L’album di Manuele Fior,
pubblicato da Fandango nella collana “Maschera nera” diretta da Igort, è un
lavoro ad alto voltaggio poetico. Concisione e velocità del segno, pur non
sorvolando sui dettagli, incastonano i racconti in pochi tratti essenziali e donano
al narrare una leggerezza ritmica alla quale fa da contrappeso l’affilata marcatura dei caratteri. Lo studio
psicologico s’impone per la sua incisività, senza filtri né cornici. È un
tutto intonato, giocato sul filo delle stonature che la quotidianità con le sue frizioni-allucinazioni getta addosso ai protagonisti, mettendoli
impietosamente a nudo. Il che non è solo
una condizione interiore ma qui, è il caso di dire, incarna la sua essenza
tangibile. Il corpo invecchiato della
professoressa in gita scolastica con qualche frustrazione di troppo, il soldato
in trincea che schiacciato dagli incubi arriva a evirarsi, un Arnold Böcklin in
crisi creativa che tenta di riprendersi con i bagni termali a Ischia,
esperienza che precede di poco il suo capolavoro, L’isola dei morti.
Tutti qui sono gente comune. La
professione, la divisa, la fama sono categorie assorbite dall’esigenza più
profonda di scavare nella realtà solchi credibili con cui rimodulare il proprio
sé in rapporto agli eventi. Questi volti ci scorrono sotto gli occhi in bilico
tra alienazione e riscatto, polarità che Fior non risolve completamente,
consegnando il dilemma al lettore. E proprio questa irresolutezza, che altro
non è se non la sostanza di quel che si riverbera sulla contemporaneità,
potenzia di molto il messaggio dell’autore. La nostra posizione all’interno
delle dinamiche in atto non può essere certo decifrata ricorrendo a preconcetti
ormai pavidi, perché sarebbe appiattire la complessità delle cose. Una
complessità che non si presta alle forzature ma va accompagnata.
Scopro, dunque, in quest’opera
una certa dimestichezza con le tesi di Marc Augé legate ai dissidi tra luogo e
nonluogo, cui guardano anche i recenti rivolgimenti politici che vedono la
distribuzione degli elettorati esattamente lungo queste linee di faglia. «L’estensione
dei nonluoghi […] ha già battuto in velocità la riflessione dei politici, i
quali hanno finito con il non chiedersi più dove vanno, perché sanno sempre
meno dove si trovano», così l’antropologo francese conclude il suo celebre
saggio Non-lieux (1992). E le pressioni
globali erano solo agli albori. Il nonluogo, contraddistinto da velocità,
anonimia, ossessione spersonalizzante sarebbe la sintesi del contemporaneo,
schiacciato in un contraddittorio con il luogo, lo spazio riconoscibile ma sotto
assedio dell’identità. Se Augé auspica un’osmosi di tali aspetti, in grado di
innestare nel nonluogo tracce di un’umanità non solo passeggera e omologata, è
chiaro che attorno a simili processi, fin quando non abbiano definito le loro
zone d’influenza, si accumulino innumerevoli tensioni.
Due centri che stanno anche
dentro di noi, orientando reazioni e, assai spesso, determinando fratture. Campi
radiali destinati a un confronto serrato da cui sviluppare dialettiche nuove. Sono
appunto le atmosfere dove la matita di Fior si muove disinvoltamente. Originario
di Cesena dove nasce nel ’75, una laurea in architettura all’università di
Venezia, residenze d’artista a Berlino, Oslo, Parigi, città che anche negli
episodi qui raccolti mostrano la loro fronte conflittuale, quando non soccombono
alla violenza delle lacerazioni. È il caso di Parigi scossa dagli attentati nel
novembre 2015, di cui l’autore fotografa lo straniamento rabbioso e impotente
dei giorni successivi alla strage. Uno scatto lucido, che si tiene lontano da
ogni moralismo, sottolineando invece le divisioni etniche e sociali all’interno
dell’organismo metropoli. Discorso approfondito in chiave allegorica nell’ultima
narrazione, Gare de l’est. Un adulto
e un bambino si tengono per mano mentre davanti a loro, in mezzo alle case, si
consuma uno scontro feroce da cui escono miracolosamente indenni. Quasi una
sessione d’analisi che tenta di elaborare il trauma.
L’interesse per la letteratura
tedesca, testimoniato dal suo adattamento a fumetti della novella di Arthur
Schnitzler, La signorina Else, i
riferimenti storici e antropologici, contaminano anche il suo sguardo sull’attualità,
con l’attenzione riservata all’universo degli immigrati, le paranoie che ci
tallonano, i rituali da cui non sappiamo affrancarci. Tutto ciò fa di Manuele
Fior un autore versatile e completo, che dai temi di volta in volta prescelti sa
distillare poesia con la disarmante schiettezza di uno dei suoi personaggi di
strada.
(Di Claudia Ciardi)
Manuele Fior, I giorni della merla,
Coconino Press - Fandango, 2016
Arnold Böcklin, L’isola dei morti (Die Toteninsel), 1880-1886
Related links:
Dino Campana - Simone Lucciola, Rocco Lombardi, Giuda edizioni, 2011 (2015)
Quaderni ucraini - Igort, Coconino Press, 2010 (2014)
Golem Stories - Sammy Harkham, Coconino Press, 2013
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