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8 aprile 2017

Alle Gallerie di Trento la grande fotografia d'autore




Trento si è candidata capitale italiana della cultura per il 2018. Un titolo che sarebbe stato meritatissimo a giudicare dall’offerta che la città sta mettendo in campo, non solo in occasione delle tante ricorrenze e iniziative ispirate dal centenario della Grande Guerra.
Un salto al centro espositivo delle Gallerie – località Piedicastello, circa un chilometro dalla stazione – poliedrico crocevia di arti e storie, è una tappa obbligata, direi, per qualsiasi visitatore di passaggio. 
Sono qui in corso tre grandi mostre, tutte a ingresso libero – viene richiesto un contributo minimo qualora si desideri acquistare il materiale messo a disposizione dai curatori – cataloghi, digitalizzazione di immagini, stampe.
Il primo degli eventi che desidero segnalare riguarda la suggestiva rassegna fotografica sul Nepal, raccontato dagli scatti di Giuseppe Benanti, Giacomo d’Orlando, Paolo Piechele, che riserva uno spazio particolare al disastroso terremoto del 25 aprile 2015. L’economia già fragile di questo paese, in seguito al violento sisma, subisce un ulteriore durissimo colpo. I numeri del dramma sono davvero sconvolgenti, in termini di perdite di vite umane e distruzioni materiali: ottomila morti, tre milioni di sfollati, novecentomila abitazioni distrutte o lesionate.  

Questi fotografi coniugano l’amore per il luogo all’impegno umanitario. Il progetto Maheela (“donna” in nepalese), di cui sono promotori, cerca di offrire assistenza ai nuclei familiari, facendo leva soprattutto sulle figure femminili. Una scuola di lavorazione dei tessuti, l’avvio alla coltivazione di pochi ortaggi permette a una donna di raggiungere un’autonomia economica minima in grado di risollevarla dallo stato di estrema povertà; il che fa una grande differenza, specie nella profonda crisi in cui è scivolato il paese dopo l’evento sismico. Le mani ruvide di queste figure arcaiche, i loro sguardi levigati dai gesti quotidiani e dai singolari contrasti del paesaggio nepalese, e poi i silenzi sacri, quasi tangibili, dei rituali per i defunti o dei momenti riservati alla preghiera. E su tutto lo sguardo distaccato e meditabondo delle cime himalayane, altri occhi, innevati, lontani, catturati dentro un groviglio di nubi, mentre più sotto fioriscono i verdi campi da tè. Opposizioni cromatiche chiamate ad armonizzarsi in uno spicchio di terra dalle caratteristiche inconsuete quanto affascinanti. 

Segnalo quindi le altre due emozionanti esposizioni costruite intorno al binomio conflitti-profughi, tema di portata enorme nelle vicende umane e, purtroppo, di triste attualità. Da una parte, Fabio Pasini con una tecnica di esposizione insolita ci regala bianchi e neri sfuocati delle montagne trentine. Il Sass de Stria e le dolomiti di Sesto, per citare solo alcuni dei gruppi fotografati, affiorano con i loro profili ammorbiditi e fiabeschi. L’aspetto sognante, quasi spiritato, dei monti ci restituisce intatta l’avventura umana, nei suoi risvolti positivi legati alle scalate e alla scoperta di passi e vie nuove – il prima della guerra che aleggia come termine cronologico indefinito, inattingibile – insieme a quelli più foschi, destinati a divenire preminenti, suscitati dal conflitto, quando sulle vette correva la linea del fronte.

Nell’assenza di soggetti, Pasini mette volutamente al centro il paesaggio in quanto collettore di memorie tra chi all’ombra delle montagne ha vissuto e chi sulle creste si è trovato a combattere. Perciò non sorprende che le sue vette ci parlino con voce umana e che l’osservatore si trovi a dialogare con questi ritratti esattamente come farebbe di fronte a volti in carne e ossa. Di notevole interesse anche la sua idea di documentare la taiga siberiana, altri scatti di abbacinante solitudine, immagini come grandi murales in evidente collisione con la scelta minimalista dei quadri montani. L’autore ha voluto infatti evocare la perdita di punti di riferimento dei profughi di guerra dell’impero austroungarico, dispersi in Siberia e da lì costretti a estenuanti viaggi di ritorno – si pensi al celebre romanzo di Joseph Roth, Fuga senza fine. Mancava una restituzione visiva di questa vicenda, passata quasi sotto silenzio, e Pasini è riuscito, lasciando parlare la natura e la sua apparente, ma solo apparente, immobilità, a generare un transfert emotivo e diretto con i recenti naufragi della storia.

   
Per chiudere, infine, la mostra “Gli spostati” geniale già dal titolo, sui trentini costretti alla fuga e al trasferimento a causa dell’avanzare del fronte di guerra. Le foto delle distruzioni a Rovereto e in Vallarsa danno la dimensione tangibile di una catastrofe che inevitabilmente sradicò migliaia di persone dai propri territori (il programma avviato dal Comando italiano tra il ’15 e il ’17 implicò il ricollocamento di trentacinquemila civili in trecento comuni della penisola). A moltissimi altri toccò in sorte la deportazione forzata nei territori dell’impero: si tratta delle comunità che occuparono i cosiddetti “villaggi di legno”, agglomerati di baracche dove si faceva la fame e spesso si moriva. Lager ante litteram, chi riuscì a cavarsela in questi posti lo dovette alla fortuna e alla capacità di arrangiarsi; mestieri e ogni genere di abilità aiutarono a guadagnare quel poco che serviva a mangiare e vestirsi. Attraverso le foto e le lettere degli spostati si è ricostruita una testimonianza intima e diretta delle vicissitudini affrontate da ciascuna delle comunità disperse dallo scoppio della guerra.

(Di Claudia Ciardi)


All’entrata del polo sono presenti anche le mie due monografie di inediti tedeschi:

Robert Musil, Narra un soldato e altre prose, a cura di Claudia Ciardi, traduzione di Claudia Ciardi e Elisabeth Krammer, Via del Vento edizioni, 2012.
(Presente in poche copie in quanto il lavoro risale al 2012. Si tratta di una “fine tiratura” che mi sembrava buona cosa condividere in questa sede).

Thomas Mann, Sedute spiritiche e un'altra prosa inedita, cura e traduzione di Claudia Ciardi, Via del Vento edizioni, 2016.
(Diverse copie, trattandosi di una pubblicazione recente. Quindi chi è in zona o capita qui, si faccia avanti).



Maheela, mostra fotografica sul Nepal, fino al 28 aprile 2017


Fabio Pasini, Dalle Alpi alla Siberia, fino al 25 giugno 2017


Gli spostati. Guerra e profughi trentini, fino al 3 dicembre 2017


Segnalo anche La Gran Vera - La Grande Guerra, Galizia-Dolomiti presso il polo museale del Teatro Navalge di Moena fino al 28 ottobre 2017


21 settembre 2015

Il più lungo giorno

Con questo intervento, che rompe un silenzio piuttosto prolungato, desidero ringraziare chi nelle ultime settimane, in Italia e Germania, mi ha dedicato il proprio tempo e dato ospitalità, nonostante i crescenti problemi deflagrati per l’appunto nel cuore della civilissima e progredita Europa. Su tutti la voce della cara saggia Sigrid che da luglio fino a pochi giorni fa è stata una presenza cortese e oserei dire quasi oracolare in mezzo al pandemonio.
A Berlino mi è capitato di sentire parlare della Baviera come una sorta di enclave razzista, molto chiusa e poco ospitale. Monaco ha invece mostrato un volto estremamente solidale, per certi versi perfino più pacato al confronto di tante nevrosi berlinesi. Nei giorni in cui sono arrivati in quarantamila e lo «Spiegel» riprendeva un’agenzia al minuto, quando non si capiva davvero più nulla – sospensione degli accordi di Schengen, come di fatto è avvenuto, blocco del traffico ferroviario – la città ha risposto con compostezza, direi addirittura serenità, mettendo in campo una catena di volontariato incredibile, che ha permesso di reggere una situazione difficile e assai confusa. Mentre la signora Merkel era impegnata in selfie stucchevoli quanto a mio avviso offensivi per i profughi strumentalizzati dall’agone politico – e i rimproveri che ha ricevuto sono stati credo fin troppo blandi – una città intera diventava crocevia di migliaia di persone in fuga, lasciata praticamente da sola a far fronte all’emergenza.
Ne ho ricavato una profonda lezione di vita. Se è vero che i gesti sono quello che contano e ciò che resta di un essere umano, posso dire che in quei giorni i tedeschi, almeno per tutto quanto mi ha coinvolta in prima persona, sono stati perfetti. Dal personale delle ferrovie agli affittacamere, alla gente che si è messa in strada per portare anche solo un bicchiere di tè caldo o indicazioni utili a quanti sono scesi alla Hauptbahnhof in mezzo al caos. Parlando ancora di gesti: due volte, a causa dell’aggravarsi di questa crisi, sono stata costretta a modificare le date di soggiorno, cambiando per conseguenza anche i miei biglietti. Avrei dovuto pagare una differenza in denaro che nessuno si è sognato di chiedermi. Anzi, su tutti i volti che mi sono trovata di fronte era stampata la mortificazione per non poter accogliere al meglio chi era arrivato in città in quei giorni. Anche questo è un modo silenzioso di venire incontro alle persone, senza abdicare al senso di ospitalità. 
Tornando invece dalle mie parti, vorrei ricordare la bella cerimonia di venerdì scorso che si è tenuta a Firenze, presso Palazzo Panciatichi, organizzata da Rodolfo Ridolfi, direttore di «Marradifreenews», alla presenza della direttrice del Centro studi campaniani di Marradi, la professoressa Mirna Gentilini, e del presidente del Consiglio della regione Toscana, Eugenio Giani. Nell’ambito delle celebrazioni campaniane per il centenario della stesura dei Canti Orfici, evento festeggiato nel 2014 che ha prodotto numerose iniziative anche quest’anno, si è svolta la premiazione del concorso intitolato a Dino Campana, “La poesia ci salverà”. Ringrazio la commissione per il prezioso riconoscimento che mi ha conferito. Il premio è stato inoltre l’occasione per parlare diffusamente dell’identità culturale e storica dell’area tosco-romagnola, con le sue preziose comunità appenniniche da Firenze a Faenza, quest’ultimo altro luogo caro alle mie più recenti peregrinazioni.

(Di Claudia Ciardi)



Gli splendori di Palazzo Panciatichi - Firenze

Segnalazioni:


Premio cultura della presidenza del Consiglio dei Ministri, nell'ambito delle celebrazioni campaniane che si sono svolte nel 2014 e tuttora in corso. Il Centro studi campaniani di Marradi  pubblica i risultati del premio "La poesia ci salverà". La cerimonia si è svolta venerdì 18 settembre a Palazzo Panciatichi a Firenze alla presenza del Presidente del Consiglio Regionale della Toscana Eugenio Giani.

Sul blog di Giuda edizioni pubblicato il mio articolo che commenta la graphic novel su Dino Campana firmata da Simone Lucciola e Rocco Lombardi nel 2011.





La recensione dedicata da «Mangialibri», a cura di Alessandra Farinola, al racconto inedito Una notte di Lou Andreas Salomé, pubblicato per la prima volta in italiano da Via del Vento edizioni.




Via del Vento pubblica Una notte, il racconto della donna che ammaliò Nietzsche a cura di Giulia Siena per «Chronicalibri». 





La recensione del racconto inedito Una notte, pubblicato da Via del Vento edizioni, su «Librobreve» a cura di Alberto Cellotto.







Ringraziamenti a Hajo Jahn, direttore della Else Lasker-Schüler Gesellschaft di Wuppertal per la segnalzione del volume di inediti pubblicato da Via del Vento edizioni nel suo bollettino informativo «Ausgabe 99» (II Quartal 2015). Grazie anche a Katharina Majer per aver sollecitato questa collaborazione presso il Centro Studi a Wuppertal.    

Auf Italienisch...
... liegt jetzt die Übersetzung des Else Lasker-Schüler-Prosatextes
"Konzert" vor. "CONCERTO e altre prose sull'infanzia"
wurde übertragen von Claudia Ciardi und Katharina Majer. Die
kleine Broschüre ist in der Edition Via del Vento, Pistoia, im
Jahr 2014 erschienen, kostet € 4,00 und ist zu bestellen über die
Mailadresse info@viadelvento.il, ISBN 978-886226-079-4, aber
auch bei der ELS-Gesellschaft. 

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