20 marzo 2021

Tra ricognizioni e avvistamenti dell'umano

 
«È falsa la partenza, è un variare del restare». Così Milena Tagliavini volgendosi ai Dialoghi di Seneca riflette sui poli dell’esperienza umana, l’eterno viaggio del sé, l’ombra che ci segue ovunque decidiamo di andare. Quando ci mettiamo su una strada non possiamo infatti prescindere da uno sguardo interiore, dal comprenderci se si vuole davvero tentare un’altra via di comprensione del mondo. Questo attraversare gli eventi che ci scuotono, in senso fisico e psicologico, segna le nostre scelte, la capacità di adattarci e non respingere la vita, anche e soprattutto nel difficile periodo che stiamo affrontando laddove la realtà continua a regalare quei piccoli miracoli quotidiani su cui è bello soffermarsi. L’erba e il suo sentore che si offrono quando usciamo, il riflesso rosato della neve in montagna, che ci parla da lontananze inattingibili ma colme di misteriosa fede, il coraggio di una montaliana breccia fra le mura per vincere la prigionia e la sua soffocante aridità. Con delicatezza e levità la poetessa ci insegna un’antropologia di «movimenti minimi», ci sprona ad attingere a una «cieca volontà di vivere», perché ora più che mai l’essere umano è chiamato a una prova di resistenza e l’unico modo per superarla è non smarrire il solo legame che salva, quello coi propri simili.
Un paio di anni fa mi chiesero di intervenire sulla dissoluzione economica e sociale prevalenti all’inizio del nuovo millennio. In tempi ancora non sospetti – l’epidemia sarebbe scoppiata circa l
anno successivo – dissi che la vera domanda che bisognava porci non era più su chi fosse l’altro – cardine dell’indagine antropologica fin dai suoi albori – piuttosto su dove fosse. Il mio era un richiamo al livellamento dei luoghi e delle culture, alla svendita dell’umana possibilità di crearsi e ricrearsi il proprio destino anche accettandone i rischi, calpestando le conquiste del libero arbitrio, parlando di letteratura e scienza in modo da occultare il portato di entrambe, identificandosi nella fuga verso un modello incapace di interpretare le differenze se non mettendone in luce la loro carica negativa. Se i fenomeni come ci ha insegnato Schopenhauer non sono soltanto quel che appare ma forze spirituali da cui promana uno stadio più autentico della conoscenza, allora la poesia diviene un medium potentissimo per tornare a vedere in profondità.
Nelle Ricognizioni di Milena Tagliavini colgo questo messaggio, in quanto l’uscita nel territorio, la sua esplorazione richiede poi, come spiega l’autrice, decisioni operative. Si tratta cioè di interpretare le informazioni raccolte sul campo e da lì risolversi ad agire. La ricognizione, dice Milena, è anche se vogliamo un recognoscere, un conoscere di nuovo, una riscoperta e un richiamare alla memoria – peraltro questo attaccamento all’antico, alla radice latina delle parole rivela la necessità di chinarsi alle sorgenti sentimentali della lingua, di riavvicinarne il vero volto nel divenire della storia, proprio a partire dalle sue intonazioni etimologiche.
La sensibilità di Rita Bompadre dedica alle sfumature di questa raccolta un raffinato contributo che col passo lieve di una lettrice riconoscente invita a misurarne il terreno e le latitudini emotive.

 
(Di Claudia Ciardi)



 

“Ricognizioni” di Milena Tagliavini (Giuliano Ladolfi Editore, 2020) è una conferma introspettiva all’analisi autonoma della forza poetica, all’indagine inconscia dell’esistenza. Milena Tagliavini prende atto della coscienza osservando la confidenza finalizzata al riconoscimento del proprio mondo, esaminando la propria interiorità interpretata da idee, intenzioni ed esortazioni che generano l’essenza dell’identità della poetessa.
I versi, estendono la percezione interna all’attività riflessiva del pensiero, esprimono la voce dialogante con l’anima, dispongono l’intesa della comprensione con il trascorrere dell’autenticità del tempo, dilungando la veridicità degli stati d’animo. L’autrice attinge le sensazioni, raccoglie il riscontro dei sentimenti attraverso ogni manifestazione esplorativa, identifica il percorso esistenziale con l’itinerario della sensibilità, rileva gli accertamenti dell’ispirazione. Il privilegio e la grazia di concedersi una mediazione nella comunicazione elegiaca, permette di verificare la qualità medianica degli avvertimenti sensibili, di descrivere l’evocazione delle convinzioni, la persuasione dell’esperienza. Lo spirito che riflette la luce delle intonazioni umane, irradia una telepatia di emozioni, scorge sempre un significato ultimo da attribuire alla vita, al senso di ogni valore, alla direzione da intraprendere, al messaggio di speranza da divulgare. Il coinvolgimento psicologico ed antropologico della poetessa valuta reazioni profonde ai propri interrogativi sull’abilità del vivere, inseguendo la continua evoluzione dell’inconoscibile, insondabile mistero dei tentativi, cercando di confermare l’universalità della comprensione.
Dimostrare la disponibilità dei fenomeni umani, fornire il requisito della saggezza è lo spunto di riflessione per manifestare la presenza oltre l’invisibile linea di confine dello spirito, per invocare la libertà e la volontà delle contraddizioni terrene, per restituire la fermezza del giudizio e della ragione nell’ambito dell’emozionalità, dell’atteggiamento agnostico sui dissidi esistenziali. La poesia di Milena Tagliavini amplifica i quesiti umani universali, propone domande sull’uomo e sull’origine della bellezza, offre la resistenza all’insicurezza, cercando di colmare il vuoto della provvisorietà, superando il tragitto dell’inquietudine, placando la diffidenza oltre ogni apparenza. La poesia, consumata dal tormento doloroso dei conflitti irrisolti o irrisolvibili, strappa con dolore vivo ogni nuova lacerazione, intervallando il ritmo persistente del tempo che scorre, sussurrando la suggestione dei versi adagiati sulla pagina, con la lieve e consapevole consuetudine alla malinconia, ricostruendo dall’indifferenza la sostanza della luce anche attraverso le ombre degli ostacoli. Il monito delle oscure difficoltà permette l’adattabilità dello sguardo a vedere oltre, rischiarando la luminosità del raggio visivo nel riscatto dei versi.
“Ricognizioni” accoglie la necessità della speranza ed evidenzia il disincanto, alternando rumore e silenzio, affermando l’intimità della poesia che risolve le ostilità, travalicando le siepi. Nella costante ricerca stilistica la generosità emotiva perlustra il presentimento del sentiero vitale attraverso percorsi obliqui, trattiene la fragilità con l’intento di aggirare il richiamo incisivo del monologo interiore, abita lo spazio della nostalgia, coniugando la resilienza poetica alla ricostruzione delle opportunità positive, nell’arricchimento del cambiamento e della trasformazione nelle piccole dichiarazioni impalpabili dell’amore.


(Di Rita Bompadre - Centro di Lettura “Arturo Piatti”)

 

* Testi selezionati da Rita Bompadre

 

Nuovomondo – La nave


Visto dall’alto è un canale
d’acqua salata con gli argini fondi,
qua di cemento e là di lamiera.

Si spacca la folla in diagonale,
una faglia slitta via.

E tutto crolla,
ma solo dentro.

 

Il rosa della neve


Incorniciata dalla guarnizione
del parabrezza tra il ponte e le strade
l’aureola appare come altro a sé.

Sarebbe una voce capace di tagliare
il nastro della ragione che ci lega qui
se con la pazienza di un docente
non ci dimostrassimo ciechi
di fede ogni giorno il teorema.

Così la fila avanza e lascia
una curva in discesa ai lati
della labbra mentre le dita
dei monti affrescano l’impossibilità
di catturare il rosa della neve.



La trappola

Con pazienza ho infilato per ore
i punti dell’ago come se la danza
delle dita fosse un rituale,
la pozione per ignorare il tempo.
Nell’urgenza del respiro
non avevo che questa azione inutile,
che restare sola senza parlare
dentro i muri.


Mani

Proprio oggi ho visto le tue mani
scolpite nelle sue. Mi ricompari
a tratti, a pezzi, ancora viva.
Sono carne di nostalgia le dita
di marmo molle senza rughe
e con lo smalto scuro. Sguardo
che richiama di fianco la tua assenza,
corpo invisibile tra noi.

 

Tra due muri

 
Mi volti le spalle e vai tra due muri
di fiori, hai le redini
di ciò che è stato. Il piede alzato
per il passo e la sensualità
del vento in una curva sui capelli
non si perderanno. La carta
e gli occhi scambieranno
per anni le interpretazioni.

Oggi il non visto ha un senso
d’arresto che si prolunga,
di sospensione del fiato mentre
la palla sta alta sulla rete.


Una svolta


È una svolta che forse non c’è
questo giorno colmo di pensieri.

Sei un uomo con le valigie piene
d’aria. Ogni volta che le aprirai
darai pane ad altri respiri.


Creazione

Ho creato una breccia fra le mura,
un’evasione di note.
Una preghiera materiale
del corpo vivo.
È carne e terra e cielo.
Ha il sapere, oltre le regole
dei soprusi della ragione.

 

Da Milena Tagliavini, Ricognizioni, Giuliano Landolfi Editore, 2020

 
Sul canale “My Urby” l’intervista alla poetessa che racconta la propria esperienza di vita e di scrittura con delicatezza e passione (ottobre 2020).


2 commenti:

  1. Gent.ma Prof.ssa Ciardi,
    la ringrazio infinitamente per l'attenzione dimostrata verso la mia nuova raccolta di poesie "Ricognizioni".
    Mi emoziona molto leggere approfondimenti, riflessioni e nuove interpretazioni dei miei versi.
    Condivido senz'altro il suo interessante lavoro, sperando di far conoscere a nuovi amanti di arte e letteratura ,non solo la sullrecensione ma anche la sua rivista online.
    Cordiali saluti
    Mena Tagliavini

    RispondiElimina
  2. Carissima Milena, grazie per le parole di attenzione e affetto che ha rivolto al mio lavoro. Incontrare la sua poesia, su proposta di Rita Bompadre, preziosa curatrice di letture del panorama contemporaneo, è stato per me un grande piacere. Come anche ascoltarla nella bella intervista a cui ho volentieri indirizzato i lettori desiderosi di conoscerla. Respirare questa sua premura nei confronti delle radici culturali latine e la serenità con cui ci invita ad avvicinare l'umano, è un dono veramente raro nei tempi che stiamo attraversando.

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