Fino
al 22 aprile è possibile visitare al Museo Ettore Fico di Torino la mostra
dedicata a Filippo de Pisis. Un intenso percorso artistico che mette in luce il
variegato cammino del pittore ferrarese, una rassegna ben articolata sul piano
delle opere esposte e degli spunti tematici. L’evento conferma l’ottimo livello
delle iniziative culturali messe in campo dal capoluogo del Piemonte, centro
attrattivo fra i più consolidati in Italia per quantità e qualità dell’offerta.
A margine, e neanche tanto, si noti che la collocazione al Mef è un valore
aggiunto, essendo un polo espositivo d’eccellenza, bello e da vivere anche
per la sua semplicità architettonica, in una zona urbana che sta attraversando una
fase di espansione e fermento culturale ulteriore.
De Pisis è artista dalle tante sfaccettature che, partendo dalle esperienze a lui contemporanee di de Chirico, Savinio e dei “metafisici” e allo stesso tempo mostrando fin da giovane la più ampia ed eclettica dedizione allo studio dei grandi maestri del passato – la pittura del Cinquecento e del Seicento veneziano, Tiziano, Tintoretto, Tiepolo e poi molti dei cosiddetti minori, tali solo per convenzione, gli impressionisti, poi studiati in loco durante il soggiorno parigino – crea un linguaggio proprio, fondante, nodale e subito destinato a tracciare rotte inesplorate nel panorama novecentesco.
La
sospensione delle nature morte, il perenne incerto a cui sono consegnate,
spoglie, ineffabili eppure così compiute, quasi fin troppo credibili nella loro
disarmante compiutezza, e l’irraggiamento di infiniti mondi all’orizzonte,
qualcosa di conturbante che apre a strani eterni, protesi, liquidi, fuggevoli.
Questa dualità stravolta di tempo in decadenza e non tempo, esercita un potere fiabesco
sull’osservatore, che si sente sempre trascinato a una soglia metafisica. Ma la
mostra ci racconta ancor più lo studio attento, perfino esplorativo se
vogliamo, coltivato da de Pisis in diverse direzioni del sapere. Dalla
consuetudine con la poesia, che coltivò in proprio ottenendo per i suoi versi
anche un certo riconoscimento in Francia, e accresciuto dall’amicizia coi
futuristi, con Umberto Saba ed Eugenio Montale, alla musica, alla botanica – fu
paziente compilatore di erbari, disegnatore, cercatore di piante per passione. E
ancora, collezionista d’arte e di codici miniati, interesse quest’ultimo che
gli fece sviluppare tecniche di finissimo decoratore, al punto che i suoi
“ritagli da amanuense” sembrano strappati a manoscritti originali.
Infine,
il suo studio, il microcosmo dove questi tanti universi paralleli entravano in
collisione, cercandosi, contaminandosi. Quello studio ovunque ricreato, angolo
salvifico e osservatorio privilegiato in ogni città vissuta; Ferrara, Bologna, Roma,
Parigi, Milano, il suo centro radiale, la sua conchiglia pulsante si ritrova
intatta ad ogni tappa. L’allestimento torinese consente di toccare con mano
questa intimità del processo creativo di de Pisis, di afferrarne le diverse
dinamiche e anche di entrare in sintonia con l’artista, tanto le stanze
dedicate si aprono allo sguardo come finestre biografiche, non solo complici
del fraseggio critico ma ancor più irradiate dal racconto umano.
(Di
Claudia Ciardi)
Link utili:
*Le prese sono state autorizzate dal
personale della mostra
Natura morta con libri
Paravento delle tre stagioni
Natura morta con candela
Composizione (Pagliaccio)
Erbario
Miniature
Nessun commento:
Posta un commento