abbia cura di far valere, considerandolo tra le
priorità del suo programma:
1. Inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, come già fatto da diversi paesi europei.
1. Inserire nella Costituzione il principio dello sviluppo sostenibile, come già fatto da diversi paesi europei.
2.
Dare attuazione a una efficace strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile
orientata al pieno raggiungimento dei 17 obiettivi dell’Agenda 2030, da
realizzare con un forte coordinamento della Presidenza del Consiglio.
3.
Promuovere la costituzione, all’interno del futuro parlamento, di un
intergruppo per lo sviluppo sostenibile.
4.
Rispettare gli accordi di Parigi per la lotta ai cambiamenti climatici e
ratificare al più presto le convenzioni e i protocolli internazionali già
firmati dall’Italia sulle altre tematiche che riguardano lo sviluppo
sostenibile.
5.
Trasformare il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica
(CIPE) in Comitato Interministeriale per lo Sviluppo Sostenibile, così da
orientare a questo scopo gli investimenti pubblici.
6.
Definire una strategia nazionale per realizzare un’agenda urbana per lo
sviluppo sostenibile che si affianchi a quella già esistente per le aree
interne, rilanciando il Comitato Interministeriale per le Politiche Urbane.
7.
Istituire, nell’ambito della Presidenza del Consiglio, un organismo permanente
per la concertazione con la società civile delle politiche a favore della parità
di genere.
8.
Coinvolgere la Conferenza Unificata per coordinare le azioni a favore dello
sviluppo sostenibile di competenza dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.
9.
Raggiungere entro il 2025 una quota dell’aiuto pubblico allo sviluppo pari allo
0,7% del reddito nazionale lordo, coerentemente con gli impegni assunti
dall’Italia di fronte alle Nazioni Unite.
10.
Operare affinché l’Unione Europea metta l’impegno per attuare l’agenda 2030 al
centro della sua nuova strategia di medio termine.
(Di
Claudia Ciardi)
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