Sul
filo di apparizioni incerte, momentanee cui talora capita di sentirsi più vicini, lievi tracce
disseminate nel vivere che a volte riusciamo a cogliere e salvare scendendo
a un maggior grado di profondità, nascono gli invisibili incanti di Filomena
Ciavarella. Versi che ritraggono la meraviglia di delicati prodigi – lo
schiudersi di un fiore, il cadere lento della luce all’imbrunire, certi aromi
di un’ora – una silenziosa epica quotidiana apparentemente senza importanza, ma
che proprio attraverso la sua intangibile trama gettata sulla realtà ne rivela l’intima
sostanza.
Se infatti la parola incantare, da cui deriva l’italiano incantesimo, è un cantare dentro e sopra le cose per rianimarle e suscitarle a una qualità benefica, germinante, precognitiva, questo carattere appartiene senza dubbio alla scrittura dell’autrice, che ora lambisce i toni di una preghiera, ora tocca le formule di una benedizione o il mistero di un sogno in veglia.
Classe 1965, insegnante di filosofia e traduttrice di alcuni grandi nomi della letteratura anglosassone, tra cui Emily Dickinson e William Butler Yeats, Filomena Ciavarella costruisce sui contatti tra linguaggio filosofico e poetico la base delle propria ricerca, un dialogo serrato quanto stimolante che ha la virtù di riportarci al nucleo delle parole, alla loro genesi stratificata, poliedrica, metamorfica. E proprio in questo rigoroso andare alle radici del “séma” (σῆμα), all’unità minima significante che è avvolta dalle leggere ma tenaci tessiture del dubbio e della rivelazione, consiste il rifiuto di un comunicare istantaneo, affrettato, ripetitivo che finisce per svuotare tutto di senso.
Rita Bompadre con la sua attenta lettura ci introduce alla scoperta di questa meritevole opera,
invitandoci a seguire l’autrice, molto attiva anche nel contesto internazionale, in un costante impegno per la diffusione della poesia.
(Di
Claudia Ciardi)
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Versi
per l’invisibile di Filomena Ciavarella (Transeuropa Edizioni, 2020) è una
raccolta poetica che segue il destino del filamento indelebile dell’anima, il
retaggio celebrativo dei sentimenti, nascosti e protetti nell’impercettibile
speranza della comprensione umana, dilatati nel limite dell’inclinazione
delicata della poetessa che difende la persuasione di vivere oltre la
mediazione delle sconfitte e la consapevolezza dell’angoscia.
I
versi ricompongono laceranti sofferenze, indicano il senso compiuto e puro di
ogni confessione emotiva, analizzano le traiettorie primordiali
dell’autobiografia, ispirata e conservata nel giudizio del profondo vissuto,
trasportano il bagaglio sentimentale della poetessa alla stabilità dei ricordi
e percepiscono la resistenza dei rapporti affettivi.
La
qualità espressiva della poesia è funzione e proprietà esistenziale, estende
pagine diffuse nel prolungato e accorato elogio all’amore, nella generosa
consistenza della memoria e nell’istintiva intimità di luoghi, di persone amate
e di assenze sofferte. La poetessa destina la sua viva maturità nell’evidenza
dei valori smarriti in cammino e in pena per l’allontanamento continuo delle
voci partecipi, condanna la freddezza del distacco sostenendo la tenerezza,
ripercorre la vicinanza ritrovata con rara poesia. La suggestiva ossessione del
sentire e della passione guida i pensieri, allinea la spontanea complicità
della presenza amorosa, dona l’interiorità e la corposità di ogni intesa
sensibile.
Una
poesia dedicata al raccoglimento nella concentrazione del silenzio e nella
benedizione degli avvenimenti privati, dove la parola diventa la forma di
comunione assoluta con i legami vitali più duraturi. Il fine universale e
sensoriale delle poesie di Filomena Ciavarella rafforza la percezione della
libertà creatrice e mantiene la stabilità delle sensazioni nell’azione
immanente dell’agire in nome dei desideri per superare gli ostacoli.
Versi
per l’invisibile trasforma il passaggio transitorio della causalità dei
comportamenti umani adeguando l’analisi delle conseguenze nella loro graduale
sparizione dalla regione dell’indifferenza. L’invisibile è la dimensione di
ogni lieve sguardo sulla inafferrabile lontananza. La poetessa dedica la natura
estetica della sua poetica alla conciliazione del senso, all’insieme
strutturato degli intenti di esplorazione, incisivi e contenutistici,
incoraggiando l’aspetto della conoscenza e la rappresentazione della realtà.
Una
poesia naturale, un’esigenza quotidiana di bellezza, in cui la
materializzazione delle paure e la manifestazione delle visioni interiori
permettono di consumare la parola scritta nell’istinto alla ricorrenza della
vita. Nella tormentosa incertezza del futuro l’oscillazione inavvertibile del
tempo muove la curva della poesia nello spirito rivelato della memoria,
sconfinando la distanza di una consuetudine disincantata nella volontà dei
versi e nel continuo attraversamento di ogni ombra, nella superficie di ogni
coinvolgimento.
(Di Rita Bompadre – Centro di Lettura “Arturo Piatti”)
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Filomena Ciavarella, Versi per l’invisibile, Transeuropa Edizioni, 2020
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Testi selezionati da Rita Bompadre, tratti da Versi per l’invisibile:
Serraglio
d’amore
Un
lieve serraglio d’amore
mette
il laccio al tramonto
come
una bella di notte
che
nel suo intimo chiude
l’ultimo
raggio di luce
E
nella sua gemma preziosa
attende,
attende
silenziosa
la
nascente aurora.
Incerta
bellezza
Incerta
è la bellezza
È
un filo d’erba nella stanza
Non
lontana da te
Tenue
come piuma al vento
Prima
di volare via
Ancor
più candida nella memoria
Da
quando l’invisibile
l’ha
presa con sé.
Lettera d’amore
Le
voci sonore all’imbrunire
Fanno
eco dove si svuota
l’estasi
nel lento cadere
della
luce
in
uno splendido
volo
su bianche ali
di
cigni nella notte
Si
rivelano antiche
danze
di tempi andati
nel
vento odoroso di menta
sulle
scie che primavera
lascia
nel suo canto innocente
È
la più bella lettera d’amore
che
il tramonto consegna
all’oscurità.
Il cerchio fra le dita
Tra
le dita teniamo
il
cerchio
per
rendere l’ignoto
al
suo arco
Lo
accarezziamo,
fino
a quando si leverà
in
un luogo senza – luogo
e
la matassa troverà il filo
come
fiore sotto il cielo
E
la folgore ardente il senso
sulla
vela del sudario.
Fu
così che si son piantate le viole
Fu
così che si son piantate le viole
Sono
vive nel deserto della notte
I
petali raggiano l’inafferrabile
Sulla
soglia tremano
nel
giorno
che
sempre si smarrisce.
Ed
è così che si son piantate le viole
negli
occhi fermano
la
notte
arrivano
da un fiume millenario
sulle
strane pendici
dell’invisibile.