In
chiusura il 17 giugno la mostra Luci del Nord, allestita a Forte di Bard
(Aosta), con la collaborazione di Alain Tapié, responsabile dell’Association
Peindre en Normandie, il Museo Belvedere di Vienna, il Musée Marmottan Monet di
Parigi e il Musée Eugène Boudin di Honfleur. L’esposizione, meritoria per i
grandi nomi che ospita, da Delacroix a Monet e Renoir, da Géricault a Courbet e
Corot, è uno stupefacente microcosmo su cui galleggiano i numerosi artefici di
un paesaggismo effuso, impressionista ed espressionista insieme, vibrante,
sperimentale, emotivo. Terra d’elezione attorno a cui ruota questo variegato
immaginario pittorico, la Normandia. I suoi litorali dai toni metallici, gli
spazi fluttuanti e sfuggenti in cui si distendono cielo e mare, i luoghi di
ritrovo di una ritualità quotidiana effimera ma al contempo quasi sacra, ne
fanno un banco di prova longevo quanto centrale nella produzione artistica che
attraversa tutto l’Ottocento. Del resto la natura, pur ampiamente antropizzata
nella prima metà del secolo, s’impone ancora come soggetto privilegiato che
vale la pena scandagliare, in grado di concedere rivelazioni profonde, se non
addirittura spiazzanti.
Tutto
si raccoglie in un sommesso intimismo che guarda alle strade, ai ponti, ai
sentieri, alle fontane, ai boschetti, ai fragili profili delle barche a vela.
Un mondo fatto di gite sul fiume, chiacchiere in un capanno di pescatori,
giochi sulla spiaggia, scogliere deserte, passeggiate domenicali in campagna.
Non c’è traccia del fragore della storia, nessuna celebrazione mitica o enfasi
in ciò che si narra. Queste scene divengono paradigmatiche proprio in virtù del
loro passo silenzioso, dell’indole poetica e perciò universale che racchiudono,
della loro apparente ripetitività che nulla ha di eroico tranne appunto
l’eroismo del vivere. Se è vero che i colori sono idee primordiali, bambini di
luce, la vera rivoluzione qui si appresta proprio attorno alla tavolozza che
attinge alla realtà e allo stesso tempo giunge rapidamente alla metamorfosi, corteggiando attese oniriche, quasi inclini a fascinazioni surrealiste.
Con
la fine delle ostilità tra Francia e Inghilterra e la pace di Amiens nel 1802,
la Normandia diviene punto d’arrivo e partenza per viaggi pittoreschi.
Impossibile eluderla per gli artisti d’Oltre Manica e per quelli che
convergevano lì da Parigi: una landa che sembrava creata per spingere il
paesaggismo ben al di là degli orizzonti vedutisti e per nutrire le passioni
dell’illustratore di folklore e monumenti. Frontiera condivisa dagli acquarellisti inglesi e i primi impressionisti francesi, gli elementi di raccordo fra questi due mondi possono dirsi l’Architectural Antiquities of Normandy, pubblicato a Londra nel 1822 e
i Voyages pittoresques et romantiques dans l’ancienne France del barone Taylor,
iniziati nel 1820, cui contribuiranno per la Normandia, Boys, Isabey e
Bonington, quest’ultimo esercitando un’influenza considerevole su Huet e Corot,
pittore della trasparenza e dei valori definiti ‘di movimento’.
Una
raffinata esplorazione, dunque, che vale la pena compiere in un polo museale
d’eccellenza, quale Forte di Bard va sempre più configurandosi, grazie a
un’offerta di qualità ben collocata in un panorama internazionale.
(Di
Claudia Ciardi)
Catalogo:
Luci del Nord. Impressionismo in Normandia (3 febbraio - 17 giugno 2018).
Forte di Bard editore. Collana Grandi Mostre.
*All’inizio dell’articolo è stata riprodotta l’opera di Maurice Louvrier, Il pilone bianco - effetto di nebbia (1940 circa).
Ludovic Lepic - Marina - 1875 circa
Claude Monet - Etretat - 1864 circa
Claude Monet - Etretat - 1885 circa
Robert-Antoine Pinchon - La Senna presso Rouen al crepuscolo, 1905
* Fotografie di Claudia Ciardi ©
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