24 giugno 2018

Ferdinand Hodler - La montagna mistica



«Un paesaggio che conosciamo ci tocca più profondamente; lo capiamo meglio perché ci è familiare. Bisogna averci vissuto per comprenderlo, esattamente come si deve aver sofferto per poter rappresentare la sofferenza. Bisogna aver visto i cieli». Così Ferdinand Hodler, pittore svizzero attivo tra la metà dell’Ottocento e la rumorosa stagione delle avanguardie d’inizio Novecento, di cui quest’anno ricorre il centenario dalla morte.
Sguardo incline alla rarefazione e a un simbolismo metafisico spinto fino all’astratto, Hodler è una presenza sommessa nel panorama dell’arte, esattamente come la levigatezza poetica del suo segno. Dopo i precoci viaggi di formazione al Prado di Madrid, a Monaco di Baviera e in Italia, nel corso dei quali ebbe modo di osservare dal vivo i grandi capolavori medievali e del rinascimento, fu oggetto di importanti attestazioni nel variegato brulicare parigino, dove raccolse tra gli altri la stima di Gustave Moreau. Aderì ai Rosacroce, quindi entrò nelle Secessioni di Berlino e di Vienna, conoscendo Gustav Klimt nel 1904. Durante i primi anni del nuovo secolo continuò a ricevere committenze importanti, dedicandosi a soggetti storici, entrati nell’epica nazionale, come la battaglia di Morat per la Sala delle Armi del Museo nazionale di Zurigo.
A questa attività alternò sempre la sua pittura intimista, percorsa da vibrazioni spirituali. Autore di un paesaggismo introspettivo, che nel tempo tende sempre più a svincolarsi dalle residue impostazioni impressioniste per affinare l’intuizione turneriana delle campiture di colore, quali entità creatrici e ricreatrici dell’immagine di natura, fino a sfiorarne la sostanza visionaria, nell’ultimo quinquennio di vita Hodler esercitò la propria sensibilità in tale direzione, sintetizzando la sua tavolozza e approdando a un minimalismo panteista emozionale che sfugge ai canoni dell’epoca. Questo Hokusai elvetico, rapito dalle rive del lago Lemano e dal profilo del Monte Bianco, ha cercato di catturare le sue montagne con la medesima devozione, quasi sacra, che si riserva al ritratto. La ricerca di una escatologia figurativa entro le forme dei panorami verso cui orienta le sue tele si delinea in modo più evidente man mano che la sua esistenza si avvia alla fine. Una vicenda che incrocia la breve e intesa storia d’amore avuta con Valentine Godé-Darel, modella di vent’anni più giovane di lui, incontrata nel 1908, che gli diede la figlia Paulette. Subito dopo aver partorito Valentine cadde malata, morendo all’inizio del 1915. La gioia di un amore ritrovato, dopo il fallimento delle precedenti relazioni, e l’incombere sconvolgente della morte accentuano in Hodler il bisogno di uno scavo al fondo della realtà che lo assedia, nel tentativo di estrarne la radice di una trascendenza in quel momento percepita ancor più vicina. 



F. Hodler con la figlia Paulette nel 1918
    

Poche le rassegne a lui dedicate e altrettanto sporadiche le pubblicazioni. La sua opera trova spazio accanto a Tobia Bezzola, Paul Lang, Paul Müller, nel catalogo “Landscapes” del Kunsthaus di Zurigo (2004), e da ricordare è la recente mostra che gli ha reso omaggio proprio come pittore di montagna presso la Fondazione Beyler di Basilea (2013). In quest’occasione una sala è stata allestita con alcuni dei numerosi ritratti del ricovero di Valentine, rara apparizione pubblica di una serie altrimenti ignota. Ferdinand Hodler è una figura che merita d’essere approfondita, non foss’altro perché tanti sono gli scenari artistici da lui attraversati, dai quali pure è stato riconosciuto e cui ha dato di volta in volta il suo personalissimo apporto, mantenendo però nel proprio percorso una distanza da tutto e gettando sulle avanguardie un ponte di originale atemporalità, che lo colloca in una posizione piuttosto inedita nella storia dell’arte occidentale.               

(Di Claudia Ciardi)


* Il dipinto all’inizio dell’articolo è La Jungfrau sopra la nebbia del 1908.



 La Jungfrau al chiaro di luna (1908)



Thunersee



Thunersee (1905)



Dents du Midi da Chesières (1912)



Il Grand Muveran (1912)



Montagne blu



Paesaggio a Chateau d'Oex



Valle del Rodano con Dents du Midi (1912)



Lago Lemano e catena del Monte Bianco



Genfersee (Lago Lemano) e Monte Bianco (1918)




Genfersee (Lago Lemano) e Monte Bianco all'alba (1918)



Caspar David Friedrich - Paesaggio montano in Slesia


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