Un discorso sulla definizione sensoriale, antropologica e filosofica del
tatto nella cultura umana. Questo breve saggio di Marc Augé, impegnato negli
ultimi trent’anni a esplorare dinamiche e derive della globalizzazione in
rapporto alle relazioni fra individui, riflette su alcuni dei temi che più
hanno orientato la sua attività di studioso. La fisicità
respingente dei nonluoghi, dove nulla o quasi viene trattenuto o trasmesso
delle vite di coloro che quotidianamente li attraversano, il paradosso della
frequentazione di massa di spazi condivisi senza acquisirne alcuna esperienza
collettiva, l’uso di tecnologie che se da una parte facilitano la
comunicazione, rendendola praticamente istantanea, dall’altra rischiano di
inibire il confronto con la realtà. Su tali argomenti Augé si è esercitato a
lungo, firmando contributi che hanno innovato in modo sostanziale il dibattito
all’interno delle discipline sociali. Se l’essere umano ricava la misura della
propria esistenza dal relazionarsi con l’altro, dandosi contemporaneamente come
un insieme di “singolare-plurale”, nel momento in cui il contesto dov’è
inserito lo obbliga a un’esperienza frettolosa e straniante dei suoi simili,
un’esperienza che nega ogni passaggio dialettico al comporsi di una pluralità
come fondamento necessario al senso sociale, è chiaro che ad entrare in crisi
sia pure il suo autodeterminarsi come singolo attore e partecipe di quella
stessa società. L’uomo, in quanto entità duale, avvertendo in sé questa
scissione si ritrova in bilico su una frattura alienante e, senza vie d’uscita
apparenti, è consegnato alla solitudine.
Il
ragionamento sul toccare l’altro, dunque, s’inserisce nella constatazione che i
rapporti tra le persone si stanno indirizzando all’estraneità piuttosto che
alla ricerca di indispensabili punti di contatto. Un atto, il toccare, che
attiene a due sfere. Quella intellettuale, ossia l’aspirazione che ha ogni
artista di muovere attraverso l’opera chi vi posa lo sguardo o legge o ascolta.
E quella strettamente fisica, quando attraverso un gesto s’intende comunicare
col corpo di qualcuno. Gesto che nel tempo è stato investito di qualità sacrali
e perfino magiche; pensiamo all’imposizione delle mani dei re taumaturghi
oggetto del celebre studio di Marc Bloch. È questo infatti un ambito che dal
corpo rimanda all’emotività e viceversa. Toccare qualcuno implica varcare una
frontiera che sta tra noi e la personalità di chi abbiamo davanti. Augé parla anche di una sorta di possessione mistica inversa, rifacendosi alle
vite dei santi. Se tali racconti sono tutti incentrati sulla sublimazione
fisica – che cos’è l’estasi se non un’altissima manifestazione d’amore, un
sentire, anche nelle sue pose erotiche, dove il contatto è solo, seppur
vividamente, evocato? Se quindi l’ascesi spirituale si percepisce in
un’elevazione continua del corpo che tende al divino, pure la carnalità non è
affatto occultata. Quando San Tommaso affonda il dito nella piaga del Cristo – Augé si
riferisce qui alla famosa tela di Caravaggio – lo fa perché ha bisogno di trovare conferma
all’esperienza della fede e del trapasso nell’unico modo possibile: toccarne le ferite. E a tale proposito pensiamo ancora alle crude
immagini del martirio dei santi, alla centralità che la tortura dei corpi riveste nelle narrazioni
agiografiche, dove la superiorità spirituale prende forza dal resistere al
dolore.
La
funzione tattile è anche depositaria di una peculiare capacità di memoria,
forse tra le più sviluppate nei sensi umani. Ad esempio curare un corpo, da una
semplice fasciatura a un’operazione chirurgica, alleviarne le sofferenze,
implica una memorizzazione durevole di quei gesti, tanto che saremmo in grado di
ripeterli anche a distanza di anni. Ma non solo. Ci fa ricordare
dettagliatamente dei modi e delle situazioni in cui siamo entrati in contatto
con l’altro, che in una cosa essenziale com’è il prestargli delle cure si
colloca fra le più elevate esperienze di empatia e scambio. Il tatto educa
all’altro, fa uscire quella parte di umanità generica che è in noi, mettendola
a disposizione del collettivo. Rompe l’isolamento, crea conoscenza. E sì, è
vero, come dice Augé l’educazione salverà il mondo e, aggiungo io, anche la
condivisione.
(Di
Claudia Ciardi)
Edizione consultata:
Marc Augé, Saper toccare, a cura di Francesca Nodaro,
Marc Augé, Saper toccare, a cura di Francesca Nodaro,
Mimesis, Collana Chicchidoro, 2017
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