Vengo
da due mesi di dibattito serrato e da un lavoro intenso, che mi ha
accompagnata negli ultimi quattro anni, condotto su un pezzetto del nostro
patrimonio, sulle sue prospettive di conservazione, sulle esaltanti scoperte
nei documenti d’archivio che hanno aperto ulteriori vie di ricerca.
Vengo dall’abbraccio di un territorio che non è quello delle mie origini ma di
cui nel tempo ho amato tutto, perché la gente che ho incontrato mi ha
trasmesso con cura, devozione, professionalità le proprie radici, condividendole. Il
confronto, la costanza dello studio, le belle intelligenze si sono unite nella
tutela, nella ferma intenzione di rendersi utili, di fare qualcosa per il paesaggio, la cultura, le persone. Questa entusiasmante avventura umana, delle arti e della mente, si è trovata a
navigare in gran tempesta non solo per l’emergenza determinata dalla
pandemia, il cui protrarsi è però a mio avviso ormai anche il frutto di una
gestione inefficace che invece ci si ostina a divulgare come la migliore possibile.
Ma anche per un’atmosfera politica e culturale – diciamo di politica culturale –
che non giova affatto, anzi contribuisce all’ingessatura e all’accrescimento
dei problemi. Ciò si riverbera peraltro in moltissime difficoltà pure in altri
settori lavorativi che ruotano intorno alla cultura, e in generale negli
impatti che si stanno osservando ovunque. La tensione del dibattito pubblico ne
è un sintomo preoccupante. Anche nel privato di ognuno di noi accade la
stessa identica cosa: nervosismo, confusione, disorientamento, mancanza
di motivazioni, problemi a pianificare anche piccoli impegni a breve termine, spesso
per l’assenza di prospettive. E tuttavia s’interviene di continuo in direzione contraria al mediare. Disagio,
restrizioni, assenza di apertura mentale anche solo nel contemplare alternative, appunto meno restrittive, che ci permetterebbero di stare un po’
più tranquilli nell’immediato e di guardare più avanti con un minimo di
sollevazione, sono acuiti da una strana marcia a senso unico, una mono-strategia
che non ammette integrazioni. E siccome tutto è collegato, anche le nostre
sorti culturali seguono quest’ordine, anzi questo arido disordine. La
polemica fiorentina sul logo di American Express proiettato sulle architetture
monumentali simbolo della città ne è un’altra misera espressione. Nel momento in cui più di
qualcuno ha detto che il filmato era uno schifo, giustamente, ecco la contro polemica
e la lezioncina sul fatto che i soldi servono, dunque bisogna solo ringraziare.
Così dal giorno alla notte chi nel panorama culturale cittadino era considerato
un visionario si è sentito dare del provinciale, chi ha preso le distanze è
passato per antiquato. Benvenuti nei toni esasperati che accompagnano ormai
qualsiasi avvenimento. E viva le etichette, complottista, terrapiattista,
provinciale, conservatore, retrogrado... Al corso di economia a Firenze una delle cose
migliori che ho ascoltato riguarda proprio la capacità di conservare: se non si
sa cos’altro fare, meglio conservare. E guardate che proprio nel
conservatorismo, specialmente adesso, anche nel pensiero, un atteggiamento di
tutela, di cura, di protezione, un atteggiamento materno che mitighi e aiuti il
patrimonio (che è pater!), che soccorra il nostro patrimonio umano, che ci
tenga saldi nella disgregazione dei valori, può rivelarsi di gran lunga più
moderno e lungimirante di molti presunti avanguardisti del nulla (lo sosteneva con finezza anche il compianto Roberto Calasso). Per
quel che vale la mia opinione, il logo replicato stile timbrino postale sulla
facciata degli Innocenti era inguardabile. Sia detto pure per gli addetti al
marketing dell’American Express. Si poteva confezionare qualcosa di meglio, di
molto più armonico, concordandolo con i responsabili dei complessi culturali interessati, senza offendere né ledere la sensibilità che si raccoglie intorno a
questi luoghi che, ricordiamolo, ne è una parte tangibile, al pari della loro “immagine
incarnata” (cito da un bel libro dell’architetto Juhani Pallasmaa). E poi, davvero un’amministrazione non vigila su queste cose, dunque non sa dei
contenuti di una proiezione che coinvolge proprio i suoi monumenti?
Se
su google si digita “svendita del patrimonio”, puntualmente il motore di ricerca
corregge suggerendo “vendita del patrimonio”. E sia, va bene, proviamo ad
affidarci alla diplomazia informatica. Ultimamente parlando con alcuni amici, sempre
in scia alle nostre ricerche, ci siamo aggiornati sulla situazione di vendite,
alienazioni (qui mi verrebbe da fare una battuta…), chiusure ingiustificate di
complessi che potrebbero svolgere un’attività culturale di grande importanza
per i territori. Di seguito una noticina minima, recentissima, uno spaccato di cosa sta accadendo mentre
siamo tutti fagocitati dalla paura del morbo:
Vendita della Galleria Subalpina di Torino (uno dei luoghi più simbolici della città dopo la Mole)
Vendita di svariati immobili della Milano storica (valore di mercato oltre 1 miliardo di euro o di dollari, il gruppo di testa per l’acquisizione è il medesimo che ha comprato la Subalpina)
Vendita dell’Hotel Danieli di Venezia, il più antico in laguna
Terme di Montecatini (qui si può comprare tutto il complesso termale in blocco)
Innumerevoli
castelli in vendita in ogni regione italiana. Anche luoghi che fanno parte di una rete
di beni pubblici e percorsi storici che dovrebbero dunque rimanere di pubblica
fruizione. Se non in vendita sono dati in gestione e tenuti puntualmente
chiusi. Ripeto, luoghi strategici all’interno di itinerari culturali
riconosciuti e di grande attrattiva.
Due
casi su tutti: il Roccolo (Beni Faro) in Piemonte e Sammezzano in Toscana.
Ecco cosa si legge ad esempio raggiungendo il sito del Castello di Sammezzano (aggiornamento del novembre 2021): «Ieri sono stati resi pubblici i progetti che verranno realizzati con i contributi economici dovuti dal FAI ai luoghi più votati presso la decima edizione de “I Luoghi del Cuore”, censimento nazionale promosso proprio dal FAI in collaborazione con Intesa Sanpaolo. Da quanto si è potuto leggere, al Castello di Sammezzano sarebbero teoricamente spettati 45.000 € in quanto si è classificato 2°. Somma che si sarebbe potuta eventualmente aggiungere agli altri 55.000 € che ha vinto dopo essersi classificato 1° nell’8° edizione del medesimo censimento, svoltasi nel 2016. Ma Sammezzano non godrà di nessuno di questi due contributi, in quanto è lo stesso FAI a spiegare che: “Resta invece congelato il contributo di 45.000 euro per il Castello di Sammezzano a Reggello (FI), al 2° posto della classifica nazionale con 62.690 voti, la cui attuale situazione proprietaria – a fine 2019 è tornato proprietà della Sammezzano Castle Srl, uscita da una procedura di fallimento, società di cui non sono noti programmi di lungo termine e in particolare l’intenzione di mantenere una fruizione pubblica, anche parziale, dell’edificio – non consente l’erogazione di finanziamenti de “I Luoghi del Cuore”».
E sul Roccolo: Da novembre 2021 ad aprile 2022 il Castello è chiuso. Si può visitare solo su prenotazione per gruppi e scuole (minimo 15 partecipanti). Giornate di apertura 2021: ... Domenica 5 settembre 2021 ecc…
Villa Aurora a Roma. L’annuncio per la vendita della dimora che ospita l’unico affresco al mondo di Caravaggio (c’è anche Guercino tanto per non farsi mancare nulla) è comparso in questi giorni sul sito idealista.it, il prezzo fissato per la base d’asta è 471 milioni di euro. Indoviniamo un po’ chi dispone oggi di simili capitali per aggiudicarselo? Auguri!
Nelle
quotidiane conversazioni con colleghi che operano nel settore culturale sono
decine i casi che mi vengono segnalati. Mi viene in mente la locuzione
sallustiana “omnia venalia”. Tutto è in vendita, e purtroppo va così perché le
nostre sensibilità sono in vendita e inadeguate a fronteggiare quanto sta accadendo. Che
paese è un paese che non si regge sulle proprie gambe, che non ha più idee né
entusiasmo? Che cultura è quella che non dissente su nulla e si mostra
allineata col proprio scempio? E così, avremmo ancora il coraggio di dire che
amiamo gli artisti? Per
quanto riguarda il mio futuro lavorativo spero prima di tutto di essere
accompagnata da persone che mostrino un po’ di lucidità. Se questa è l’impostazione
da horror vacui liberista, ne prendo ben volentieri le distanze. Sarebbe
impossibile creare a fianco di mentalità che stanno svuotando ogni cosa e anche
se stesse. Per giunta, in non poche circostanze, senza neppure accorgersene. Il
che è ancora più miserevole. Sono
sicura che la volontà di immaginare e costruire tempi migliori, in un quadro
politico molto diverso e lontano dall’infinita palude che da anni ci condanna a
disoccupazione, inflazione, svendita, non manchi. Ma le cose non vengono da
sole, bisogna appunto volerle.
(Di
Claudia Ciardi)
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